Il programma per favorire l’occupabilità dei giovani per ora non ha visto il coinvolgimento dei diretti interessati. Ma porre al centro i giovani potrebbe costituire la natura realmente innovativa della politica pubblica
Può sembrare ancora prematuro tirare le somme sull’attuazione della Garanzia Giovani a livello nazionale e regionale in Italia. È però fin da ora possibile ricostruire la natura dei processi di formulazione di questa politica che sulla carta ha lo scopo di contrastare gli alti tassi di disoccupazione giovanile e coinvolgere nel mercato del lavoro persone svantaggiate fin qui escluse, anche a causa della crisi economica. Lo facciamo facendo riferimento alle valutazioni raccolte attraverso interviste con decisori politici (ministero del Lavoro), sindacalisti (Cgil, Cisl e Uil), associazioni di categoria (Confindustria) e servizi di supporto all’impiego (Italia Lavoro).
Obiettivi e critiche sull’efficacia di Garanzia Giovani a livello nazionale
Garanzia Giovani (2014-2020) ha lo scopo di avviare un piano di lungo periodo per affrontare la disoccupazione giovanile con lo scopo di favorire contratti a tempo indeterminato, l’auto-imprenditorialità e contrastare l’esclusione sociale nelle regioni del Sud Italia. Un sostegno consistente per coloro che non lavorano e non studiano (Neet) è previsto, soprattutto attraverso percorsi di formazione professionale.
Lo scopo è equilibrare i processi di accertamento delle competenze a livello nazionale, favorendo l’auto-impiego. Inoltre, con Garanzia Giovani dovrebbe essere consolidata una riforma dei servizi di supporto all’impiego (come i centri per l’impiego), rafforzando le capacità di attori pubblici e privati nel coordinare reti educative (sostegno individuale e orientamento al lavoro, incentivi, migliori servizi per start-up) e favorire la mobilità inter-europea.
Nella fase di attuazione iniziale, Garanzia Giovani ha ottenuto un finanziamento di 6 miliardi di euro a livello nazionale. I primi 794 milioni di euro (294 per le regioni del Nord e 500 per quelle del Sud) sono stati allocati a livello nazionale. La politica prevede anche finanziamenti diretti a imprese e individui. Lo scopo di breve periodo è garantire l’impiego ai più giovani (fino a 24 anni) e migliorare le loro possibilità educative e lavorative nei quattro mesi tra la fine degli studi e l’inizio della potenziale disoccupazione. Secondo il ministero del Lavoro, Garanzia Giovani ha il vantaggio di essere un provvedimento universalistico e di «mettere sotto stress» i servizi pubblici per velocizzare la transizione tra scuola e lavoro o tra due lavori.
Le risorse fin qui stanziate sono state distribuite tra le regioni con più alti livelli di disoccupazione. I servizi di supporto all’impiego hanno specificato che l’ammontare inizialmente disponibile è stato di 1,7 miliardi di euro. Per arrivare ai 6 miliardi stabiliti, ai fondi europei (FSE), si aggiungeranno risorse a livello nazionale e regionale. Secondo la Cgil, le risorse sin qui rese disponibili sono inadeguate – soprattutto a livello locale.
Secondo i responsabili nazionali dei servizi di sostegno all’impiego (Italia Lavoro), dei 6 miliardi previsti, due sono stati inizialmente stanziati per finanziare la formazione professionale all’interno del programma. Il ministero del Lavoro e Italia Lavoro hanno puntato in particolare su tre politiche: lavori opzionali e occasionali (Loa); apprendistato e artigianato (Anva); Lavoro e sviluppo. Lo scopo sarebbe di restringere il gap tra lavoratori e imprenditori creando nuove opportunità in aree svantaggiate.
L’attuazione di Garanzia Giovani e la partecipazione degli attori nel processo di definizione della policy
Il ministero del Lavoro ha provveduto alla definizione di un Piano nazionale Linee di attuazione del programma Garanzia Giovani che viene gestito, una volta avvenuta la registrazione dei giovani, dai centri per l’impiego o dalle agenzie per il lavoro accreditate.
Il piano definisce i servizi minimi che vengono poi erogati a livello di centro per l’impiego e/o agenzia accreditata e coordina un sistema di monitoraggio. A livello regionale sono coinvolte le agenzie regionali, le municipalità, le scuole, le università, i servizi di sostegno all’impiego pubblici e privati, scuole professionali qualificate e consulenti privati, e le amministrazioni regionali sono responsabili dell’erogazione delle politiche attive. Ciò pone problemi di governance multilivello e di un possibile coinvolgimento diseguale di soggetti pubblici e privati. Come era prevedibile, soprattutto la Cgil ha sottolineato i rischi del coinvolgimento nell’attuazione di Garanzia Giovani di servizi privati all’impiego. Altrettanto prevedibile, Confindustria ha considerato positiva la possibilità prevista da Garanzia Giovani di una collaborazione rafforzata tra servizi all’impiego pubblici e privati. Rimane la difficoltà di gestire una politica multilivello integrata che per funzionare deve poggiare su un efficace coordinamento tra centro e periferia.
Le linee guida di Garanzia Giovani prevedono poi il coinvolgimento di rappresentanti dei giovani, sindacati e associazioni di categoria nella fase di definizione della policy. Il ministero del Lavoro ha confermato di aver ascoltato questi rappresentati nei tavoli di negoziazione iniziale. Aggiungendo però che i rappresentanti del target della Garanzia Giovani non hanno dato un «contributo rilevante» al processo di definizione della policy. D’altra parte, tutti i rappresentati sindacali da noi intervistati hanno sottolineato un basso coinvolgimento dei giovani svantaggiati nel processo di formazione di questa politica e più in generale nel contribuire alla definizione dei mezzi per contrastare povertà e disuguaglianza. Certo, il coinvolgimento dei giovani non è cosa semplice, ma di sicuro si potevano ipotizzare percorsi più inclusivi per rendere i giovani protagonisti di una politica potenzialmente innovativa.
Per ora, i giovani non hanno possibilità efficaci di partecipare e far contare le loro opinioni nei processi di formazione delle politiche. Di conseguenza, spesso altre persone definiscono i loro bisogni, agendo come loro sostituti, e decidendo il modo migliore per soddisfarli. I gruppi di rappresentanza giovanile sono sembrati frammentati e inefficaci. Spesso i rappresentanti dei principali sindacati nazionali hanno agito come loro sostituti. Tuttavia, anche una mancanza generale di coinvolgimento all’interno dei sindacati dei giovani svantaggiati è stata rilevata. E porre al centro i giovani, le loro aspettative e – perché no – il loro vissuto, potrebbe costituire la natura realmente innovativa della politica pubblica.