L’intervento sulle politiche sociali nella legge di bilancio rischia di aggravare la sperequazione dei livelli dei servizi tra Nord e Sud. Dal Reddito di cittadinanza, ai rifugiati e dalle assunzioni nella sanità al fondo per la non autosufficienza: le proposte di Sbilanciamoci.
Non è la stessa cosa nascere, crescere, invecchiare, fare un figlio, avere una disabilità o una malattia che ti rende non autosufficiente, o ancora, se sei un richiedente asilo, un rifugiato, un minore straniero non accompagnato o una donna vittima di tratta, cercare accoglienza a Trento, a Bologna, in un paese sperduto dell’entroterra appenninico, a Roma o a Reggio Calabria.
Quello che la Legge 328/2000 ha definito come il Sistema integrato dei Servizi Sociali dovrebbe intervenire, almeno in alcuni ambiti, a colmare il divario, ma l’assistenza sociale continua a rappresentare, come è noto, uno dei segmenti più fragili del nostro sistema di welfare. L’incidenza della spesa per i servizi sociali territoriali risulta ancora residuale, pari allo 0,7% del PIL, contro una media UE-28 del 2,5%, il 2,8% della Germania e il 2,1% della Francia (Fonte: Eurostat su dati 2019). Non solo. Tale residualità è aggravata dalla forte differenziazione della spesa sociale comunale: ancora nel 2018 (ultimi dati disponibili), il dato sulla spesa sociale comunale media pro capite nazionale (124 euro) nasconde differenze enormi tra Nord e Sud, tra il minimo di 22 euro pro capite della Calabria e il massimo di 392 euro del Trentino-Alto Adige. (Fonte: Istat, La spesa dei Comuni per i servizi sociali, 23 febbraio 2021).
L’analisi del DDL di Bilancio 2022, presentato dal governo al Parlamento, deve partire da qui e tenere conto di quanto previsto nel famigerato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
Dopo un lungo periodo di sostanziale assenza di investimenti sulle infrastrutture sociali territoriali da parte dello Stato, la trasformazione dei principali fondi sociali nazionali in fondi strutturali, le risorse del Fondo povertà destinate ai servizi, quelle messe a disposizione dai fondi comunitari (Pon Inclusione e Fead) e dal PNRR dovrebbero, secondo il governo, invertire la tendenza (Cfr. Piano nazionale degli interventi e servizi sociali 2021-2023). Tra gli investimenti previsti nel PNRR nel settore sociale, quelli più consistenti riguardano il Piano per asili nido e scuole per l’infanzia (4,6 miliardi), che dovrebbe creare 228 mila nuovi posti per i bambini tra 0 e 6 anni. E i progetti di rigenerazione urbana volti a ridurre “situazioni di emarginazione e degrado sociale” nei comuni superiori ai 15 mila abitanti (3,3 miliardi). 500 milioni di euro dovrebbero servire per prevenire l’istituzionalizzazione degli anziani non autosufficienti, per promuovere l’autonomia delle persone con disabilità e per progetti di housing temporaneo e stazioni di posta per i senza fissa dimora.
Sarà importante monitorare e capire quante saranno le risorse effettive destinate a colmare le diseguaglianze territoriali, come saranno spese e se saranno finalmente premiati i percorsi di co-progettazione dei servizi e degli interventi centrati sulla collaborazione tra i comuni e le realtà sociali.
Cosa è previsto nel DDL di Bilancio 2022
Il Disegno di Legge di Bilancio 2022, riduce al 10% l’Iva sugli assorbenti (art.4), rende strutturale il congedo di paternità di 10 giorni (art.33) stanziando 161 milioni in più sul 2022; stanzia 25 milioni per l’anno 2024 per il Fondo povertà educativa (art. 34), prevede risorse aggiuntive (art. 36) per il Fondo per il sostegno alla parità salariale di genere (52 milioni dal 2023), istituisce un Osservatorio per l’integrazione delle politiche di parità di genere e prevede l’adozione di un piano nazionale (art.37) destinando risorse aggiuntive al Fondo per le politiche per i diritti e le pari opportunità, per 5 milioni di euro a partire dal 2022.
