Rispondere alle sfide post Covid, cioè assicurare sanità e vaccini a tutti, battere le diseguaglianze, arginare il cambiamento climatico. Insomma a riformare il capitalismo finanziarizzato “che è fallito”. Per Mariana Mazzucato si può fare con politiche di missione su esempio dell’Apollo 11, con lo Stato come pilota.
Per capire chi ha ispirato l’ultimo libro dell’economista Mariana Mazzucato (“Missione economia, una guida per cambiare il capitalismo”; Laterza, aprile 2021) bisogna partire dalla fine. Due sono le tracce su cui si muove, tracce di personaggi evidentemente riconosciuti come leader portatori di messaggi per il futuro del mondo nell’epoca post pandemica. Due donne tra le tante che cita. Il primo spunto è senza dubbio il discorso con cui Ursula von Der Leyen ha presentato il Green Deal europeo. In quella occasione la presidente della Commissione di Bruxelles paragonò la sfida del Vecchio continente di raggiungere la decarbonizzazione totale entro il 2050 e più in generale per salvare la Terra dagli effetti del cambiamento climatico alla missione lunare dell’Apollo 11. “Per l’Europa questo è il momento dell’uomo sulla Luna”, ebbe a dire nel dicembre 2019. Il secondo riferimento cardine su cui si dipana il ragionamento di Mazzucato è ancora di quell’anno: il discorso di Greta Thumberg davanti all’Europarlamento nel quale la giovanissima attivista svedese sostenne che per mettere davvero mano al salvataggio del pianeta servono ai politici surplus di coraggio e visione e si dovrebbe quindi adottare un modo di pensare e di agire sul lungo periodo, un approccio politico che vada oltre la personale esistenza di ciascuno e che finalizzi i gesti e i pensieri al compimento di una missione comunitaria, cioè un cathedral thinking, ovvero un impianto come quello che permetteva la costruzione delle cattedrali gotiche, progetti che coinvolgevano intere comunità dal più misero scalpellino al più ricco regnante.
C’è un po’ di tutto nella guida “intergalattica” di Mazzucato per rendere il capitalismo umano e salvarlo dal fallimento e dalla catastrofe delle sue “esternalità negative” come l’inquinamento. C’è l’attualità di Black Lives Matter e dei ragazzi di Fridays for Future ed Extincion Rebellion, riferimenti a film e a documentari famosi, all’arte e alla letteratura. C’è una rilettura chiara e analitica degli errori economici del New Labour nel voler proseguire anche negli anni Duemila l’impianto del New Public Management (Npm) adottato dalla Thatcher con le privatizzazioni e l’outsourcing, un errore fatale che ha consentito che i cittadini continuassero a essere trattati da clienti mentre lo Stato continuava ad attenersi a una logica costi-benefici e a cedere il passo ai privati come fornitore di servizi. Ma c’è soprattutto una descrizione nei minimi dettagli della “vittoriosa” – parole sue – missione dell’uomo sulla luna, l’Apollo 11. Mazzucato spiega cosa è successo e cosa ha davvero comportato per la Nasa, per Darpa (Defense Advanced Research Projects Agency, l’agenzia governativa per lo sviluppo delle tecnologie militari innovative) e per l’umanità intera in termini di ricadute tecnologiche ed occupazionali.
Kennedy, spiega, riuscì a coinvolgere l’intera società in un “sogno” che andava al di là dell’obiettivo non dichiarato di vincere la guerra fredda con la Russia per il primato tecnologico spaziale e militare. Ma chiarì fin dall’inizio che sarebbero serviti grandi finanziamenti pubblici senza un risultato sicuro. Poi il piano fu messo in atto procedendo per tentativi, con un’ottica interdisciplinare e flessibile, senza compartimenti stagni. L’allunaggio arrivò in anticipo sui tempi prefissati e le ricadute tecnologiche dei finanziamenti pubblici produssero nel tempo non solo la cosiddetta “economia dello spazio” su cui adesso stanno investendo magnati come Elon Musk e Jeff Bezos. Produsse a ricasco il chip al silicio, i computer di dimensioni ridotte e soprattutto internet e tutta una serie di altre innovazioni che sono il nostro presente. Non si tratta di una storiella edificante, l’autrice analizza la missione Apollo 11 e ne fa un paradigma da utilizzare per sfide storiche come raggiungere gli obiettivi Onu dell’Agenda 2030 e rispettare le azioni dell’Ipcc (International panel of climate change) per evitare il rovinoso aumento delle temperature e del livello dei mari.
