La sociologa sui dati Istat: «Aumentano i settori in cui non si riesce a vivere: il lavoro povero non è solo nei settori dequalificati, anche gli insegnanti e i ricercatori sono a rischio». Da il manifesto
«A questo punto il salario minimo è necessario».
Professoressa Saraceno, sociologa e esperta di povertà e welfare, il rapporto Istat uscito ieri mattina ci dice che l’economia va meglio ma la povertà ha raggiunto «livelli mai toccati negli ultimi dieci anni».
Rispetto al 2014, un anno già non buono a causa della crisi finanziaria, è cambiato il mondo del lavoro e questo si è tradotto in una riduzione della capacità dei salari di soddisfare i bisogni delle famiglie. Le retribuzioni non sono aumentate, a differenza di altri paesi, e sono state mangiate dall’inflazione e noi sappiamo ormai da tempo che questa colpisce in particolare i redditi bassi che sono concentrati sui bisogni essenziali che non si possono tagliare come cibo, bollette, affitti.
Le misure messe in atto dal governo contro l’inflazione non sono bastate?
Sono stati dati o promessi dei bonus, come quelli per l’energia o le 100 euro della presidente del Consiglio ma non sono sufficienti perché vanno da un certo reddito in su, essendo detrazioni, e di certo non riguardano gli incapienti che rimangono esclusi da queste misure. Non possiamo certo dire che i redditi più bassi sono stati protetti, per i lavoratori più poveri non c’è niente, una una tantum non risolve.
Il Reddito di cittadinanza, che secondo i dati Istat ha salvato dalla povertà 1,3 milioni di famiglie, è stato sostituito dall’Assegno di inclusione (Adi), farà effetto?
Molte famiglie che hanno smesso di riceverlo non riusciranno a entrare nell’Adi per i meccanismi previsti, la platea dei beneficiari sarà molto ristretta e l’effetto protettivo del reddito di cittadinanza, che andava anche ai lavoratori poveri, svanirà. Il governo si affida alla ripresa dell’occupazione ma bisogna vedere chi riguarda questa ripresa e quanto riuscirà a diminuire la povertà.