Con la crescita dei mercati finanziari i confini tra economia legale ed illegale si fanno sempre più porosi. Non servono nuove leggi: occorre regolare l’economia e la finanza
Jean De Maillard è un giudice specializzato in reati economici e finanziari, da poco nominato membro dell’Osservatorio nazionale sulla criminalità francese. Ha pubblicato diversi volumi in materia tra cui La truffa: la finanza al di sopra della legge e delle regole (Gallimard 2010) e Il Mercato fa la sua legge. Criminalità e globalizzazione (Feltrinelli 2002). De Maillard è stato recentemente invitato dalla Sezione internazionale della Fondazione Lelio e Lisli Basso a tenere una conferenza a Roma su “Finanza internazionale e criminalità organizzata”. Per il magistrato francese c’è una «stretta interconnessione tra economia legale ed economia illegale» e più che una continua rincorsa da parte della giustizia per scoprire e sanzionare le attività illegali sarebbe necessario «provare a pensare un’economia che non abbia bisogno della frode».
Jean De Maillard, lei si occupa di reati penali dal 1984, qual è l’attività che svolge un magistrato nel campo dei reati economici e finanziari?
La giustizia, in generale, si occupa dei reati finanziari tradizionali: le frodi, i falsi in bilancio, i crimini di borsa. Questi rappresentano la quotidianità del lavoro di un giudice. Ma al di sotto di questa criminalità tradizionale troviamo una criminalità finanziaria, o meglio un’attività di frode finanziaria, molto più sottile, spesso molto più complicata e di cui la giustizia fatica a occuparsi o di cui non si occupa mai. Se si vanno a studiare le dinamiche che ha portato alla crisi finanziaria, a partire dalla vicenda dei mutui subprime negli Stati Uniti, ci si rende conto del fatto che la grande criminalità finanziaria sfugge praticamente a tutti i controlli.
Lei ha affermato spesso che le attività illegali del sistema finanziario, ciò che lei definisce “illegalità legittima”, sono spesso tollerate dagli Stati, ancora oggi dopo lo scoppio della crisi economica. Perché?
Perché attraverso la deregolamentazione gli Stati ancora oggi lasciano che siano i mercati a fare le loro leggi. Quando parlo di “illegalità legittima” mi riferisco al privilegio che abitualmente appartiene agli Stati di poter infrangere la legge. Infatti, ciò che caratterizza lo Stato è l’avere il monopolio della forza. Lo Stato è colui che fa le leggi e nella sua azione può, in alcune circostanze molto limitate, anche infrangerle. Questo privilegio che appunto è chiamato “illegalità legittima” è stato delegato nel corso degli anni dagli Stati ai mercati finanziari. Questo era già accaduto in passato quando in alcuni Paesi il privilegio dell’illegalità legittima era stato trasferito a organizzazioni criminali come la mafia. Ma oggi questo privilegio è stato completamente abbandonato ai mercati finanziari, ciò spiega la forte criminalizzazione dell’economia e della finanza, come anche tutti i legami che si sono stabiliti tra le mafie e il sistema economico e finanziario.
Qual è il ruolo delle mafie in questo quadro?
Personalmente credo che le mafie oggi, contrariamente a quello che si possa pensare, non sono il motore della criminalità economica e finanziaria. Penso piuttosto che queste vi siano totalmente implicate, ma che abbiano solo una parte in questi fenomeni, un ruolo specifico. Principalmente operano lì dove i settori economici legali non arrivano a spingersi. Prendiamo per esempio la questione dello smaltimento dei rifiuti, un problema che tocca fortemente numerosi Paesi e che riguarda sia i rifiuti industriali, sia i rifiuti urbani. Il costo della gestione dei rifiuti è enorme e chi si trova a dover affrontare questo problema, tanto le amministrazioni pubbliche, quanto le imprese private, può essere tentato, e spesso lo è, di affidare lo smaltimento a imprese controllate da organizzazioni criminali. La ragione di questo comportamento è spiegabile con i bassi costi che queste aziende propongono, decisamente inferiori a quelli che sarebbero normali per trattare correttamente i rifiuti in questione. Le ecomafie, non rispettando le procedure di smaltimento dei rifiuti, producono danni incalcolabili abbandonando nell’ambiente rifiuti tossici e altamente inquinanti, come per esempio quelli nucleari o medici. Ma sono dei soggetti legali che si avvalgono di questi servizi pur di avere dei risparmi su questa voce di bilancio.
Secondo lei è possibile fare delle stime sui capitali coinvolti in questi fenomeni criminali?
A mio avviso non è possibile fare delle stime credibili. Per due ragioni. La prima è che tutto ciò che è occulto, che è nascosto, ovviamente non può essere definito con precisione. Alcuni provano a fare delle valutazioni sulla quantità dei capitali coinvolti o derivanti da attività economiche o finanziarie illegali, ma le scale sono così ampie che non ha alcun senso fare queste operazioni. Qual è la ragione per cui un dato viene moltiplicato per tre o per dieci? In questo campo è tutto molto arbitrario. La seconda ragione, quella a mio avviso più importante, è legata al fatto che, come spiegavo prima, oggi non è possibile distinguere tra economia legale ed economia illegale. L’economia illegale fa parte dell’economia legale. Ritorniamo all’esempio dello smaltimento dei rifiuti. Si potrebbe fare un calcolo dei profitti prodotti dalle ecomafie in questo genere di attività. Ma questo non terrebbe conto dell’intero sistema economico. Perché anche le aziende che si avvalgono di questo tipo di servizi otterranno profitti più elevati attraverso l’abbassamento dei costi dello smaltimento dei rifiuti. I vantaggi sono, quindi, sia per le mafie che si occupano dello smaltimento, sia per le imprese che si rivolgono a loro per aumentare i propri guadagni. C’è dunque una stretta interconnessione tra economia legale ed economia illegale e la criminalità è una parte integrante del funzionamento delle nostre economie. Soprattutto per questo motivo credo che non si possano dare delle cifre credibili su questi fenomeni.
Quali sono gli strumenti giuridici, a livello europeo e internazionale, di cui avrebbe bisogno la giustizia per fronteggiare le attività economiche e finanziarie illegali?
Non credo sia un problema di strumenti giuridici, questi già esistono se li si vuole utilizzare. In alcuni casi, paradossalmente, ce ne sono anche troppi. La questione centrale credo sia un’altra: bisogna prendere coscienza del fatto che oggi la criminalità economica e finanziaria è un elemento costitutivo dell’economia. Il problema, di conseguenza, è quello di tentare di regolare l’economia e la finanza, piuttosto che reprimere, perseguire e sanzionare dei comportamenti che sono divenuti necessari all’economia per garantirsi dei profitti. Bisogna riformare l’economia. Bisogna riformare una cultura manageriale che tende ad avvalersi della frode e dell’illegalità pur di garantirsi guadagni rapidi ed elevati. La giustizia inseguirà sempre frodatori e criminali. Tuttavia sarebbe molto meglio provare a pensare un’economia che non abbia bisogno della frode. Se non cambia l’economia, si potranno aumentare le risorse e dotare gli investigatori di strumenti sempre nuovi e più performanti, eppure non si farà altro che individuare e reprimere dei casi isolati, ma il funzionamento del sistema economico nel suo complesso continuerà ad avere bisogno delle attività economiche illegali.