Sapete cosa indica l’acronimo CMU? Se la risposta è no, dovreste preoccuparvi. Se la risposta è si, dovreste già essere preoccupati. Forse anche la parola cartolarizzazioni vi suonerà ostica. Ma se iniziamo a parlare di mutui subprime o di fallimento della Lehman Brothers, probabilmente tornano alla mente ricordi non troppo lontani. Ogni vertice internazionale si era chiuso con […]
Sapete cosa indica l’acronimo CMU? Se la risposta è no, dovreste preoccuparvi. Se la risposta è si, dovreste già essere preoccupati. Forse anche la parola cartolarizzazioni vi suonerà ostica. Ma se iniziamo a parlare di mutui subprime o di fallimento della Lehman Brothers, probabilmente tornano alla mente ricordi non troppo lontani. Ogni vertice internazionale si era chiuso con solenni promesse sul fatto che un disastro del genere non si sarebbe mai più ripetuto, che il colossale casinò finanziario sarebbe stato chiuso.
Era meno di dieci anni fa, ma sembra un’altra era geologica. Perché non solo poco e nulla è stato fatto, ma l’idea stessa di regolamentazione finanziaria è “passata di moda”. La tassa sulle transazioni finanziarie è impantanata da anni tra discussioni infinite. Di separazione tra banche commerciali e di investimento invece non si parla nemmeno più.
Al contrario, oggi si riparte come e peggio di prima. Malgrado le montagne di soldi immesse sui mercati dalla BCE con il suo quantitative easing, l’economia non riparte, la disoccupazione rimane inaccettabile, la fiducia è ai minimi, l’intero continente è sull’orlo della deflazione. Bene, la colpa non è di sciagurate politiche di austerità, di diseguaglianze inaccettabili, di un sistema finanziario fine a sé stesso che non sostiene l’economia ma la danneggia. Secondo il ritornello passato dalle lobby alle istituzioni europee, è l’esatto opposto: per definizione, la finanza pubblica è il problema, quella privata la soluzione. Se c’è la crisi serve ancora più finanza, ancora più liberalizzazione, dobbiamo sviluppare canali di credito alternativi al sistema bancario.
Ecco l’idea della CMU o Capital Markets Union: ripartire con cartolarizzazioni, sistema bancario ombra e libertà di movimento per i capitali. Proprio alcuni dei meccanismi maggiormente responsabili per il disastro del 2007. La CMU non è la sola iniziativa dell’UE, dietro il nome di una migliore regolamentazione o “Better regulation agenda” la Commissione intende verificare quali normative siano eccessivamente stringenti o pesanti per il funzionamento dei poveri mercati finanziari europei. Perché il problema di artigiani e commercianti in Italia non è la mancanza di domanda legata alle diseguaglianze, ma la difficoltà di cartolarizzare i propri crediti… Perché la disoccupazione giovanile non è esasperata dalla mancanza di investimenti pubblici, la colpa è di un sistema bancario ombra non abbastanza esteso… Com’è possibile che a meno di dieci anni dalla peggiore crisi finanziaria della storia, non solo ci si è già dimenticati tutto, ma si ascoltino simili assurdità?
È possibile perché da un lato c’è una spropositata pressione delle lobby, e dall’altro nulla, o quasi. Guardiamo cosa è avvenuto con il TTIP. Il negoziato doveva rimanere nel più completo segreto e concludersi anni fa. Una mobilitazione sempre più forte, dal basso, l’ha fatto emergere, ha costretto governi e istituzioni a parlarne, i media a interessarsene. Oggi il percorso è rallentato, e l’impegno di milioni di persone alimenta la speranza di bloccarlo del tutto. E sulla CMU? Sulla finanza in generale? Eppure quali sono gli impatti di questo sistema finanziario sulle nostre vite, sull’alimentare diseguaglianze e disastri economici? Quali sarebbero le ricadute di un’altra crisi finanziaria come quella del 2007? Quale Paese, con le finanze pubbliche nelle condizioni attuali, potrebbe mettere in campo nuovi piani di salvataggio?
Ecco perché, come per il TTIP, come per le battaglie ambientali e sui cambiamenti climatici, è urgente e necessario formarsi, informarsi, parlare, agire. Noi ci proviamo. Su Non Con I Miei Soldi abbiamo parlato di CMU diverse volte; abbiamo ripreso l’appello di 80 esperti europei; ne abbiamo parlato sul libro appena pubblicato con Altreconomia e pensato come un sussidiario di autoformazione alla finanza. E torneremo a parlarne. Perché siamo convinti che dobbiamo occuparci di finanza perché, volenti o nolenti, la finanza si occuperà di noi. E perché le lobby vincono soprattutto sul piano culturale, molto prima che non intervenendo sulle singole leggi e normative. E noi non vogliamo dargliela vinta.
Questo articolo è stato pubblicato su Comune-info