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Bankitalia, una toppa peggiore del buco

C’erano davvero caratteri di “urgenza” e “necessità” nell’approvazione del decreto sulla rivalutazione delle quote di Banca d’Italia? Il Comunicato stampa del ministero dell’Economia chiarisce un solo aspetto: l’esautorazione del Parlamento e il predominio delle questioni finanziarie sui principi democratici

L’aumento delle quote di Banca d’Italia da 156.000 a 7,5 miliardi di euro ha sollevato nelle scorse settimane diverse critiche e dubbi, tanto da spingere il Ministero dell’Economia e delle Finanze a emanare un comunicato stampa, lo scorso 29 gennaio, per sottolineare sin dal titolo che non è stato fatto “nessun regalo alle banche”.

Nel merito il comunicato chiarisce ben poco, visto che, rispetto alle numerose critiche circolate in questi giorni, si limita a segnalare che: “nessun “regalo” è stato fatto alle banche, perché la rivalutazione del capitale e una più equilibrata ripartizione delle quote di partecipazione alla Banca d’Italia non comportano alcun onere per lo Stato.”

Se questo è l’argomento migliore, appare decisamente debole, per non dire di peggio. Poniamo che camminando per strada io trovi un portafogli pieno di soldi. Lo raccolgo, e do il contenuto a un mio amico. Per me il gesto non comporta “nessun onere”, ma per il mio amico è un regalo non da poco. Detta in altre parole, secondo un ragionamento logico ancora prima che economico, il fatto che non ci sia un onere per lo Stato non significa in alcun modo che non sia stato fatto un regalo alle banche. La pochezza delle argomentazioni non fa che rafforzare molti dei dubbi sollevati.

Ma non è questo l’aspetto peggiore. Alcune domande critiche sulla revisione delle quote sono state pubblicate la scorsa settimana in un post sul blog di Non con i miei soldi (http://www.nonconimieisoldi.org/blog/banca-ditalia-alcune-domande/). Il post si chiudeva con una domanda, “sulla forma, non sulla sostanza, ma è probabilmente la più importante da rivolgere ai nostri politici. Per quale motivo esattamente si è ricorsi allo strumento del Decreto Legge del governo per la rivalutazione delle quote? Secondo la Costituzione italiana, il riscorso al Decreto Legge è possibile “in casi straordinari di necessità e di urgenza”. Dov’è in questo caso la straordinaria necessità e urgenza che impedisce un normale iter parlamentare?”

Ed è qui che la risposta del governo appare la proverbiale toppa peggiore del buco. Sempre nel comunicato stampa del 29 gennaio si legge che: “la riforma di un assetto risalente al 1936 era peraltro divenuta ormai urgente in vista dell’entrata in vigore del nuovo sistema unico di supervisione bancaria in ambito europeo”. Peccato che, come si legge sul sito della Bce: “l’assunzione delle nuove competenze di vigilanza bancaria da parte della Bce è prevista per l’autunno 2014”. Prevista per il prossimo autunno. Siamo a gennaio. Sette – otto mesi di tempo, come minimo, non sono sufficienti per pensare a un dibattito parlamentare? Rappresentano una “straordinaria urgenza”?

Ma prima ancora, nel merito, cosa sarebbe successo di cosi terribile, se al momento dell’entrata in vigore del sistema unico di supervisione bancaria l’Italia non avesse ancora completato il processo di revisione delle quote? Se lo avessimo approvato dopo qualche settimana o anche qualche mese, quali terrificanti conseguenze ci sarebbero state? In altre parole, oltre a mancare qualsiasi presupposto di “straordinaria urgenza”, è davvero difficile ravvedere i criteri di “straordinaria necessità” che possano giustificare il ricorso al decreto legge e impedire un normale iter e dibattito parlamentare.

Rispetto a questa per lo meno traballante e stiracchiata interpretazione delle basilari regole democratiche, è in un passaggio finale del comunicato stampa che si tocca l’apice: il governo ricorda come “i contenuti e gli effetti del decreto legge sono stati ampiamente illustrati e discussi dal Ministro dell’Economia e delle Finanze in due audizioni presso le commissioni competenti di Camera e Senato. Nel corso dell’esame del provvedimento sono stati approvati emendamenti di iniziativa parlamentare con il parere favorevole del governo”.

Bontà sua, il governo accetta di partecipare a ben due audizioni parlamentari e arriva addirittura a dare parere favorevole ad alcuni emendamenti parlamentari. Quale benevolenza e magnanimità!

La faccenda della rivalutazione delle quote di Banca d’Italia è preoccupante e poco chiara in sé, e continua ad esserlo a maggior ragione dopo questo comunicato stampa. Preoccupante nella sostanza, ma ancora prima nella forma. Il comunicato chiarisce una cosa sola: la progressiva esautorazione del Parlamento, in particolare per tutto quanto afferisce al sistema bancario e finanziario. I tempi della finanza non possono aspettare quelli della democrazia. Non disturbare il manovratore, si va avanti per decreti legge e iniziative del governo. Non è possibile pensare a una discussione o porre domande. D’altra parte, se il livello delle risposte è quello che leggiamo nel comunicato stampa dello scorso 29 gennaio, forse è meglio non farle per niente, le domande.