Il cosiddetto Reddito di cittadinanza (Art.21), che un pezzo della maggioranza aveva chiesto di cancellare, rimane, ma le modifiche introdotte segnano un passo indietro: ridotte da tre a due le offerte di lavoro che è possibile rifiutare; diminuito l’assegno di 5 euro al mese dopo il primo no a un lavoro “congruo” (entro 80 km o comunque raggiungibile in 100 minuti con i servizi pubblici); perdita dell’assegno dopo il rifiuto della seconda offerta, considerata “congrua” su tutto il territorio nazionale se riferita a un contratto a tempo indeterminato; taglio dei 2.500 Navigator e consegna alle agenzie interinali private delle attività di inserimento nel mercato del lavoro; previsione dell’obbligo di impiego a titolo gratuito, senza prevedere un principio di volontarietà, da parte dei Comuni di almeno un terzo dei percettori di RdC in progetti utili alla collettività (PUC). E resta il requisito di accesso discriminatorio di 10 anni di residenza per i cittadini stranieri. Quanto agli stanziamenti, il Disegno di Legge di Bilancio incrementa le risorse destinate a finanziare il Reddito di cittadinanza di poco più di 1 miliardo per gli anni 2022-2029, portandolo a 8,7 miliardi nel 2022.
Gli articoli 43 e 44 del Disegno di Legge sono infine dedicati ai LEPS (Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali) nell’ambito della non autosufficienza e delle politiche per la prima infanzia. L’art. 43 incrementa il Fondo per le non autosufficienze con 100 milioni di euro per l’anno 2022, 200 milioni per l’anno 2023, 250 milioni per l’anno 2024 e 300 milioni a decorrere dal 2025. L’art.44 aumenta le risorse del Fondo di solidarietà comunale destinate ad aumentare i posti disponibili negli asili nido portandole a 120 milioni di euro per l’anno 2022, a 175 milioni di euro per l’anno 2023, a 230 milioni di euro per l’anno 2024, a 300 milioni di euro per l’anno 2025, a 450 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2026, 1,1 miliardi a partire dal 2027. Resta invece fermo lo stanziamento strutturale previsto per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, pari a 390,9 milioni di euro.
Le proposte di Sbilanciamoci!
Le proposte di Sbilanciamoci! partono da quattro priorità.
1. Intervenire con urgenza per colmare il grande divario tra Nord e Sud del paese.
2. Fermare l’esternalizzazione e la privatizzazione dei servizi sociali e sanitari, restituendo alle istituzioni pubbliche, un ruolo centrale non solo nell’indirizzo e nella programmazione dei servizi e degli interventi, ma anche nella loro gestione.
3. Ripensare in modo coerente il sistema dei servizi sociali tenendo presente da un lato l’esigenza di creare nuove infrastrutture territoriali, in particolare al Sud, dall’altro la necessità di de-istituzionalizzare il sistema, sviluppando l’assistenza domiciliare e investendo sui percorsi di assistenza personalizzati capaci di favorire l’autonomia della persona.
4. Assumere nuovo personale pubblico qualificato in ambito sociale e sanitario: la pandemia ci insegna ancora una volta che il blocco delle assunzioni imposto per anni in nome delle politiche di austerità ha fortemente indebolito sia il Servizio sanitario nazionale che i servizi sociali territoriali.
Da qui le 27 proposte di dettaglio su servizi e interventi sociali territoriali, salute, disabilità e non autosufficienza, migrazioni e asilo, diritto all’abitare e situazione carceraria che invitiamo a vedere in dettaglio qui.
Tra le molte, la richiesta di incrementare le risorse strutturali per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e per il Fondo per la Non-autosufficienza; un maggiore investimento nella medicina territoriale e nella stabilizzazione del personale medico e sanitario; una riforma del Reddito di cittadinanza, di segno opposto a quello indicato nel DDL di Bilancio, volta ad ampliare (e non a diminuire) e a proteggere meglio i potenziali beneficiari, abolendo tra l’altro il requisito di accesso discriminatorio di 10 anni di residenza; l’assunzione nel complesso di 35 mila operatori tra assistenti sociali, psicologi, mediatori culturali pubblici; l’opzione chiara per un sistema unico pubblico di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati dotato di maggiori risorse; misure urgenti per facilitare il cambiamento di casa alle famiglie sotto sfratto e per contrastare il canone nero e irregolare; investimenti nelle misure alternative alla detenzione in carcere e la legalizzazione della cannabis.
Prenderle sul serio o ignorarle sarà una scelta tutta politica, (almeno in teoria), nelle mani del Parlamento.