Tremonti si accoda nel vento europeo con la sua manovra di emergenza. Nelle stesse ore, l’Istat diffonde i numeri del paese, che mostrano i guasti già fatti da una recessione che con i nuovi tagli potrà solo approfondirsi, in una spirale pericolosa. La contro-manovra di Sbilanciamoci
Il debito pubblico italiano è troppo alto in rapporto al Pil’ Certo che sì. Serve a qualcosa, la manovra da 24 miliardi sobriamente definita da Tremonti “un tornante della storia”? Certo che no. Da tempo gli economisti (solo alcuni per la verità) cercano di spiegare quello che i bambini di solito studiano in quarta elementare, cioè le frazioni: se scende il numeratore, ma contemporaneamente scende anche il denominatore, non è detto che il valore del rapporto si riduca. Anzi può persino aumentare: dipende (nell’aritmetica) dall’entità delle rispettive riduzioni, e (nell’economia politica) dalla strada che si prende per la discesa. In parole povere: se scende il debito, ma scende anche il Pil, il rapporto può persino peggiorare. Il Rapporto annuale dell’Istat sulla situazione del paese, diffuso per coincidenza nello stesso giorno della manovra ci aiuta a capire che proprio questa è la dinamica in cui ci siamo infilati; mentre un documento come la “contromanovra” di Sbilanciamoci! ci aiuta a pensare a strade alternative per una discesa sostenibile.
Le cifre dell’Istat. La quantità di informazioni è sterminata, e ciascuno se ne può fare un’idea direttamente (prima che il Gasparri di turno dica che a lui risultano altri numeri, o che si decida di chiudere anche l’Istat dopo l’Isae e l’Isfol). Semplificando al massimo, l’Istat quest’anno ci dice due cose: 1) che la crisi economica in Italia è peggiore che in altri paesi europei: nel biennio 2008-2009 la flessione del Pil è stata del 6,3%; 2) che l’hanno pagata, finora, soprattutto i giovani, protagonisti della fascia del mercato del lavoro sterminata dal taglio dei contratti atipici, e le donne, che vanno ad aumentare la fascia degli inattivi per “scoraggiamento”. Di tutto il capitolo 3 (Gli effetti della crisi su individui e famiglie) andrebbe data pubblica lettura nelle sedi in cui si discuterà e voterà la manovra; basti citare due dati: nel 2009 il reddito disponibile delle famiglie è sceso del 2,9% e il potere d’acquisto procapite è sceso sotto il livello del 2000. Ma, restando ai conti pubblici, concentriamoci sulla prima parte della storia: l’avvitamento tra crisi, deficit e debito. I governi dei paesi europei hanno speso di più, mentre le entrate rallentavano e il Pil scendeva. Così per l’insieme dall’area dell’euro il rapporto tra debito e Pil è passato da 69,4 a 78,7%, mentre l’indebitamento netto (il deficit annuale) è salito dal 2 al 6,3%. In questo quadro, l’Italia occupa una posizione particolare: mentre gli altri hanno speso molto di più per sostenere le banche, la nostra spesa pubblica è cresciuta di meno e soprattutto in relazione all’aumento della cassa integrazione; inoltre, anche la riduzione delle entrate è stata meno forte di quella degli altri (per effetto dello scudo fiscale). Però, “in ragione della forte caduta del Pil e del livello elevato del debito”, i conti alla fine sono peggiori di quelli degli altri: il rapporto debito/Pil sale da 106,1 a 115,8 e l’indebitamento da -2,7 a -5,3. Siamo partiti da un debito più alto (numeratore), siamo scesi con una caduta più rapida del Pil (denominatore).
Emergenza pubblica. Di fronte a queste cifre, chi vuole può continuare a pensare che l’emergenza sia nei numeri del debito pubblico – che è troppo alto sì, ma da qualche decennio – e non in quelli della disoccupazione, inoccupazione, spreco di risorse. Può dimenticarsi l’opportunistica riscoperta keynesiana di qualche mese fa, buona per tamponare le falle finanziarie, e tornare a una visione smemorina dell’economia e della politica economica, quella che dice che affamando lo stato (e i suoi impiegati, nel caso specifico) si risolleva l’umanità. Deve comunque poi spiegare come fa a togliere risorse all’economia senza deprimere l’economia; a tagliare gli stipendi agli insegnanti convincendoli però ad andare a fare shopping e vacanze nel tempo libero; a bloccare le assunzioni e i nuovi contratti chiedendo nel contempo ai ragazzi di uscire di casa e magari comprarsela anche, una casa; a continuare a dare cassa integrazione in deroga senza far niente perché le deroghe cessino di essere la norma. E’ vero che in questa trappola – il rigore in recessione, bastonate sul malato – è caduta tutta l’Europa, ma è anche vero che ci sono malati e malati, bastonate e bastonate (nonché medici e medici: la lotta all’evasione fiscale fatta subito dopo il regalo ai capitali evasi all’estero e in contemporanea col condono edilizio è uno spettacolo inedito persino per il paese che costruisce ad Agrigento nella Valle dei Templi).
Si può fare qualcosa di diverso, per raddrizzare i conti e re-indirizzarli? Qualcuno pensa di sì, e ci prova. Il documento della campagna Sbilanciamoci!, che si può leggere nell’allegato, mostra in successione una serie di mosse possibili. Sulla base delle quali vorremmo far partire su questo sito una riflessione: criticatele, smontatele, integratele, proponetene altre. Discutiamone.
In allegato pdf, le controproposte della Campagna Sbilanciamoci!