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Pensioni: il ritorno del Cavaliere nero

Berlusconi ha dato inizio alle danze intervenendo a piedi uniti sul terreno dei pensionati. Anche i partiti progressisti e di sinistra dovrebbero avere proposte chiare su come intervenire su un tema che riguarda milioni di elettori.

Berlusconi ha dato inizio alla sua personale campagna elettorale intervenendo a piedi uniti sul terreno degli anziani pensionati. Non avendo limiti, ha avanzato la proposta di portare a 1.000 euro le pensioni minime, senza naturalmente porsi il problema da dove mai si troverebbero le risorse per le coperture necessarie. Anzi dal centro-destra fioccano le promesse di tagli fiscali, rottamazione delle cartelle, flax-tax… eccetera.

Naturalmente tutti comprendono che tagliare le entrate e aumentare massicciamente le uscite è impossibile. Tuttavia questo sembra non essere un problema per chi pensa di accalappiare voti imbrogliando ancora una volta gli elettori.

Senza curarsi che questo modo di fare sia proprio la causa della disaffezione dei cittadini verso la politica, che spinge molti a disertare le urne creando un problema sempre più grave per la nostra stessa democrazia.

Tuttavia sarebbe sbagliato irridere le proposte di un ex presidente del Consiglio molto avanti con gli anni trattandole come vaneggiamenti di una persona abituata a vendere sogni che molto spesso non si sono tradotti in realtà. 

In questa campagna elettorale, che sarà breve, e dovrà far arrivare messaggi comprensibili agli elettori anche i partiti progressisti e di sinistra dovrebbero avere proposte e idee chiare su come intendono intervenire in materia pensionistica e previdenziale che riguarda milioni di elettori. 

Anche la sinistra deve comprendere che servono interventi sostanziali in una materia che ha subito troppe scorrerie sempre a danno dei lavoratori e dei pensionati. È innegabile che dal governo Monti-Fornero sono venuti tagli e aggiustamenti al bilancio statale pagati a caro prezzo dal mondo del lavoro. 

È assolutamente necessario rimettere sui binari il sistema previdenziale che ha subito riforme che lo hanno devastato. Oggi siamo al punto che i lavoratori non sanno come potranno accedere alla pensione dal primo gennaio 2023.

La caratteristica fondamentale di tutti i sistemi pensionistici è un patto con i cittadini che non dovrebbe essere mai rimesso in discussione. È necessario che si ripristini la fiducia nei lavoratori che pagano i contributi e hanno il diritto di sapere quando e come raggiungeranno la pensione. 

Quindi i partiti della sinistra che si presenteranno al giudizio degli elettori, farebbero bene ad ascoltare le proposte che fa la CGIL, condivise dal sindacato pensionati.

Prima di tutto è fondamentale chiarire cosa succederà tra pochi mesi, dal primo gennaio 2023, poiché il tavolo di confronto promesso dal governo Draghi sembra al momento parecchio compromesso. 

Poiché la legge Fornero ha creato rigidità e penalizzazione che hanno comportato incertezze intollerabili per decine di migliaia di persone, occorre ridare flessibilità e certezze al sistema.

Ricordandoci sempre che per rimediare ai danni provocati dalla legge Fornero sono state necessarie 9 salvaguardie per affrontare il problema degli  ”esodati” e si sono dovute inventare misure come l’Ape e l’Ape sociale oltre all’opzione donna e ai cosiddetti “precoci” per dare una flessibilità raffazzonata alla possibilità di raggiungere il diritto alla pensione.

Le Confederazioni hanno da tempo avanzato proposte che tornino a dare respiro e flessibilità per l’accesso alla pensione.

Si tratta sostanzialmente di ritornare, adattandola ai tempi, allo spirito della riforma Dini del 1995 che aveva quale fondamento la flessibilità di uscita, naturalmente collegata all’importo della pensione. 

La piattaforma unitaria dei sindacati propone di poter accedere al diritto pensionistico con 62 anni di età, e in ogni caso raggiungere il diritto con 41 anni di contributi versati.

Dicano i partiti del centrosinistra cosa pensano di queste proposte. Servono poche regole chiare per rimediare ad una situazione alla deriva. 

Una volta fatto questo, dovremmo occuparci di quello che è il vero problema della previdenza del futuro. Cioè quale pensione avranno i giovani nel futuro.

Abbiamo continuato a ripetergli che il loro sarà un destino di pensionati poveri, anzi si lascia intendere che loro la pensione non ce l’avranno proprio.

In questo modo è chiaro che l’orizzonte si fa molto scuro, perché prima o poi chi pensa di pagare i contributi per gli altri, ma che poi quando toccherà a lui questi non ci saranno più, sarà indotto a rifugiarsi nell’evasione e nel lavoro nero.

Senza contributi versati è assolutamente chiaro che le casse dell’INPS si prosciugheranno molto velocemente così il sistema entrerà in crisi anche per gli attuali 16 milioni di pensionati.

Ecco perché proposte come quelle del Cavaliere possono essere accattivanti ma sono in realtà devastanti per l’intero sistema. Dal 2013 ci abbiamo messo 7 anni per ripristinare il sistema di rivalutazione annuale delle pensioni che era in vigore dal 2008. Quando l’inflazione era bassa, sembrava una richiesta di poco peso. Ora con inflazione alta protegge le pensioni soprattutto le più basse.

Poi ci siamo visti rifiutare per anni qualche centinaio di milioni che servivano per aumentare l’aiuto ai pensionati più deboli e allargare il numero dei beneficiari della” quattordicesima”.  Improvvisamente si troverebbero non milioni ma miliardi, e questo è francamente al limite della provocazione. 

Nessuno dirà mai che €1000 non sarebbero necessari per vivere dignitosamente nelle nostre città. Però i problemi resterebbero tutti e probabilmente il nostro sistema farebbe un passo molto significativo verso il baratro.

Chi ha a cuore l’interesse del paese, l’interesse dei pensionati e ancor di più l’interesse fondamentale per i nostri giovani dovrebbe pensare bene a questa campagna elettorale e far capire agli elettori quale sia la posta in gioco.

*Sergio Perino è segretario generale Spi Cgil Milano

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