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Come rifare il welfare e lo spazio pubblico

Camusso, Saraceno, Ascoli, Granaglia, Mirabile, Marcon: riflessioni e impegni alla presentazione del “manifesto per un welfare del XXI secolo”

Dodici sono i punti programmatici del manifesto per un welfare del XXI secolo (vedi www.sbilanciamoci.info), promosso dalla Rivista delle Politiche Sociali, e presentato a Roma presso la sede della Federazione nazionale della stampa italiana il 22 marzo scorso. Come dichiarato in apertura della conferenza stampa dalla direttrice della Rivista, Maria Luisa Mirabile, obiettivo ultimo dell’iniziativa è quello di dar voce a una protesta sociale e aprire una campagna di sensibilizzazione che permetta di (ri)dare allo stato sociale il giusto spazio all’interno dell’azione pubblica.

Nell’ultimo anno i tagli al welfare sono stati di ben due miliardi di euro. Il sistema di protezione sociale italiano è carente e distribuito sul territorio in modo diseguale. Tuttavia, come sottolineato durante il suo intervento da Chiara Saraceno del Wissenschaftszentrum fur Sozialforschung di Berlino, la crisi del welfare italiano ha radici molto più profonde che travalicano le innegabili colpe dell’attuale governo. Il quale vede il welfare unicamente come una spesa improduttiva, un lusso che l’Italia non può più permettersi. Al contrario, continua Chiara Saraceno, è un investimento che influenza positivamente non solo la coesione sociale ma anche la crescita, attraverso il canale dei consumi. Non si tratta, dunque, di una spesa improduttiva né tantomeno di un “attrezzo del Novecento”, un retaggio del passato inutile e costoso.

Esistono tuttavia importanti vincoli all’attuazione di un nuovo sistema del welfare quale quello auspicato dal Manifesto. Vincoli di cui Ugo Ascoli e gli altri membri del Comitato scientifico della Rivista sono ben consapevoli. Ma le difficoltà non possono diventare un alibi per l’inazione. Sarà dunque vero che, con un debito pubblico che sfiora il 120% e gli effetti della crisi economica ancora in atto, l’Italia non possa permettersi un nuovo welfare? A questa domanda ha risposto Elena Granaglia, professoressa all’Università Roma Tre e membro del Comitato scientifico della Rivista. I vincoli alla realizzazione di un nuovo stato sociale esistono ma sono sormontabili. Non sono solo vincoli di bilancio in senso stretto ma anche relativi alla struttura della società, alla distribuzione del reddito e quindi, in definitiva, alla disuguaglianza. Questi vincoli non impediscono di agire perché non c’è contrasto tra uguaglianza sociale e crescita, tra uguaglianza sociale e efficienza economica.

Come sottolineato da Giulio Marcon, portavoce di Sbilanciamoci!, esistono determinati diritti sociali che, a prescindere dai vincoli di bilancio, non possono non essere garantiti. Esistono inoltre azioni che i governi possono intraprendere anche spendendo poco o, come nella maggior parte dei casi, reindirizzando delle spese e tagliando degli sprechi. Basti pensare a investimenti di dubbia utilità come il ponte sullo stretto di Messina e ai circa 300 milioni andati in fumo per il mancato accorpamento del referendum con le amministrative.

Susanna Camusso, segretaria generale della Cgil, ha messo in luce come una visione del welfare di tipo caritatevole, come momento di spesa che aggrava le già vuote casse dello stato, sia alla base della sua stessa crisi. Il passaggio, poi, da un welfare familiare, inteso come integrazione dell’attività dei nuclei familiari, a un welfare di cittadinanza, sarà, secondo Susanna Camusso, un punto cruciale sul quale confrontarsi nell’elaborazione di un nuovo sistema di stato sociale.

I promotori dell’iniziativa, membri del Comitato scientifico della Rivista delle Politiche Sociali, avvieranno un processo di raccolta di adesioni al Manifesto. Durante la conferenza Armando Zappolini, della Campagna I diritti alzano la voce, e Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci!, hanno formalmente confermato l’adesione delle rispettive campagne al progetto. L’auspicio è che il Manifesto non solo venga ampliato ma soprattutto riesca ad aprirsi al confronto con gli altri movimenti sociali, come quello a difesa dell’istruzione pubblica e dei beni comuni, che da anni portano avanti rivendicazioni sul welfare. Solo così si potrà dar vita a un largo movimento d’opinione in grado di ripensare adeguate strategie dell’intervento pubblico volte a creare un nuovo welfare. Welfare necessario non solo come indispensabile strumento a garanzia e tutela della coesione sociale o come fattore di investimento, moltiplicatore di risorse e attivatore di capacità; ma anche e soprattutto come strumento in grado di ampliare la possibilità di scelta dei singoli individui, per permettere loro di poter costruire e ripensare il proprio futuro. Con la precarizzazione del mondo del lavoro e dalla riduzione dei diritti sociali e dei lavoratori, un adeguato sistema di welfare garantisce la continuità del reddito nella discontinuità del lavoro.