Una tipica mossa da salotto buono degli anni Settanta, o un’occasione per il sistema economico e finanziario italiano?
“Unipol viene scelta non perché è la migliore opzione per gli azionisti di Fonsai o per quelli di Mediobanca, ma perché è la meno pericolosa per il sistema di potere di cui Mediobanca è al centro…”, Luigi Zingales
premessa
In queste settimane avanza l’ipotesi dell’acquisizione di gran parte delle attività dell’impero Ligresti, in particolare di quelle assicurative, da parte del gruppo Unipol. Le note che seguono, dopo aver dato un’informazione di base sulle vicende di Salvatore Ligresti, oltre che sulla struttura societaria attuale dei due gruppi interessati all’operazione e sui suoi contorni tecnici, cercano di individuarne i possibili punti positivi e quelli critici, riprendendo molti dei rilievi e dei dubbi avanzati nelle scorse settimane dalla stampa.
le vicissitudini del gruppo Ligresti
Il caso di Ligresti e della costruzione nel tempo del suo gruppo è una storia tutta italiana di rapporti incestuosi e complessi tra business, sistema finanziario e politica. Originario della Sicilia, Salvatore Ligresti si trasferisce presto a Milano, dove si fa strada con abilità, puntando a relazioni strette prima con Craxi, poi con Berlusconi sul fronte politico, con Mediobanca e Unicredit su quello finanziario. Si sviluppa così un grande impero immobiliare e assicurativo. Il gruppo sarà salvato tre volte dal fallimento dai suoi amici politici e finanziari, come ci ricorda ad esempio Mucchetti (Mucchetti, 2012, a), ogni volta in un do ut des piuttosto vergognoso. Questa volta però non sembra avercela fatta. Secondo quanto si può leggere sulla stampa, la caduta sarebbe ora originata, oltre che dalla crisi, da uno sgarbo che Ligresti avrebbe fatto a suo tempo al management di Mediobanca. Il quadro delle difficoltà attuali è presto delineato: alla fine del 2006 FonSai valeva in borsa quasi 5,5 miliardi di euro, oggi intorno ai 225 milioni. Per quanto riguarda i risultati economici, nel 2009 ha perso 391 milioni di euro, 929 nel 2010 e almeno 1100 milioni, sembra, nel 2011. Un disastro.
la struttura dei due gruppi
La famiglia Ligresti possiede ufficialmente, attraverso diverse società, il 51% circa del pacchetto azionario della Premafin, ma probabilmente anche un altro 20% attraverso strutture collocate nei paradisi fiscali. Premafin, a sua volta, controlla il 35% del capitale della FonSai, la principale società operativa del gruppo che è anche la seconda entità assicurativa del paese; la stessa FonSai possiede inoltre il pacchetto di controllo della Milano Assicurazioni. Con circa 13 miliardi di premi raccolti nel 2010, il gruppo ha partecipazioni in molte società di tipo assicurativo, immobiliare, finanziario e vario. La Premafin detiene inoltre un pacchetto di azioni delle società del “salotto buono”, tra cui il 5,5% del capitale di RCS, il 5% della Pirelli, il 4,2% della Gemina, il 3,9% di Mediobanca, l’1% di Assicurazioni Generali. Le società del comparto immobiliare sono organiche all’altra tradizionale attività del gruppo, al cui settore sono orientate altre strutture societarie collocate ai piani alti della galassia.Per quanto riguarda l’Unipol, la società è governata dal mondo cooperativo attraverso la Finsoe, che detiene il 51% circa della finanziaria Unipol, che a sua volta controlla Unipol Assicurazioni e Banca Unipol (Vanuzzo, 2012). I soci principali di Finsoe sono, da una parte, alcune cooperative bolognesi ed imolesi, che detengono il 24,5% del suo capitale, dall’altra alcune coop della grande distribuzione con il 31,7%. Il totale del pacchetto cooperativo si aggira così intorno al 56% (Miele, 2012). Altre fonti danno delle cifre e delle configurazioni societarie un po’ differenti, ma ciò non cambia la sostanza della questione. Unipol agli inizi del 2008 valeva in borsa 4,5 miliardi di euro, mentre oggi arriva a stento a 600 milioni (Miele, 2012). Secondo alcuni calcoli (Vanuzzo, 2012) il prezzo di carico delle partecipazioni in Unipol è, nei bilanci delle cooperative, pari a circa 1,8 milioni di euro, contro un valore di mercato oggi minore di 300 milioni, con una minusvalenza che si aggira quindi su oltre 1,5 miliardi di euro. L’operazione di acquisizione di FonSai darà vita ad un gruppo assicurativo con circa 21 miliardi di euro di premi annuali, secondo in Italia per raccolta, di poco dietro a Generali, ma primo nel ramo danni con una quota di mercato intorno al 32% e del 37% per quanto riguarda il solo comparto auto
