I rossi e i verdi/I processi di mobilitazione sono stati in grado di politicizzare il discorso pubblico. Perchè in Italia questo non è successo
Il legame tra sinistra politica e movimenti sociali è centrale, anche se mai semplice, in ogni contesto politico. La sinistra non esiste nel vuoto dell’apatia sociale. Non si tratta di un legame deterministico, ma di un processo complesso e dialettico, strettamente legato alle dinamiche di socializzazione e politicizzazione dei soggetti sociali e del discorso pubblico. Non è un caso che le elezioni europee del 25 maggio abbiano visto successi rilevanti delle forze di sinistra in tutti i paesi che hanno vissuto, negli ultimi 5 anni, fortissime esperienze di mobilitazione generale di grandi fette della popolazione contro le politiche di austerity: Syriza al 26,6% in Grecia, Izquierda Unida al 10% e Podemos all’8% in Spagna, Partito ComunistaVerdi al 12,7% e Blocco di Sinistra al 4,6% in Portogallo.
Contesti diversi, come le proposte politiche, ma caratterizzati da un tratto comune: si sono rivolte a una società sveglia e attiva, attraversata da conflitti e mobilitazioni che hanno segnato e politicizzato il discorso pubblico sulla crisi. La crisi non genera automaticamente una svolta a sinistra, ma indebolisce il consenso delle forze politiche dominanti e apre lo spazio per proposte alternative, basate su letture diverse della crisi, dei suoi responsabili e delle ricette da attuare per uscirne. Il frame proposto dalle forze di sinistra raccolte intorno al greco Tsipras come candidato alla presidenza della Commissione Europea, basato sull’individuazione nell’élite finanziaria dei responsabili della crisi e delle politiche di austerity imposte dalla troika come ricetta sbagliata e controproducente, ha coinciso con una narrazione già presente nel discorso pubblico in Grecia, Spagna e Portogallo, grazie all’azione dei movimenti.
Non sono stati i movimenti a generare il consenso della sinistra, ma sono stati i movimenti a offrire uno spazio di socializzazione e politicizzazione, in cui si è diffusa una determinata lettura della crisi e delle ricette ad essa collegate. I movimenti hanno costituito quindi un canale di informazione e partecipazione politica, di costruzione, diffusione e condivisione di senso intorno alla crisi.
In Italia, tutto questo, non è successo, il paese non ha vissuto una mobilitazione generale contro l’austerità in grado di coinvolgere l’intera popolazione e il discorso pubblico sulla crisi è rimasto a disposizione di chi propone frame diversi, da quello della casta a quello della rottamazione. A mobilitazioni più settoriali ha corrisposto un successo della sinistra più settoriale. L’esempio più evidente è quello dell’elettorato giovanile: secondo i dati dell’Ipsos, la lista di sinistra L’Altra Europa con Tsipras, a fronte di un 4,03% tra gli elettori, ha ottenuto un 8% tra gli studenti, un 7,6% tra gli elettori tra i 18 e i 24 anni e un 6% tra quelli tra i 25 e i 34. Mentre Pd e Fi si caratterizzano come partiti di pensionati e casalinghe (che costituiscono il 43% dell’elettorato di Renzi e il 50% di Berlusconi), la sinistra ha successo, seppur limitato, nelle fasce della popolazione più politicizzate. È impossibile non vedere in questi dati l’impatto dei movimenti studenteschi degli ultimi 5 anni, un processo di mobilitazione e partecipazione di massa, in particolare nelle scuole e nelle università, che ha prodotto, in questa fascia della popolazione, un dato di politicizzazione ben superiore alla media. A questo va unito il dato de L’Altra Europa con Tsipras nelle grandi città: 6,2% a Roma, 6,5% a Firenze, 9,77% a Pisa, 8,9% a Bologna, 5,8% a Venezia, 6,5% a Milano, 6,6% a Torino, 5,5% a Genova, 5,7% a Napoli, 6,1% a Bari, 5,3% a Palermo. Contesti sia sociali sia geografici che negli ultimi 5 anni sono stati attraversati da processi di mobilitazione in grado di politicizzare il discorso pubblico sulla crisi sono risultati più reattivi della media a una proposta politica di sinistra.