Nella insostenibilità della costruzione europea ci sono dinamiche e contraddizioni in cui inserirsi per porre il problema della modifica dei trattati e del fiscal compact
A pochissimi giorni dalle elezioni politiche anticipate in Grecia, quello che succede in quel paese è paradigmatico del futuro dell’Europa (e delle sue contraddizioni a partire dall’ospitalità ai migranti) e rimane tutto squadernato davanti a noi.
L’accordo di luglio è stato un ricatto imposto al governo di Tsipras, ma nello stesso tempo ha lasciato aperta la strada del cambiamento delle politiche di austerità e del conflitto contro l’Europa dei mercati. La battaglia non è stata ancora chiusa. L’insostenibilità della governance, delle politiche e del sistema monetario in Europa è ormai fatto incontrovertibile ed è sotto gli occhi di tutti.
Questa insostenibilità provoca reazioni in Europa (in Grecia, in Spagna, ma anche in Francia) e mette in moto la nascita e la crescita di nuove soggettività politiche, ma determina anche una situazione di impasse negli ingranaggi del funzionamento della costruzione europea.
In questa oggettiva insostenibilità della costruzione europea ci sono dinamiche e contraddizioni in cui inserirsi per porre il problema della modifica dei trattati e del fiscal compact. La crescita è al lumicino, la disoccupazione è alle stelle, le diseguaglianze (anche tra le diverse aree dell’Europa) sono cresciute, il debito pubblico aumenta. Mentre sono cresciute la precarizzazione e la svalutazione del lavoro, le privatizzazioni, la demolizione dell’intervento pubblico. C’è una insostenibilità di questa Europa che provoca reazioni e alimenta nuovi soggetti, a destra (con i nazionalisti ed i populisti) come a sinistra (Syriza, Podemos e la vittoria di Corbyn nelle primarie dei Labour in GranBretagna).
In queste contraddizioni dobbiamo inserirci per fare in modo che la critica all’Europa non produca torsioni nazionaliste, ma la costruzione di un’Europa democratica e del lavoro. Memorandum o Grexit non sono i nostri termini della discussione e della strategia politica: dobbiamo uscire da questa gabbia che è quella dei profeti del austerità come Schauble. Riteniamo perciò ci siano ancora i margini per una battaglia politica in Europa contro le politiche di austerità, per spostare gli equilibri politici ed economici, per ribaltare il paradigma di una visione fallimentare di un processo europeo neoliberista, antidemocratico e tecnocratico nello stesso tempo.
Dalla Grecia e dall’esperienza di Syriza bisogna ripartire. È il tema dell’incontro alla Camera dei Deputati che si si è tenuto mercoledì 16 settembre alle 14 dal titolo: «La Grecia, l’euro, le alternative per l’Italia» con Marica Frangakis (economista greca, vicino a Syriza e del gruppo Euromemorandum degli economisti alternativi europei) e con la partecipazione di tanti economisti (Pianta, Dosi, Brancaccio, Nuti, Corsi, Deliolanes, Gnesutta, Franzini, Simonazzi) ed esponenti politici (oltre ai sottoscritti, gli ex Pd Fassina e Civati, i M5S Cariello e Pisano, gli esponenti di Sel, Fratoianni e Scotto, i PD Cuperlo e Guerrieri).
È una discussione aperta, come quella che sta crescendo in questi giorni a sinistra sul cosiddetto piano B (la proposta di Fassina, Varoufakis, Lafontaine e Melanchone) per la messa in discussione dell’euro e del sistema monetario che ha un suo fondamento e non va elusa.
Nella consapevolezza che oggi bisogna evitare scorciatoie e impegnarsi tutti quanti perché il piano A (la battaglia in Europa per la sconfitta delle politiche di austerità e la modifica dei trattati, per la trasformazione democratica della governance) produca una mobilitazione e un’alleanza di tutte le forze democratiche, del lavoro, del cambiamento delle politiche di austerità. Aprendo una discussione sulle strategie politiche possibili, non rincorrendo gli eventi, ma praticando un unità per un’altra europa (antiliberista, e antiausterità), al di là di valutazioni diverse sulle scelte specifiche e mettendo in campo una mobilitazione attiva per la democrazia, per i diritti e il lavoro, per una conferenza sul debito. Serve più protesta oggi per mettere in agenda le proposte che a Bruxelles non vogliono ascoltare.
Va accumulata forza e rappresentanza per esplorare tutti i margini esistenti in Europa per una battaglia politica che deve essere portata fino in fondo. A partire dal sostegno – a pochi giorni dalle elezioni – a Tsipras e a Syriza. La loro sfida è anche la nostra.
Articolo pubblicato su www.ilmanifesto.it