le modalità dell’operazioneSecondo il progetto comunicato all’esterno, dapprima Unipol rileverà dalla famiglia Ligresti il controllo della società Premafin, sottoscrivendone un aumento di capitale per 400 milioni di euro. Si avrà poi un aumento di capitale di FonSai per un ammontare di circa 1,1 miliardi di euro, pari a circa quattro volte il suo attuale valore di borsa; Premafin-Unipol sottoscriverà tale aumento per la quota di sua competenza. Si procederebbe in seguito allo scorporo delle attività immobiliari presenti in FonSai, che verrebbero unite a quelle presenti nelle casseforti dei Ligresti, in particolare in quella di Sinergia, e fatte confluire in un fondo immobiliare in cui sarebbero concentrati anche una parte dei debiti del gruppo verso il sistema bancario. Presumibilmente verranno anche sottratte al gruppo Unipol le partecipazioni strategiche relative al sistema Mediobanca. Si avrà infine una fusione tra Unipol assicurazioni, Premafin, Fonsai e la controllata Milano assicurazioni sotto l’ombrello della finanziaria Unipol. L’intera operazione appare peraltro subordinata ad una condizione, che è quella della esenzione dall’opa totalitaria su Fonsai e Milano assicurazioni, questione che deve essere decisa dalla Consob. Per portare in porto il complesso di tali operazioni, Unipol dovrebbe decidere un aumento di capitale di 1,1 miliardi di euro, un importo che sarebbe pari a più del doppio dell’attuale capitalizzazione della società. Di tale somma, almeno 500-600 milioni dovrebbero essere forniti direttamente dalle cooperative, attraverso le loro risorse almeno in parte interne, mentre i restanti 500-600 milioni sarebbero prestati al sistema cooperativo dalle banche interessate all’operazione. I fondi così raccolti dovrebbero servire per finanziare l’aumento di capitale di Premafin, nonché per ricapitalizzare il complesso delle società del nuovo gruppo.
gli aspetti positivi della fusioneIntanto il movimento cooperativo, considerato così a lungo ai margini del sistema economico nazionale, può sentire ora una certa comprensibile soddisfazione nel riuscire ad arrivare, con questa operazione, ai vertici del sistema finanziario italiano. D’altro canto, da un punto di vista dell’interesse del paese, appare certamente positivo che il sistema imprenditoriale italiano, tra l’altro sempre più povero di protagonisti adeguati, veda arrivare sulla scena dei nuovi importanti attori. Nello specifico, poi, l’Unipol riuscirebbe a superare finalmente gli ostacoli politici che da più parti, anche nell’ambito del centro-sinistra, sembrano essere stati posti alla conclusione del precedente tentativo di scalare la Bnl. Si può anche essere abbastanza contenti che, almeno per una volta, un importante gruppo in difficoltà resti in mani italiane, dopo molti esempi, negli ultimi tempi, di soluzioni alternative: nel caso FonSai sarebbero stati possibili anche sbocchi più drammatici, come il commissariamento della società e un disastro da 2 miliardi di euro per le banche (Mucchetti, 2012, b). Le società cooperative che dovrebbero rilevare FonSai appaiono infine, a nostra conoscenza, aziende sane, in sviluppo, che fanno quasi tutte degli utili di un certo rilievo, mentre alcune di esse in particolare si distinguono per la loro aggressività imprenditoriale.
i problemi dal punto di vista del mercatoNon si possono nascondere i molti dubbi che suscita l’operazione, alcuni dei quali sono già stati elencati da diversi commentatori. I problemi possono essere visti da un doppio angolo visuale, quello del corretto funzionamento del mercato finanziario e quello degli interessi del movimento cooperativo. Forse qualche dubbio potrebbe essere fugato quando la strategia operativa dell’Unipol rispetto all’intera questione sarà nota. Sul primo fronte, diversi commentatori hanno sottolineato come, più che di un salvataggio del gruppo Ligresti, l’operazione si configuri come un salvataggio di Mediobanca e di Unicredit, esposti la prima per 1,1 miliardi verso la FonSai e la seconda per 750 milioni verso i piani alti del gruppo. Va ricordato peraltro che Unicredit è anche socio della stessa FonSai, con una quota del 7%. Le caratteristiche dell’operazione la indicano come una tipica mossa da salotto buono degli anni settanta, con la sua coorte di disprezzo degli azionisti di minoranza e delle regole del mercato, di protezione degli amici, di trasformazione di debiti in capitale, ecc. Una parte consistente delle risorse necessarie saranno prelevate ancora una volta sullo stesso mercato, che già nel marzo scorso ha dovuto versare 800 milioni di euro per aumenti di capitale che sono in gran parte serviti a tappare qualche buco del gruppo. Si mette poi una bella pietra sul passato (Bragantini, 2012), dal momento che con l’acquisizione di FonSai da parte di Unipol si evita il commissariamento della prima, ciò che impedisce da una parte che i crediti delle banche subiscano una grave falcidia, e dall’altra che si scoprano gli altarini di tutte le operazioni spericolate del passato. E si può solo ricordare l’inazione che sulle vicende del gruppo hanno avuto per tanti anni Isvap, Antitrust, Consob. Si consideri soltanto il fatto che nessuno ha avuto alcunché da ridire sul precedente aumento di capitale del marzo 2011. Infine, dal punto di vista del mercato assicurativo nazionale, si aumenta molto il suo livello di concentrazione, con due soli protagonisti in grado di governare a loro piacimento il settore, tanto più che Mediobanca avrebbe a questo punto dei fortissimi collegamenti anche finanziari con ambedue le strutture e potrebbe giocare quindi un ruolo di “coordinamento”, un effetto non propriamente positivo.
