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Lotta all’evasione: come si fa?

In tempi di manovra, si torna a parlare di evasione fiscale. Ecco alcune misure per uscire dal bla-bla e cominciare a farla davvero. L’elenco è aperto…

Lottare contro l’evasione fiscale è facile a dirsi, difficile a farsi. Né esistono misure in grado di produrre risultati sostanziali in tempi brevi e a costi contenuti. C’è chi sostiene che questa malattia – comune a quasi tutti i paesi mediterranei – sia imputabile alla religione cattolica che consente perdono e ravvedimento con la confessione. Vero o non vero (ma l’ipotesi è interessante), la lotta al sommerso è un must assoluto. Proviamo a elencare alcune misure, nessuna decisiva e tutte complementari tra loro, che dovrebbero concorrere a ridurre l’incentivo a produrre e guadagnare in nero (e che – cosa fondamentale – costano poco e possono essere implementabili rapidissimamente).

  1. Tracciabilità dei pagamenti mediante carte di credito e/o bonifici bancari: in molti paesi europei la soglia massima per pagamenti cash è ridotta a 1.000 euro. Non c’è motivo perché da noi sia più elevata;

  2. Tracciabilità dei trasporti su strada: era presente nella prima versione della manovra, ma è sparita dalla seconda. La stessa ministro Prestigiacomo l’ha definita un regalo alle mafie;

  3. Deduzione al 100% di spese mediche; di spese per la manutenzione e la riparazione della casa; di premi assicurativi sulla vita e contributi previdenziali di ogni tipo;

  4. Invio periodico a lavorativi autonomi e piccoli imprenditori da parte del ministero delle finanze di informative che indichino la posizione della propria dichiarazione dei redditi rispetto agli indicatori forniti da studi di settore di categoria e territorio. Posto che la tassazione basata unicamente sugli studi di settore è inopportuna e facilmente opponibile, sapere che la propria dichiarazione si trova nella coda della distribuzione – se, ad esempio, fosse metà della media – rispetto agli altri contribuenti nella stessa categoria e nello stesso ambito territoriale, può essere un segnale dimostrativo della capacità di controllo del ministero;

  5. Controlli da parte dell’Inps di irregolarità che costano carissime alle casse dell’Istituto. Ad esempio quelle che riguardano l’utilizzo delle liste di mobilità da parte delle imprese. l’impresa A mette in mobilità 10 operai; contestualmente il padrone o chi per lui crea l’impresa B che assume i 10 operai godendo della esenzione contributiva che spetta alle imprese che prelevano dalle liste dei lavoratori in mobilità. La maggior parte di questi controlli sono eseguibili automaticamente con procedure esistenti.

Per contro, i controlli sul campo da parte di Inps, Inail, ministero delle finanze sono costosissimi e non possono essere fatti su larga scala. Hanno senso solo se sono assai mirati e indirizzati ai grandi evasori potenziali. Una visita di controllo su una piccola azienda richiede come minimo 10 giorni-uomo, con un costo non inferiore a 2.000 euro. Se anche si giungesse ad accertare una evasione tra tasse e contributi di 20 mila euro, la riscossione effettiva può richiedere anche 10 anni ed è sempre ad alto rischio: l’impresa può fallire o meglio, essere fatta fallire, per rinascere immediatamente con altra ragione sociale e altra figura proprietaria.

Qualunque azione volta a mettere in contrasto l’interesse del consumatore e quello del produttore va nella direzione giusta (che sia un produttore di servizi come il medico, l’avvocato, l’elettricista poco importa; né importa se da un lato c’è l’imprenditore, consumatore di lavoro, e dall’altro il dipendente che ne è il produttore). Speriamo che la nostra sinistra la smetta di evocare in modo generico la lotta all’evasione, e passi alla immaginazione di misure concrete, semplici e attuabili subito. Quelle qui elencate non sono che le prime che vengono in mente. Ce ne sono sicuramente altre. Forza con l’immaginazione!