Tariffe sospese per quattro mesi, in cambio di un sostanzioso bonus per le concessionarie: scala mobile per tutte, ed eliminazione di regole scomode
Tariffe sospese per quattro mesi sulle autostrade, ma in cambio nuove regole che cancellano la riforma Prodi e scala mobile per tutte le concessionarie autostradali. Queste in sintesi le norme contenute all’articolo 3 del Decreto Legge per misure urgenti anticrisi per famiglie, lavoro ed imprese approvato dal governo Berlusconi, che insieme alla sospensione degli aumenti delle tariffe (che scatteranno comunque dal 1 maggio) cambia le regole del gioco a tutto vantaggio dei concessionari.
Rammentiamo che già con la legge 101/2008 (articolo 8-duodecies) erano state approvate per legge tutte le nuove convenzioni già sottoscritte da Anas ma che non avevano superato l’iter con il parere di Nars, Cipe e Parlamento. la legge ha spazzato via tutti questi intralci e così ben 11 concessionarie tra cui Autostrade per l’Italia sono diventate operative. Ad esclusione di Brescia- Padova ed Autocisa su cui pende una procedura d’infrazione in sede europea legata alla proroga della concessione per nuove tratte autostradali, in contrasto con le direttive europee.
Inoltre la nuova Convenzione di Autostrade per l’Italia era diversa dalle altre: riconosceva al concessionario aumenti tariffari annuali di almeno il 70% dell’inflazione reale a cui aggiungere gli aumenti legati agli investimenti in corso. Quindi aumenti tariffari sicuri, indipendenti dalla qualità del servizio ed investimenti da fare, ed efficaci per tutta la durata della concessione fino al 2038.
Invece tutte le altre convenzioni erano state riscritte sulla base delle nuove regole approvate alla fine del 2006 dal governo Prodi, che legavano in modo stringente aumenti tariffari a qualità del servizio ed investimenti effettivamente realizzati.
Adesso grazie al comma 5 dell’articolo 3 del decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri del 28 novembre, tutti i concessionari potranno chiedere di cambiare ed adeguarsi al modello Autostrade per l’Italia: aumento annuale fisso (legato all’inflazione) delle tariffe per tutta la durata della convenzione a cui aggiungere la componente per la copertura degli investimenti.
Il decreto prevede anche un DPCM da emanare entro il 30 aprile in cui riscrivere le regole per “creare le condizioni per accelerare la realizzazione dei piani di investimento” senza alcuna ulteriore precisazione ma “fermo restando quanto stabilito dalle vigenti convenzioni autostradali”. Vedremo di che si tratta.
Infine c’è un altro regalo alle concessionarie: viene soppressa (comma 6 dell’art.3) tutta la parte della riforma Prodi che consentiva al concedente di ottenere migliori condizioni dell’interesse pubblico dalle società autostradali. La norma soppressa prevedeva che in caso di mancato accordo tra le parti, se alla fine il concessionario non si adeguava, si estingueva il rapporto ed Anas avrebbe assunto la gestione diretta, per poi mettere a gara la gestione dell’autostrada. Si trattava indubbiamente uno strumento di pressione fortissimo sulla concessionaria, che altrimenti “volontariamente” non accetterà mai di sottoscrivere peggiori condizioni per i propri profitti: uno strumento che adesso viene cancellato, lasciando quindi disarmati Anas e ministeri competenti nella trattativa.
Non va dimenticato che le concessionarie sono autentiche galline dalle uova d’oro, potenti e capaci di condizionare la politica, sia di destra che di sinistra. Basti pensare al caso di Atlantia (Autostrade per l’Italia, gruppo Benetton) che nei primi nove mesi del 2008 ha avuto ricavi per 2,6 miliardi ed utili netti pari a 630 milioni, con un incremento del 12,3% ( e nonostante un calo del traffico dello 0,48%).
Quindi il rinvio degli aumenti tariffari così pomposamente annunciato dal governo Berlusconi nasconde in realtà il ripristino di regole a tutto vantaggio dei concessionari, che non hanno mai un vero interesse ad investire e spendere in nuove opere, quanto ad aumentare dividendi.
Per rilanciare l’economia e battere la recessione, Berlusconi e Tremonti promettono un piano da 80 miliardi di cui ben 16,6 miliardi di euro per le grandi opere da far ripartire in fretta, di cui 9,3 mld dovrebbero derivare proprio dai piani delle concessionarie per nuove autostrade. Le opere che si vogliono cantierare sono l’autostada Pedemontana Lombarda (4,1 miliardi), la Brebemi (1,5 mld), nuove opere stradali per la società Brescia- Padova ( 1,6 mld) ed Autocisa (1,8 mld). Dietro c’è l’idea che grandi opere significa volano per economia ed occupazione quando tutti gli economisti sono concordi nel ritenere che le grandi opere sono ad alta intensità di capitale e materiali ma a bassa intensità di lavoro ( sempre più meccanizzato) e che produrranno un bel buco anche negli anni a venire nel bilancio pubblico. E certamente i tempi lunghi di decisione e realizzazione non consentono alle grandi opere di sostenere subito il rilancio dell’economia, mentre sole le piccole e diffuse opere sul territorio possono farlo – ha invocato l’ANCE .
Non a caso le autostrade Brebemi e Pedemontana, invocate adesso tra gli interventi per l’Expò 2015, sono alla ricerca di soldi pubblici e si parla anche di prestiti agevolati da parte della Bei e della Cassa Depositi e Prestiti. Come dire che le grandi autostrade quando vengono promesse si autofinanziano con le tariffe, ma quando è ora di realizzarle servono quote robuste di soldi pubblici. E così i cittadini pagano tre volte: con le tariffe, con i soldi pubblici e con un pessimo servizio di trasporto ferroviario pendolare che non trova risorse pubbliche per acquistare treni e potenziare il servizio. Peggiorando ambiente e consumo di territorio.
E come non ricordare che per mettere in sicurezza le nostre scuole servono 13 miliardi di risorse pubbliche: ecco i cantieri utili e diffusi per rilanciare la nostra economia.