La manovra economica correttiva 2013-14 dovrebbe essere pari a poco più di 30 mld di euro, ma tra misure pregresse e misure ancora da delineare si arriva a oltre 60 mld
Quadro europeo di riferimento
Secondo i principali organismi internazionali (G7, G20, Fmi, Ocse, Ue), gli obiettivi di “politica economica corrispondono a “una crescita duratura ed equa non raggiungibile se non nel presupposto e nel contesto della stabilità e della solidità finanziaria”[1].
Il Programma di Stabilità del governo, cioè uno dei documenti del Documento di economia e finanza 2011,[2] è più o meno coerente con il Patto per l’euro sottoscritto dai capi di stato il 25 marzo 2011 a Bruxelles e con le principali indicazioni delle organizzazioni internazionali.
Il governo, inoltre, sottolinea come la linea di rigore della politica economica e fiscale “non è temporanea, non è conseguenza imposta da una congiuntura economica negativa, non è ‘imposta dall’Europa’, ma è invece la politica necessaria e senza alternative per gli anni a venire”.
Inoltre, la manovra economica interviene anche sul debito pubblico, che tra il 2008 e il 2011 è cresciuto di oltre 13 punti percentuali, raggiungendo la quota del 120% del pil, senza che vi sia stata un’equivalente crescita della spesa pubblica, se non quella legata agli stabilizzatori automatici. L’aumento del debito è, più o meno, equivalente all’indebitamento del 2009-2010-2011, oltre a una non crescita del pil in misura vistosa tra il 2008 e il 2009. In particolare si osserva una preoccupante riduzione della spesa in conto capitale che mal si concilia con l’attuale fase di stagnazione economica.[3] Cresce molto il debito, senza che vi sia stata una corrispondente crescita della spesa in conto capitale e una sostanziale stabilità delle entrate.
Inoltre, occorre non dimenticare che l’Ipca, cioè l’inflazione, è quasi interamente imputabile alla dinamica dei beni industriali non energetici che è 1,7 punti percentuali sopra la media europea, con uno spread su quella generale di 0,5 punti percentuali. È del tutto evidente che la struttura produttiva del paese non solo è meno competitiva di quella europea, non solo è meno attrezzata per dimensioni, ma mostra diseconomie di scala che concorrono alla realizzazione di un prezzo medio di mercato dei propri beni e servizi più alto della media europea.
Scenario della manovra
Sostanzialmente gli interventi “correttivi” di 12 mld di euro per il 2011 e 25 mld per il biennio successivo[4], sono l’inizio di un percorso che, a partire dal 2013, cioè dall’implementazione del patto per l’euro, dovrebbe appesantirsi di una ulteriore restrizione pari a oltre 2 punti di pil (33 mld di euro).
Indicatori di finanza pubblica, tendenziale e obiettivi in % del pil* |
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anno 2009 |
anno 2010 |
anno 2011 |
anno 2012 |
anno 2013 |
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tendenziale a legislazione vigente |
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Il programma di stabilità da presentare all’Europa, oltre a raccogliere il suggerimento [5] del Patto di costituzionalizzare il vincolo della disciplina di bilancio attraverso un apposito testo di riforma costituzionale, delinea gli obiettivi di bilancio, cioè:
1. Pareggio di bilancio entro il 2014, passando da un indebitamento/pil del 3,9% nel 2011, del 2,7% nel 2012, dell’1,5% nel 2013 e dello 0,2% nel 2014;
2. Realizzazione di un surprlus finanziario “sistematico” teso a ridurre il debito pubblico.
L’intervento di contenimento della spesa pubblica vale almeno 2,3 punti percentuali di pil sul saldo primario, che determinerà una sua crescita dallo 0,9% del pil del 2011 al 5,2% del pil nel 2014.
Principali misure aggiuntive per il pareggio di bilancio
La manovra economica correttiva 2013-14 dovrebbe essere pari a poco più di 30 mld di euro, in aggiunta agli effetti delle misure pregresse su scuola, previdenza e pubblico impiego pari a oltre 33 mld di euro. Complessivamente la manovra economica del 2013-14, tra misure pregresse e misure ancora da delineare, ammonta a oltre 60 mld di euro.
