Costa 1,7 miliardi la fine della più grande cartolarizzazione mai fatta da un governo. Mentre Tremonti scrive su Italianieuropei riguardo alle “patologie del mercato”
Un miliardo e settecento milioni, e non se ne parli più. Lo stato salda il conto e chiude la decennale vicenda della cartolarizzazione più grande d’Europa. Nata e finita per opera di Giulio Tremonti. Lo stesso che scrive, della crisi in atto: “La nuova tecnica della finanza ha invece consentito, a chi raccoglie il denaro, di liberarsi dal rischio e di farlo con una tecnica per cui si vende a terzi il rischio, incorporandolo in nuovi prodotti finanziari. Così che meno rischi e più guadagni. È così che il rischio ha cominciato a circolare” (tratto da un articolo per Italianieuropei anticipato dal Corriere della Sera del 12-02-2009). Che rapporto c’è tra il Tremonti scrittore e Tremonti ministro? E quale il nesso tra i rischio corsi dalla Scip e quelli del mercato?
Un piccolo passo indietro, di otto anni. Nel 2001 l’allora ministro del Tesoro Tremonti vara la cartolarizzazione degli immobili degli enti previdenziali pubblici. In sostanza, decide di usare una tecnica finanziaria di gran successo al momento – la securization – per anticipare flussi di cassa attesi in futuro dalla vendita delle case di Inps, Inpdap, Inail, eccetera. All’uopo viene costituita Scip 1, società di diritto lussemburghese fondata da due fondazioni olandesi e amministrata da un privato cittadino britannico. Scip è la società-veicolo, tramite tra lo stato e le banche che anticiperanno i soldi e poi riceveranno i flussi di cassa derivanti dalla vendita delle case. L’operazione riesce, e dopo qualche tempo Tremonti alza la posta: viene creata Scip 2, stesso meccanismo e stessi scopi. Mai si era vista una cartolarizzazione così grande fatta da soggetto pubblico: 11 miliardi, il controvalore atteso da quasi 90.000 immobili. Nell’entusiasmo, si progetta anche una Scip 3, per caserme e alloggi militari. Non vedrà mai la luce, perché nel frattempo si inceppa Scip 2. Uno dei suoi problemi principali è il rallentamento dei flussi di vendita, dovuto al fatto che con l’aumento dei prezzi di mercato non tutti gli inquilini riescono a comprare, e lo scontro sociale e politico che ne deriva porta il parlamento a intervenire per imporre un calmieramento dei prezzi. Uno choc per quelli che hanno investito in Scip proprio sperando nella bolla immobiliare. Ma la paura dura poco: si introduce un meccanismo di compensazione, per cui il governo (cioè noi) copre la differenza tra valore di vendita e valore di mercato. Ciò non basta a sbloccare le vendite, rallentate da complicazioni burocratiche, contenzioso sullo stato degli immobili e dei loro inquilini, confusione legislativa. Però basta a far intervenire Eurostat, che sentenzia: non c’è stato nessun trasferimento del rischio ai soggetti privati con la cartolarizzazione, di fatto si è trattato di un prestito garantito, non potete usare quei soldi per dire che il deficit pubblico si è ridotto. Poco male: Tremonti riscrive i bilanci e cambia le poste. Ma già l’arcano è svelato: con le Scip non si è affidato al mercato (e ai più sofisticati strumenti della sua finanza) un affare dandogli in cambio l’onere del rischio; ma si è regalato l’affare senza il rischio. Cosa che diventa ancora più evidente quando cominciano le prime aste che vanno deserte, e una società pubblica (Fintecna) interviene a comprare l’invenduto.
Repentino balzo in avanti, all’oggi: 1,7 miliardi. Questo il conto finale di chiusura delle scatole Scip, che hanno continuato a vivacchiare per anni un po’ vendendo e un po’ aspettando Pantalone. Che puntualmente è intervenuto con prestiti quando la Scip non riusciva a tener fede ai suoi pagamenti verso gli investitori, e adesso salda a pie’ di lista. Fine della storia, gli immobili invenduti tornano agli enti e lo stato paga le perdite.
Che c’entra questo con il Tremonti impaurito e speranzoso, che tuona contro “le patologie del mercato”? Qualcosa c’entra. Qualcuno potrebbe dire che Tremonti ha poca memoria, e sputa oggi nel piatto che ha cucinato per anni, quando ha preparato – tra le altre cose – la cartolarizzazione di stato più grande del mondo. Anche la securization, come i diabolici strumenti finanziari che hanno affossato Wall Street e tutti noi, è infatti un metodo per spalmare il rischio, “venderlo a terzi”. Però, c’è qualcosa in più del buco di memoria. Come si può capire dalla grezza ricostruzione qui fatta, nel nostro caso il rischio non è stato affatto spalmato sul mercato: anzi la regola “profitti privati, perdite pubbliche” è stata ben chiara fin dalle prime difficoltà delle sorelle Scip. Lo ha certificato anche la Corte dei Conti, in una relazione sulle cartolarizzazioni che sembra un romanzo criminale. Adesso la storia si chiude, con il bail out all’italiana e il lieto fine per Scip 1 e 2.
Qualche testo:
Giuseppe Pisauro, “Scip 2 strikes back“, www.lavoce.info, 2004
Corte dei Conti, “Analisi dei risultati delle cartolarizzazioni” (marzo 2006), e “Nota integrativa”, (gennaio 2007)
“La finanza pubblica tra creazione di nuove società per azioni e cartolarizzazioni”, in “Per lo sviluppo”, a cura di Renzo Costi e Marcello Messori, Il Mulino 2005
“Scip, chiusura da 1,7 miliardi”, “Il Sole 24 Ore” del 12-02-2009
Roberta Carlini e Pat Carra, Le mani sulla casa, Ediesse 2007
Giulio Tremonti, “La paura e la speranza”, Mondadori 2008