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Laboss/ La sanità pubblica al tempo del riarmo

La sanità pubblica è sotto attacco, a livello nazionale – con l’aumento della spesa militare – come nelle regioni mentre ovunque la salute diventa più disuguale e precaria. Contro questi processi, studiosi, professionisti e attivisti si incontrano dal 10 al 12 settembre nella III edizione di Laboss a Fiesole.

L’autunno si apre con la sanità pubblica sotto attacco su molti fronti. Nelle prossime settimane le elezioni in sette Regioni italiane saranno decisive per il futuro delle politiche sanitarie, senza una campagna comune che riesca a superare la frammentazione del dibattito politico. In agosto il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, ha esplicitamente proposto di rivedere la legge che ha istituito il Servizio sanitario nazionale (n. 833/1978) dichiarando che quel modello non funziona più, e sta lavorando a un progetto da condividere con altre Regioni. E il ministro degli Affari Regionali Roberto Calderoli punta ora a riaprire la questione dell’autonomia differenziata nonostante la bocciatura venuta con la sentenza della Corte Costituzionale del novembre scorso.

In agosto il ministro della Salute Orazio Schillaci (La Stampa, 9 agosto) ha avanzato l’ipotesi di far uscire i dipendenti della sanità dal perimetro della Pubblica amministrazione, con la prospettiva di spostarsi verso rapporti di lavoro di natura privata, derubricando le Case della comunità a “maxi-ambulatori” (A. Capocci, Il Manifesto, 9 agosto), abbandonando la proposta di portare i medici di famiglia all’interno del servizio pubblico.

C’è stata poi a bozza del nuovo Piano nazionale di azioni per la salute mentale diffuso dal ministero della Salute, privo di risorse aggiuntive e soprattutto caratterizzato da una visione securitaria. E prima ancora la nomina della Commissione vaccini NITAG (National immunization technical advisory group) con due componenti no-vax, poi cancellata dopo settimane di proteste.

La situazione è molto preoccupante. Dilagano le narrazioni che sostengono l’irreversibilità della crisi della sanità pubblica, la sua presunta insostenibilità finanziaria, e propongono in alternativa modelli individualistici e corporativi, celebrando in modo illusorio le virtù del mercato, della competizione tra pubblico e privato, delle esternalizzazioni a soggetti privati di funzioni pubbliche fondamentali.

Intanto si aggravano le diseguaglianze nell’accesso ai servizi; diminuiscono le risorse assegnate alla sanità pubblica, con l’aumento di quelle assegnate alla sanità privata; cresce il sostegno alle attività fuori dal servizio pubblico da parte delle politiche del governo e di regioni come la Lombardia; peggiorano le condizioni economiche, psicologiche, di vita e di lavoro del personale sanitario.

Nel 2024-25 la spesa sanitaria pubblica si attesta in Italia a poco più del 6% del Pil, molto al di sotto dei livelli esistenti in Germania e Francia. Gli ultimi dati Istat fotografano la diminuzione della speranza di vita in buona salute in particolare tra le donne e a svantaggio del Mezzogiorno, l’aumento della percentuale di persone che rinunciano alle cure per motivi economici (5,3%) e per le lunghe liste di attesa (6,8%); la crescita del ricorso al privato per visite ed esami specialistici. La questione delle liste di attesa viene affrontata dagli interventi del governo in termini individualistici, incoraggiando la spesa delle famiglie e allargando il ricorso a strutture private.

Il sottofinanziamento della spesa sanitaria ha effetti pesanti sul personale – qui permangono i tetti di spesa introdotti oramai vent’anni fa – sul divario nella qualità e quantità dei servizi forniti dalle regioni, sulle liste di attesa. 

La sanità privata ha registrato una crescita particolarmente elevata. Il fatturato complessivo in Italia – secondo i dati Mediobanca – è di 74 miliardi di euro nel 2023 e si stima che nel 2024 ci sia stata una crescita del 4,8%. Si sommano qui le entrate dovute ai trasferimenti dal Servizio sanitario nazionale alle strutture private accreditate, la spesa diretta e la spesa intermediata da assicurazioni e fondi integrativi.

La spesa sanitaria privata diretta nel 2023 è arrivata a 42 miliardi di euro, con una crescita del 2,7% rispetto all’anno precedente e ha raggiunto livelli più alti che in altri paesi europei. La spesa intermediata da assicurazioni e fondi sanitari integrativi nel 2023 è stata di 5,9 miliardi ed è salita a 6,4 nel 2024. Essi hanno progressivamente assunto una natura sostitutiva del Servizio sanitario nazionale e sono trainati dal welfare aziendale che in Italia coinvolge milioni di lavoratori. È già questa la realtà del “secondo pilastro”, alternativo alla sanità pubblica, sempre più incoraggiato dalle politiche degli ultimi anni attraverso agevolazioni fiscali e allargamento degli spazi d’azione dei soggetti privati.

Si tratta di un sistema discutibile sia dal punto di vista dell’equità, sia dell’efficienza: esso mette in discussione l’approccio universalista del diritto alla salute, reintroduce un collegamento fra assistenza sanitaria e condizione occupazionale, produce una discriminazione a favore di alcune categorie di lavoratori, escludendo ampia parte della popolazione. Come molti dati dimostrano, le coperture assicurative non migliorano il livello di assistenza, sottraggono risorse alle entrate fiscali, ampliano la presenza delle compagnie assicurative e della sanità privata. 

È così che va prefigurandosi un sistema composto da una sanità pubblica, sempre più impoverita e indebolita, e parallelamente da un “secondo pilastro” privato accessibile solo ai più ricchi (che peraltro lascia al servizio pubblico le attività più costose). Si consolidano gli spazi del mercato, le logiche di profitto, gli interessi particolaristici che aggravano le diseguaglianze sociali. 

È in questa difficile realtà che si rende necessario un impegno collettivo volto a riaffermare la centralità del diritto universale alla salute, quale diritto sociale e di libertà, come sancito dalla nostra Costituzione, in un approccio comprensivo di ogni aspetto legato alla qualità della vita delle persone.

Da qui muove l’iniziativa del Laboratorio su salute e sanità (Laboss), nato tre anni fa nella convinzione che la salute non sia un tema di settore, relegato a un ambito puramente specialistico, bensì un terreno fondamentale per offrire risposte alle istanze di uguaglianza e di libertà. Restituire priorità alla salute per tutte e per tutti e rilanciare i principi costitutivi del SSN è al centro delle iniziative di Laboss che nei prossimi giorni (10-12 settembre) organizza il suo terzo incontro annuale dal titolo La sanità pubblica: la nostra migliore difesa, affrontando i temi della demografia, della prevenzione, della dimensione internazionale della salute e della ricerca.

Di fronte alla narrazione che sostiene l’irreversibilità della crisi della sanità pubblica e prepara lo spostamento della spesa pubblica verso un aumento senza precedenti della spesa militare, iniziative come quelle di Laboss vogliono rimettere questi temi al centro dell’attenzione degli studiosi e delle studiose, dei professionisti e professioniste della sanità, delle organizzazioni sociali e delle forze politiche. Solo una nuova stagione di impegno politico e culturale, di conflitti e mobilitazioni può riaffermare la centralità del diritto universale alla salute, nel rilancio e riqualificazione del Servizio sanitario nazionale, che deve rimanere uno dei capisaldi della giustizia sociale nel nostro paese.