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Alla Fao una battaglia vinta per il cibo

Alla Fao, un round alla società civile: i diretti interessati e le loro organizzazioni entrano nel board sull’emergenza alimentare. Sconfitte le pressioni dei soliti noti

Premessa

La crisi alimentare è esplosa come questione mondiale alla fine del 2007. Nell’aprile del 2008, il segretario generale delle Nazioni Unite ha istituito una High-Level Task Force (HLTF), che ha coinvolto 22 istituzioni delle Nazioni Unite e di Bretton Woods, per lavorare ad un piano coordinato di risposta multilaterale. Entro il mese di luglio dello stesso anno il HLTF ha pubblicato un quadro generale di azione per affrontare la crisi, un documento predisposto dal Segretariato delle agenzie senza un avallo politico da parte dei governi. Quasi simultaneamente, il presidente francese Sarkozy proponeva una Global Partnership per l’agricoltura e l’alimentazione composta da istituzioni intergovernative, settore privato, mega fondazioni e società civile. Quando, nel luglio 2008, il G8 si è riunito, ha fatto sua questa proposta sottolineando la necessità di creare una nuova struttura finanziaria per sostenere la ricerca e lo sviluppo del settore agricolo. L’eccessiva vaghezza della proposta di questa Global Partnership e la prospettiva di nuovi meccanismi finanziari ha allarmato le istituzioni alimentari e agricole delle Nazioni Unite con sede a Roma (FAO, IFAD, WFP). Il direttore generale della FAO ha lanciato la controproposta di trasformare il Comitato sulla Sicurezza Alimentare mondiale UN/FAO (CFS), nel quale tutti i governi partecipano su base paritaria, in un organo globale di attuazione delle politiche. Ad una importante conferenza alimentare tenutasi a Madrid alla fine del gennaio 2009, le proposte alternative si sono scontrate. La FAO si è imposta, con l’appoggio del G77, e ci si è accordati che, almeno per il momento, al CFS sarebbe stata data l’occasione di riorganizzarsi in un più forte strumento di politica globale. E’ così cominciato un processo di negoziazione che è culminato il 17 ottobre a Roma nella sessione finale dell’incontro annuale del Comitato sulla Sicurezza Alimentare Mondiale, che è descritto qui di seguito.

Applausi alla Fao

In una città italiana, sabato 17 ottobre, in una sala affollata, il pubblico si è alzato in piedi ed ha applaudito per cinque lunghi minuti. No, non era l’apertura della stagione operistica della “Scala”. Era la sessione finale del finora ininfluente Comitato sulla Sicurezza Alimentare Mondiale (CFS) dell’organizzazione alimentare e agricola delle Nazioni Unite (FAO).

Cosa era accaduto per accendere un tale entusiasmo? Nel corso del 2007, un drammatico aumento dei prezzi alimentari e le conseguenti rivolte che si erano succedute nelle città in ogni parte del mondo avevano rivelato l’assoluta necessità di rivedere le regole del gioco alimentare mondiale. Adesso, a quasi due anni di distanza da questi eventi, i 191 governi che formano la FAO hanno adottato, per acclamazione, una proposta di riforma del CFS. Quest’ultimo, che era stato per più di 30 anni un inconcludente salotto di chiacchiere, è stato riorganizzato per agire come un forum globale di attuazione delle politiche, in grado di deliberare sulle questioni alimentari in nome della difesa del diritto al cibo in tutto il mondo.

Gli interessi geo-politici ed economici in gioco erano giganteschi, con le corporazioni agro-alimentari e gli strenui difensori del libero scambio tra i contendenti più aggressivi. Essi insistevano per uno scenario alternativo, una Global Partnership per cibo, agricoltura e nutrizione nella quale – nell’assenza di un qualsiasi chiaro meccanismo di governance – le decisioni rischiavano di essere prese dalle solite facce: il G8 (vestito per l’occasione con gli abiti eleganti del G20) che avrebbe canalizzato i fondi attraverso la Banca Mondiale e gli operatori finanziari e societari che avrebbero perpetuato il loro incontrollato banchetto.

Un paese, un voto

Ma stavolta non hanno vinto loro. Sotto la guida appassionata e intelligente del Rappresentante Permanente dell’Argentina alla FAO, che operava come CFS Bureau Chair, il processo di negoziazione ha fatto l’inusuale scelta di aprirsi, oltre che al Bureau, a tutti i membri della FAO e a tutti i soggetti interessati coinvolti, inclusi i rappresentanti della società civile. Le organizzazioni dei piccoli produttori di cibo del Sud e le Organizzazioni non governative hanno dato un contributo fondamentale, facilitati in questa azione da un meccanismo globale che essi stessi avevano costruito nella passata decade sotto la bandiera della sovranità alimentare. Meeting dopo meeting le idee sono state messe a punto, sono state appianate le incomprensioni, si sono siglati compromessi. Alla fine la maggioranza dei partecipanti, dal G77 all’EU, ha fatto proprie le idee guida della proposta. Il CFS si sarebbe basato sul sistema delle Nazioni Unite nel quale, nonostante tutti i suoi difetti, prevale la regola del “un paese, un voto”. Avrebbe avuto l’autorità di formulare e approvare un quadro strategico globale per conseguire una strategia alimentare globale. I governi si sarebbero impegnati a trasformare questo quadro in piani di azione nazionali con la partecipazione dei soggetti interessati e sarebbero inoltre stati ritenuti responsabili dei risultati.

Così, per la prima volta nella storia del sistema delle Nazioni Unite, i rappresentanti dei piccoli produttori di cibo e delle altre organizzazioni della società civile, assieme alle associazioni del settore privato e ai soggetti interessati, potrebbero essere attori e non solo spettatori del processo inter-governativo.

Quando la delegazione USA è arrivata con un testo alternativo dell’ultimo minuto cercando di ridurre il ruolo del CFS ad una piattaforma per lo scambio di “buone pratiche”, la mozione è stata dichiarata inammissibile. Un discorso conciliatorio, poco prima del voto finale, del nuovo ambasciatore statunitense alla sede di Roma delle Nazioni Unite, nominato da Obama, ha fatto chiaramente capire che il messaggio era stato recepito.

Il terreno guadagnato deve ora essere difeso. Il nuovo CFS deve essere messo alla prova. Il Summit Mondiale della FAO sulla Sicurezza Alimentare e il parallelo forum della società civile, che si terrà a Roma a metà novembre, sarà un’occasione importante per ulteriori riflessioni e interventi. Nel frattempo, lo scorso sabato, i governi, i contadini, i pastori, i pescatori artigianali, le popolazioni indigene e tutti gli altri presenti a Roma nella sala del meeting della FAO, hanno potuto celebrare un momento di vittoria e di solidarietà.

Per la storia completa dell’interazione fra società civile e sistema delle Nazioni Unite sulle questioni alimentari e agricole vedi Nora McKeon, The United Nations and Civil Society : Legitimating Global Governance- Whose Voice ? (ZED Books/UNRISD : 2009). Per informazioni sui negoziati del CFS e i sui documenti finali vedi http://www.fao.org/economic/cfs09-home. Le posizioni dei piccoli produttori alimentari e delle Organizzazioni Non Governative e i piani per il forum della società civile di Novembre sono disponibili su www.foodsovereignty.org. Vedi anche Luca Colombo e Antonio Onorati, Diritti al cibo! Agricoltura sapiens e governance alimentare. (Jaca Book, 2009).