I sei punti dell’agenda che i movimenti antirazzisti stanno proponendo in queste settimane ai candidati alle elezioni europee L’Europa diseguale, escludente, chiusa nelle mura della sua fortezza è davvero l’unica strada possibile e, soprattutto, è la strada giusta? Il modello economico e sociale plasmato dall’egemonia neoliberista ci consegna un’Europa divisa che mette in competizione tra […]
I sei punti dell’agenda che i movimenti antirazzisti stanno proponendo in queste settimane ai candidati alle elezioni europee
L’Europa diseguale, escludente, chiusa nelle mura della sua fortezza è davvero l’unica strada possibile e, soprattutto, è la strada giusta? Il modello economico e sociale plasmato dall’egemonia neoliberista ci consegna un’Europa divisa che mette in competizione tra loro proprio le fasce di popolazione più colpite dalla crisi: giovani contro adulti e anziani, disoccupati contro lavoratori, lavoratori precari contro lavoratori dipendenti, lavoratori dipendenti contro lavoratori autonomi e cittadini comunitari contro cittadini di paesi terzi. Tutti gli uni contro gli altri armati perché è stato spiegato loro che il lavoro, la salute, l’istruzione, l’abitare in una casa decente sono ormai non diritti ma privilegi che non possono essere garantiti a tutti. Anzi sono stati ridotti a “costi” da tagliare il più possibile.
Persino nel mondo degli economisti di sinistra vi è chi considera i lavoratori migranti soprattutto come un “fattore” che contribuisce all’abbassamento dei costi del lavoro e che grava sul nostro sistema di welfare, guardandoli quando va bene con accondiscendente “tolleranza”, quando va male come un lusso “insostenibile” di cui occorre limitare la presenza. Ma nel mondo post-globale in cui capitali e merci circolano liberamente e le imprese possono trasferirsi di volta in volta laddove il costo del lavoro costa meno, mentre le diseguaglianze di reddito e di ricchezza continuano ad aumentare sia tra i nord e i sud del mondo che all’interno dei singoli stati, pretendere di fermare la circolazione delle persone è un’autentica chimera. Lo dimostrano per altro le politiche securitarie portate avanti sino ad oggi: anni di chiusura delle frontiere, di controllo dei mari, di respingimenti illegittimi, di detenzioni arbitrarie, di violazioni dei diritti umani non hanno fermato gli arrivi dei migranti in Europa, pur essendo stati al centro dell’impegno pubblico a livello politico, normativo e finanziario.
Le scelte discriminatorie e proibizioniste nei confronti dei migranti hanno semmai aperto il varco a politiche escludenti per tutti nel lavoro come nel welfare: le discriminazioni dei migranti non generano più diritti per i “nazionali”, semmai aprono la strada a una progressiva riduzione dei diritti di cittadinanza per tutti. Se si parte da qui, l’agenda che i movimenti antirazzisti stanno proponendo in queste settimane ai candidati alle elezioni europee può essere condivisa da chi vuole costruire l’altra Europa, un’Europa meno diseguale e più giusta.
Primo fra tutti, deve essere garantito il diritto di arrivare e di chiedere asilo facilitando l’ingresso “legale” per motivi di lavoro e di ricerca di lavoro, riformando il Regolamento Dublino III con l’abolizione dell’obbligo di presentare richiesta di asilo nel primo paese di arrivo, sospendendo gli accordi esistenti con i paesi terzi che non offrono adeguate ed effettive garanzie del rispetto dei diritti umani.
Secondo: l’Europa deve cancellare la vergogna dei centri di detenzione.
Terzo: l’Unione Europea dovrebbe ratificare la Convenzione sui diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, adottata nel 1990 dall’Assemblea delle Nazioni Unite, che prevede tutele contro lo sfruttamento e il lavoro forzato. Non è stata ancora ratificata da parte di nessun paese europeo.
Quarto: occorre armonizzare le legislazioni nazionali sul diritto di voto amministrativo, ancora oggi negato ai cittadini stranieri non comunitari residenti in Italia, in Francia e in Germania e sull’acquisizione della cittadinanza del paese di residenza da parte dei cittadini stranieri stabilmente soggiornanti, in primo luogo da parte dei “figli dell’immigrazione”.
Quinto: l’Ue dovrebbe assumere la prevenzione e la tutela contro le discriminazioni istituzionali nel welfare come una priorità, con particolare riferimento alla tutela dei diritti dei minori e del diritto allo studio.
Sesto: l’Europa dovrebbe sanzionare i paesi che, come l’Italia, hanno istituzionalizzato il sistema dei “campi nomadi” facendo in modo che questi spazi di segregazione sociale e culturale scompaiano definitivamente dal suo territorio.
Non è un’agenda rivoluzionaria. Vedremo chi sarà disposto a sottoscriverla.