Le grandi imprese transnazionali hanno fatto un salto di qualità. È un disegno ‘imperialista’, finalizzato alla colonizzazione di nuovi mercati e all’espansione della massa di informazioni da archiviare, rielaborare e vendere. Da Collettiva.
La tendenza alla concentrazione di potere economico e tecnologico è un tratto distintivo del sistema capitalistico, sin dalle sue origini. Autori come Marx, Schumpeter, Hilferding e Lenin riconoscono nei grandi oligopoli tecnologici il motore fondamentale delle trasformazioni economiche e sociali del loro tempo nonché la causa primaria di diseguaglianza, instabilità politica e guerre. Nella seconda metà del Novecento, i teorici del ‘Capitale Monopolistico’[1] riportano le grandi imprese transnazionali e il loro potere al centro dell’analisi. La capacità che queste entità hanno di controllare lo spazio economico, abbattendo barriere spazio-temporali, vincoli politici e imponendo una ‘divisione del lavoro’ funzionale ai loro obiettivi strategici, viene individuata come la causa principale delle crescenti diseguaglianze e dei divari di sviluppo tra Paesi.
Con l’avvento delle grandi piattaforme digitali[2] tale processo di concentrazione del potere sperimenta un salto di qualità.