Mazzucato ha chiaro che la proposta ricalca un’esperienza non propriamente bellica ma che comunque era supportata dal sistema militare-industriale; sostiene però che solo in questo modo l’apparato degli Stati dimostra di essere in grado di affrontare sfide di elevata complessità mobilitando risorse sia pubbliche che private. Si tratta di riconvertire la metodologia a un obiettivo civile e l’Apollo 11 era in effetti il più civile degli obiettivi militari.
La politica si troverebbe dunque di fronte a dover “scegliere i volenterosi”- in questi termini si esprime, l’autrice – sia in ambito pubblico che privato, e ad operare scelte con l’orizzonte di un benessere collettivo maggiore. In questo i decisori sono chiamati a far tesoro degli insegnamenti della pandemia. Si tratta di traghettare il capitalismo, che se continua lo status quo per Mazzucato è incanalato verso il sicuro “fallimento”, in un sistema più inclusivo, sostenibile ecologicamente, dotato di un welfare moderno e di nuovi ammortizzatori sociali per la transizione verso l’economia sostenibile, verso un sistema capace di garantire una copertura sanitaria universale, che includa moratorie sui prezzi de farmaci e sui brevetti dei vaccini, un sistema che tenda a eliminare le diseguaglianze economiche e le discriminazioni razziali e di genere. E si tratta pertanto di trasformare lo Stato da un sistema che socializza i costi dei fallimenti privati e privatizza i profitti dei salvataggi in una macchina efficiente e dinamica di market-sharper, cioè orientata all’innovazione.
L’idea di fondo è mettere insieme tutte queste sfide utilizzando l’insegnamento dello sbarco sulla luna: creare una politica mission-oriented, guidata da decisori pubblici dotati di questa visione di lungo respiro, capaci di assumersi responsabilità e rischi, imparando da Keynes, Roosevelt, e Galbraith ma indipendentemente dal ciclo economico. Mazzucato declina il tutto in metodologie e pilastri, cioè principi fondamentantali da seguire, come la co-partecipazione pubblico-privata in cui lo Stato si assuma un ruolo di scopritore e selezionatore di talenti, oltre che come fornitore di capitale a rischio per start up innovative, come un grande “pilota” della missione capace di sfruttare al meglio le capacità in house, senza appaltare la regia ai privati.
Il linguaggio del libro è agile, comprensibile a tutti, senza economicismi. Il target dell’opera divulgativa è senza dubbio da una parte i policymakers, i politici più scettici sugli obiettivi del Millennio, dall’altra i giovani interessati all’ambiente come quelli del movimento Fridays for future e dei movimenti, i sindacati, gli stakeholders o portatori di interessi, da coinvolgere nel progetto.
L’Italia nel libro è citata soprattutto per essere in fondo all’indice per la digitalizzazione dell’economia e della società. Nella parte finale dei ringraziamenti viene però citato Giuseppe Conte, “ex presidente del Consiglio che scegliendomi – scrive l’autrice – come consigliera economica mi ha permesso di contribuire a strutturare il piano di ripresa post Covid adottando l’approccio mission-oriented come quadro di riferimento per rafforzare le sfide del paese in materia di clima, salute, digitalizzazione”. Una delle moltissime consulenze a cui Mazzucato è stata chiamata a livello internazionale, ma che qui si merita un richiamo particolare. Nessuna citazione viene fatta invece di Mario Draghi, se non per quel suo famoso motto “whatever it takes” che per Mazzucato dovrebbe però essere applicato ai problemi sociali, eliminando la logica dei budget fissi basati su risultati di breve periodo e smettendo quindi di pensare alle finanze statali come il “buon padre di famiglia” che non spende per non incrementare il debito. Perché, evidenzia l’autrice, “non si deve confondere il bilancio delle famiglie con le finanze degli Stati” ed “è la spesa stessa che crea denaro”. La logica dell’austerità per lei è solo in un passato che si rifiuta di morire e rischia di portare a fondo il futuro.