Un innovativo programma di investimenti per sviluppare le nuove tecnologie offrirebbe il doppio dividendo di rilanciare l’occupazione, e difendere l’ambiente e la qualità della vita
L’Europa deve ripartire. E per farlo deve mutare il suo modello di sviluppo riportando al centro il lavoro, i beni comuni e l’ambiente. Difatti, che senso avrebbe parlare di riavvio dello sviluppo economico se questo non si coniuga con la qualità ambientale, con quella sociale, con l’occupazione e la sostenibilità?
L‘economia verde è senz’altro uno dei cardini intorno al quale poter costruire questa nuova traiettoria dello sviluppo capace di modificare il modo di produrre e consumare, e di ridurre l’impatto ambientale derivante dal consumo delle risorse naturali e dal rilascio di inquinanti.
Tuttavia, quando si parla di economia verde, specialmente in Italia, lo sguardo è orientato al solo futuro. E questo è un grave errore perché i nuovi settori verdi rappresentano già ora una notevole opportunità di crescita e di riconversione industriale. Perciò, una politica ambientale e dell’energia che sostenga un innovativo programma di investimenti per favorire le nuove tecnologie, le competenze e l’occupazione in questi comparti, offrirebbe il doppio “dividendo” di rilanciare la crescita e di difendere l’ambiente e la qualità della vita. Le energie rinnovabili e l’efficienza energetica (risparmio di energia per unità di prodotto) sono i due pilastri dell’economia verde. Ad essi si ricollegano tutti i temi dello sviluppo sostenibile. È quindi utile partire da qui. Ma cosa dicono i dati?
La rivista Valori www.valori.it/ambiente ha di recente curato un dossier sull’impatto della rivoluzione verde. Alcuni dei dati per l’Italia sono tratti dalle ricerche svolte dall’Ires-Cgil e dall’Università di Urbino. La tabella 1 ne riassume alcuni relativi all’impatto occupazionale nel settore delle rinnovabili.
Secondo i dati disponibili (Commissione europea, Gse, Enea) attualmente in Italia, l’occupazione verde è di poco superiore alle 100 mila unità. Per fare un confronto, nell’Europa a 27 paesi si stimava già nel 2005 che l’occupazione diretta fosse di circa 1.4 milioni di lavoratori. In Italia, i comparti delle rinnovabili più importanti sono: l’eolico (10 mila addetti), il solare fotovoltaico, (circa 6 mila) e quello delle biomasse (25 mila occupati), mentre il resto dell’occupazione si distribuisce tra il geotermico, il solare termico, il mini idrico e le altre forme minori di produzione di energia da fonti rinnovabili che impiegano, tra diretti e indiretti, circa 50 mila addetti. La dimensione del settore delle rinnovabili è dunque in espansione, ma appare ancora limitata, e la distribuzione territoriale è fortemente disomogenea. L’eolico e il fotovoltaico, per le loro caratteristiche tecniche, rappresentano una notevole opportunità di crescita per il Mezzogiorno.
Occupazione |
EmployRES |
NEMESIS |
ASTRA |
Cnel Issi |
GSE IEFE |
IRES |
Eolico |
32.000 |
– |
– |
24.200 |
77.500 |
– |
Fotovoltaico |
35.000 |
– |
– |
69.700 |
47.500 |
– |
Biomasse |
91.000 |
– |
– |
– |
100.000 |
– |
Complessiva lorda |
210. 000 |
250.000 |
200.00 |
|||
Complessiva netta (*) |
97.500 |
67.500 |
75.700 |
– |
53.500 |
(*) Per Occupazione complessiva netta si intende il saldo della nuova occupazione al 2020 considerando non solo i guadagni ma anche le perdite stimate di posti di lavoro a seguito dell’applicazione del Pacchetto 20-20-20.
Dalla tabella 1, che riassume i dati al 2020 di diversi istituti di ricerca, emerge che l’occupazione potenziale lorda, potrebbe raggiungere, negli scenari più ottimistici, le 250.000 unità. Il potenziamento delle rinnovabili potrebbe però avere l’effetto di spiazzare i comparti tradizionali di produzione di energia, con un effetto netto sull’occupazione diretta del settore delle rinnovabili che farebbe oscillare la stima tra le 53.500 (Ires) e le 97.500 (Nemesis) unità complessive. Dalle proiezioni risulta che il fotovoltaico, l’eolico e le biomasse sono le tecnologie rinnovabili con maggiori potenziali di crescita, indipendentemente dagli scenari ipotizzati.
La tabella 2 riassume invece gli effetti per l’economia italiana al 2020 delle misure di efficienza energetica nello scenario più ottimista rispetto al livello di partenza del 2010. I settori considerati sono quelli dell’edilizia e della meccanica. Si ipotizza, per esempio, che gli investimenti per l’efficienza energetica mirino alla riqualificazione energetica edilizia, allo sviluppo di motori elettrici e inverters, all’illuminazione, agli impianti di climatizzazione, agli elettrodomestici e alle caldaie a condensazione. La tabella 2 presenta la valutazione degli impatti moltiplicativi anche per l’intera economia. I valori sono cumulati e misurano lo scostamento (positivo o negativo) dai livelli del 2010.
Dalle proiezioni risulta un incremento del valore aggiunto per l’intero sistema economico italiano di circa 168 miliardi di euro (comprensivo dei 91 miliardi di investimenti iniziali in 10), a cui corrisponde un incremento stimato di occupazione pari a circa 730 mila unità (comprensiva dei 479 mila dei due settori oggetto diretto dell’efficientamento).
Gli investimenti nelle nuove tecnologie per l’efficienza energetica hanno inoltre la capacità di ridurre il consumo di energia e delle emissioni di anidride carbonica C02. Perciò, pur se limitato ai due soli settori dell’edilizia e della meccanica, la dematerializzazione dell’intensità energetica e il decoupling assoluto nell’emissione di CO2 confermano l’effetto qualificato e positivo degli investimenti per l’efficienza. L’economia verde può dunque coniugare il nuovo sviluppo e con la maggiore qualità ambientale.
Investimenti (miliardi di euro 2000) |
Valore Aggiunto (miliardi di euro 2000) |
Occupazione (migliaia di occupati) |
Consumo Energia (Mtep) |
Anidride Carbonica (CO2 in Mt) |
|
Edilizia |
+24 |
+43 |
+311 |
-14 |
-35 |
Meccanica |
+27 |
+49 |
+168 |
-58 |
-41 |
Intera Economia |
+51 |
+168 |
+730 |
-38 |
-46 |
Per completare, va, però sottolineato che (non auspicabili) minori investimenti a favore delle nuove tecnologie verdi, le possibili inadempienze tecnico-amministrative nell’applicazione delle Direttive europee e dei Paee, il taglio (ipotizzato) degli incentivi, le (non più sopportabili) indecisioni del governo italiano sulle strategie di lungo periodo relative al mix energetico nazionale, le inadeguate misure di politica industriale e la mancanza di coordinamento tra gli attori del settore possono causare scostamenti anche notevoli dalle proiezioni più ottimistiche, con conseguenze disastrose per la crescita sostenibile e l’autonomia energetica del paese. Perciò, perché non sostenere con forza l’economia verde già da ora?