i rischi per le cooperativeDal punto di vista del movimento cooperativo un problema sembra costituito dal fatto che si compra un gruppo a scatola chiusa, senza averci guardato dentro se non per pochi giorni. Le sorprese negative potrebbero essere con il tempo molto rilevanti. Su di un altro fronte, ci si ritroverà con una compagnia che presenta un livello di premi di 21 miliardi di euro all’anno concentrati sul territorio italiano, una situazione che molto inconsueta e rischiosa in un periodo di globalizzazione spinta, a meno che la nuova proprietà non abbia qualche idea per rimediare al problema. Un altro problema riguarda il management del nuovo raggruppamento. Dopo la fusione, il gruppo avrebbe una dimensione quasi tripla rispetto alla vecchia Unipol, con un gruppo dirigente già sottodimensionato rispetto agli attuali problemi di gestione, che ora dovrebbe prendere in mano una struttura molto più grande, mentre una parte almeno del management FonSai non sembrerebbe idonea a continuare a lavorare sotto il nuovo padrone. Con il lancio dell’operazione si sottraggono poi alla normale gestione delle cooperative, ai loro core business, preziose risorse finanziarie che potrebbero essere utilizzate per il necessario rinforzamento delle loro attività attuali, anche per far fronte agli scenari del dopo-crisi, che imporrebbero semmai di ridurre e non di aumentare i livelli di diversificazione. Sembra inoltre che, per quanto riguarda in specifico le Coop, con il varo dell’operazione l’utilizzo a fini di investimento a lungo termine dei depositi dei soci raggiungerebbe almeno il 34% del totale (Mucchetti, 2012, a). Se questo fosse vero, si tratterebbe di un approccio poco accettabile, trattandosi in gran parte di depositi a breve termine e in ogni caso, anche per la parte eventuale che riguardasse depositi a più lungo termine, trasformare debiti in capitale è sempre un’operazione piuttosto discutibile. Si aggiungerebbe così un rilevante rischio finanziario a quello operativo dell’operazione. Tanto più che anche una parte dell’aumento di capitale di Unipol (500-600 milioni di euro, sui 1100 previsti) verrebbe da soldi prestati dalle banche. Bisogna anche tener conto dei possibili imprevisti che potrebbero arrivare in futuro, in relazione in particolare alle grandi difficoltà attuali delle economie occidentali. Non appare così lontana l’eventualità che, al primo stormir di foglie, il mercato (e i suoi scaltri operatori) scippino dalle mani del movimento cooperativo l’intero pacchetto. In ogni caso sembrerebbe molto sensato, una volta preso il controllo del nuovo gruppo, che se ne cerchi di vendere subito una fetta rilevante, per alleggerire la posizione finanziaria. E speriamo che sia questa l’intenzione del nuovo management. E non vogliamo trascurare i problemi operativi dell’operazione, dalla sovrapposizione geografica, di sedi e di reti di distribuzione delle varie compagnie che verrebbero fuse – già con la fusione Fondiaria-Sai, che è stata effettuata diversi anni fa, non si è ancora oggi riusciti ad unificare veramente strategie, organizzazione, reti distributive – , alla necessità di portare il margine di solvibilità di tutto il gruppo almeno al valore del 120%, dal 755 appena che si registra oggi in FonSai.
Testi citati nell’articolo
Bragantini S., Premafin-Fonsai, un paese ingessato. Sono le logiche della finanza chiusa, Corriere della Sera, 20 gennaio 2012 Miele E., Le coop rosse che comandano in Unipol spenderanno un miliardo per Fonsai, la Repubblica, ed. Bologna, 17 gennaio 2012Mucchetti M., Le nozze di Unipol con Fonsai e il salto senza rete delle coop, Corriere della sera, 20 gennaio 2012, aMucchetti M., Salvataggio Fonsai, il disastro da evitare, Corriere della sera, 22 gennaio 2012, bVanuzzo A., Le coop non hanno soldi, Finsoe sta peggio di Premafin, www.linkiesta.it, 19 gennaio 2012Zingales L., Fonsai e il dirigismo all’italiana, Il Sole 24 Ore, 22 gennaio 2012