Le misure fiscali per raggiungere gli obiettivi contemplano una “riforma fiscale” (delega) tesa a ridurre l’imposizione sul lavoro, mantenendo il gettito fiscale complessivo. L’idea è di riordinare gli oltre 400 regimi di favore fiscale per ridurre la pressione fiscale sul lavoro [6][6]. L’aspetto più preoccupante è l’intenzione di privilegiare l’imposizione indiretta rispetto a quella diretta. Sempre in materia fiscale, il Programma di stabilità prevede per le regioni meridionali una fiscalità di vantaggio e 10 “zero red tape zones” (burocrazia zero) per ogni regione.
Relativamente allo sviluppo-crescita sarà introdotto un credito d’imposta [7] al 90% a sostegno delle spese delle ricerche che le imprese commissionano o pagano alle università e agli istituti di ricerca, mantenendo ferma la deduzione dall’imponibile dei relativi costi. Questa misura potrebbe legarsi alla riduzione della spesa pubblica universitaria, cioè una sorta di compensazione. In realtà, da un lato si renderebbero dipendenti l’università e i centri di ricerca da finanziamenti esogeni, dall’altra non si capisce come il sistema delle imprese italiano possa beneficiare della ricerca se si considera che la spesa privata in pubblicità è più alta della spesa in ricerca e sviluppo. Evidentemente il problema della crescita e dello sviluppo in Italia è, purtroppo, un problema fiscale e non di mercato. La stessa “ri-regolazione dei rapporti di lavoro”, cioè lo Statuto del lavoro con la predisposizione di un testo unico, punta all’adeguamento per settore e per territorio, via capacità delle parti sociali di adattare i regolamenti e i contenuti dei rapporti di lavoro, in funzione di una maggiore competitività. La stessa semplificazione del contratto di apprendistato, che dovrebbe diventare il tipico e conveniente contratto d’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, si aggiunge alle norme esistenti, cioè non interviene sulle oltre 40 tipologie di contratti di assunzione.
Le altre misure per il Mezzogiorno (fiscalità di vantaggio, 10 zone per regione con zero burocrazia), le opere pubbliche (sempre le stesse ancorché con delle riserve vincolate per evitare di coprire ogni aumento di spesa delle opere), i distretti turistico-balneari (con l’implicita ridefinizione del demanio marittimo [8], la semplificazione della pubblica amministrazione, sono interventi che difficilmente concorrono alla riduzione dell’indebitamento nella misura delineata dal governo. È del tutto evidente che la stretta finanziaria è legata all’implementazione a livello Ue del Patto per l’euro, che necessità dell’accordo di tutti gli stati dell’area.
Il piano nazionale di riforma legato ai provvedimenti già adottati
L’impatto dei provvedimenti delineati nel Programma nazionale di riforma è abbastanza significativo. Si tratta di provvedimenti già in essere con un impatto economico sul triennio 2012-2013-2014 pari a 45 mld di euro, mentre per il biennio 2013-2014 l’effetto trascinamento è poco più di 30 mld di euro.
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I principali interventi sono legati al lavoro e alle pensioni. Complessivamente è in particolare la riforma previdenziale intervenuta con il Dl n° 78/2010, convertito in L. n° 122/2010, che consente risparmi di spesa significativi. Questi risparmi sono stimati in 7 mld per il biennio 2009-2010, 6.300 mln per il 2011, 10.300 mln per il 2012, 11.800 mln per il 2013 e 13 mld per il 2014. Le altre misure (di spesa) sono legate agli ammortizzatori in deroga (1 mld), riduzione dell’Irap sul lavoro del 10% (634 mln a partire dal 2011), decontribuzione del salario di II livello a decorrere dal 2011 (630 mln).
Al secondo posto per il contributo al risanamento della finanza pubblica troviamo l’innovazione e il capitale umano, con misure di ridimensionamento pari a 1.968 mln per il 2011, 3.515 mln per il 2012, 3.659 mln per il 2013 e 3.659 per il 2014.
All’interno delle misure troviamo anche le “minori” entrate legate al provvedimento per stimolare gli investimenti in macchinari (Dl n° 78/2009) pari a 2.390 mln per il 2011 e 224 mln per il 2012 [9].
Qui occorre prestare attenzione al nuovo ruolo della Cds (Cassa Depositi e Prestiti) dal lato dei finanziamenti al sistema delle imprese anche come operatore privato, fino a detenere partecipazioni di società italiane (art.7 omnibus), oltre ad essere protagonista di finanziamenti di opere pubbliche importanti [10].
Al terzo posto come “contributo” alla riduzione dell’indebitamento c’è la spesa pubblica in senso stretto. Sono il contenimento della spesa farmaceutica e della spesa per il personale a pesare di più. In particolare, 1.018 mln per il 2011, 1.732 mln per il 2012.
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