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Le intrusioni bancarie di Bisceglie

La magistratura ricostruirà le motivazioni e le reti di contatti, vere o presunte, dello “spione” di Bisceglie, Vincenzo Coviello. Certo che non è una novità il tracciamento finanziario di vip, politici e giornalisti.

Il dossier tra i conti bancari. Ora tra gli “spiati” si valutano i ricorsi così titola il Cds (Corriere della sera) 15 ottobre 2024. Nell’articolo si illustra che i clienti spiati dallo “spione” Coviello sono 3.572 di 679 filiali. Le registrazioni sono 6.637, tra febbraio 2022 e aprile 2024. E 347 accessi, relativi a 261 clienti, sono avvenuti dopo che, in ottobre 2023, a Vincenzo Coviello “era stato intimato di cessare ogni accesso indebito”.

Mi si consenta di aprire una memoria – anzi meglio dire un ricordo, visto che la parola memoria ha un suono ormai troppo solenne – relativa ad anni lontanissimi, quando ero una colonna (colonnetta) di Tomacelli. Tomacelli, anzi Via Tomacelli, prossima al Tevere, a Piazza Colonna e agli altri luoghi del potere, era la sede storica de il manifesto, un quotidiano tutt’oggi attivo, la cui sede però si è trasferita a Trastevere. L’epoca del mio ricordo è un po’ incerta, ma doveva trattarsi dei primissimi anni Novanta. 

Un giorno la direzione mi chiama, probabilmente Parlato, cui gli altri affidavano i compiti materiali, per sapere da me se ho un parente, Ragozzino, al Banco di Santo Spirito. La mia risposta è stata “Boh!?” Perché – proseguiva la direzione – ce n’è uno, un funzionario o dirigente che sia, che si occupa del conto bancario dei Partiti…” “Ma noi che c’entriamo?” “Ti ricorderai che noi manifesto e anche voi, gentaglia dall’oscura origine politica, giornalistucoli da strapazzo… avevamo Partiti alle spalle. Molto più di questo le banche non sanno… hanno conti e clienti danarosi e i tempi del loro apprendimento per le piccolezze sono lunghi…Per cui confondono spesso Partiti e Giornali.” “Va bene. Forse mio padre aveva un cugino in banca, un certo Giulio. Vado a vedere”.

In effetti un cugino c’era e probabilmente si chiamava proprio Giulio. Al Banco Santo Spirito Giulio mi riceve con simpatia e affetto: dopo aver rievocato le rispettive famiglie, nascite e morti, successi e cadute della famigliona – i figli di nonno Guglielmo, capofamiglia, erano undici, e quelli di zio Umberto, fratello del nonno, anch’essi undici, tra i quali Giulio, l’ultimo – ho avuto la mia lezione di tecnica bancaria. “Nella divisione dei compiti – mi ha detto Giulio – a me sono toccati i partiti più piccoli. C’è parecchio da fare. Noi delle banche sappiamo tutto di voi. Nessuno va in giro con pacchi di contanti per le spese maggiori e gli assegni con cui ciascuno di voi paga ogni spesa rilevante sono conosciuti dalla banca in questione. Il governo chiede ogni tanto un meccanismo di controllo interbancario, ma le banche se la ridono: il meccanismo c’è già, solo che lo teniamo per noi. Intanto, se vogliamo, noi Banche sappiamo tutto di tutti: se tu scappi ai Castelli con la tua fidanzata e non vuoi, come giusto, che tua moglie lo sappia, devi sapere però che la Banca, con i tuoi assegni, lo sa, e il quando e il come; è benevola e non dice niente, però lo sa…come sa delle spese, vestiti, collane e tutto il resto”.  

Fin qui la lezione di tecnica bancaria. Per quanto riguarda la banca stessa, in una decina di passaggi il Santo Spirito, fondato da un papa Paolo nel millecinquecento è arrivato in un giro di mezzo millennio o poco meno all’Unicredit.  Unicredit è una delle due Grandi Banche italiane; l’altra, dopo un percorso altrettanto accidentato, è Banca Intesa, quella di cui oggi i giornali discorrono. I libretti degli assegni non li usa quasi più nessuno, siamo passati ad altri strumenti elettronici, all’informatica, ma al signor Coviello, che dalla lontana Bisceglie ha fatto un po’ di ricerche per conto suo e ci ha messo tutti sull’avviso, darei un premio, non un licenziamento.