Rapporto Mil€x: è record nel 2025. Via i fondi per l’automotive, verso la spesa militare. Alleanza Clima Lavoro: «No al taglio, scelta autolesionista». Da il manifesto
Nel 2025 la spesa militare in Italia esploderà. Ci perdoni il dio delle figure retoriche, ma non c’è formula migliore per riportare l’aumento macroscopico registrato ieri dall’Osservatorio Mil€x e approfondito da Francesco Vignarca e da Enrico Piovesana in un’analisi congiunta a partire dalla legge di bilancio trasmessa dal governo al parlamento.. L’anno prossimo si parla di una spesa per la difesa pari a 32 miliardi di euro, 13 dei quali andranno ai produttori di nuove armi. Nel rapporto non si esclude nemmeno che la somma possa essere superiore. Considerati i costi e gli investimenti, dentro e fuori bilancio Difesa, per basi militari e altri fondi europei si potrebbe arrivare anche a 33 miliardi di euro.
IL PROSSIMO ANNO la cifra messa a disposizione del ministero della difesa guidato da Guido Crosetto sarà di 31 miliardi e 295 milioni di euro e registrerà una crescita netta di oltre 2,1 miliardi di euro (+ 7,31%) rispetto alle previsioni sul 2024. Per la prima volta nella storia della Repubblica, sarà dunque superata la quota complessiva di 30 miliardi euro all’anno.
Negli ultimi dieci anni, osservano Vignarca e Piovesana, l’aumento della spesa complessiva per la difesa è stato costante e notevole. Nel 2016 – cioè dieci bilanci dello Stato fa – il budget era di 9.423 milioni di euro. Nel 2021era di 24.541 milioni di euro. L’aumento decennale in termini assoluti (senza tenere conto dell’inflazione) è stato di quasi 11,9 miliardi (+61% in dieci anni). Se scorporiamo i costi complessivi per i nuovi armamenti l’aumento è da capogiro. Si spendeva 7,3 miliardi di euro nel 2021, nel 2025 si arriverà a quasi 13 miliardi. L’aumento sarà del il 77%. Il salto maggiore dovrebbe avvenire tra il 2024 e il 2025: in valori assoluti, più di 2 miliardi di euro.
Le somme, precisano i ricercatori, sono il risultato dell’analisi dei fondi che sono in pancia a un altro ministero, quello «delle imprese e del made in Italy» (ex «sviluppo economico») guidato da Adolfo Urso. Nel suo bilancio c’è un fondo da 2,9 miliardi di euro circa e un altro da 330 milioni. Così si arriva alla cifra record di 13 miliardi di euro destinati agli investimenti per le nuove armi previsti nel 2025.
CONSIDERATE le «tabelle» contenute nell’attuale testo della legge di bilancio, ha aggiunto l’osservatorio Mil€x, la spesa militare in rapporto al Pil dovrebbe allora raggiungere l’1,58%. Ancora lontana dal 2% chiesto dalla Nato per la nuova epoca di guerre che aspetta l’Europa, e il nostro paese. Ma la progressione c’è, ed è impressionante.
L’analisi converge con un’altra notizia che abbiamo riportato su Il Manifesto: il taglio di 4,6 miliardi di euro tra il 2025 e il 2030 del Fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive previsto dalla legge di bilancio e il trasferimento di alcune risorse a diverse articolazioni della Difesa. Sarebbero pari a oltre 11,3 miliardi di euro fino al 2039.
UN PROGRAMMA POLITICO, non solo economico, quello del governo Meloni: più armi al posto della transizione ecologica. Un progetto che rientra negli scenari delineati anche dalla Commissione Ue guidata da Ursula Von Der Leyen, oltre che dal rapporto sulla «competitività» dell’Ue scritto da Mario Draghi. Per il segretario Cgil Maurizio Landini il taglio al fondo per l’automotive implica « assumersi la responsabilità di favorire la deindustrializzazione del paese».
«È UNA DECISIONE incomprensibile, miope e autolesionista – hanno commentato ieri le 11 organizzazioni dell’Alleanza Clima Lavoro (dalla Fiom Cgil a Legambiente, da Sbilanciamoci al Wwf – Fare cassa mettendo a rischio il futuro di migliaia di lavoratori e imprese. Il taglio va cancellato. Va investito molto di più su una giusta transizione ambientale e sociale verso una mobilità a zero emissioni».
SULLE IMPRESE della filiera automotive incombe la scure del governo. Ieri l’Osservatorio sulla componentistica dell’Anfia ha presentato un rapporto a Torino. Il 2024 è stato un anno nero per il settore. «Il governo è come Godot che non arriva mai. La fine del fondo è un nonsense politico. Vogliamo un incontro a palazzo Chigi» ha detto Marco Stella, presidente del gruppo componenti Anfia.