Volentieri segnaliamo e rilanciamo la recensione di Giso Amendola sulle colonne de “il manifesto” all’e-book di Sbilanciamoci! “L’epidemia che ferma il mondo. Economia e società al tempo del coronavirus”, gratuitamente scaricabile su questo sito.
Il grande sonno degli impianti di produzione e delle città, accompagnato dal ronzio del calcolatore: la premonizione da Le mosche del capitale di Paolo Volponi è la prima scena dell’e-book collettivo di «Sbilanciamoci!», L’epidemia che ferma il mondo. Economia e società al tempo del coronavirus, curato da Angelo Mastrandrea e Duccio Zola (scaricabile gratuitamente dal sito www.sbilanciamoci.info).
Il mondo che si ferma è, molto concretamente, quello della produzione; più precisamente, a interrompersi sono le catene globali della produzione di valore. Le conseguenze, avverte Mario Pianta, «potranno essere superiori a quelle della crisi finanziaria del 2008»: l’instabilità costitutiva della finanza globale è ora accompagnata dall’incrociarsi di crisi della produzione e blocco dei consumi. La conseguenza immediata è l’inutilità di manovre di espansione esclusivamente monetaria o fiscale: non si può provare a governare la crisi se non ricorrendo alla spesa pubblica. Il punto determinante però restano i modelli di produzione che indirizzeranno gli interventi di spesa: la produzione non va semplicemente riattivata, ma completamente riprogrammata, sia nel come che nel cosa produrre.
Due elementi emergono come capaci di orientare la riconversione: la centralità del welfare e la prospettiva ecologica. La sintesi auspicata è dunque un Green New Deal che, finanziato da una politica fiscale realmente progressiva, rifondi intervento pubblico, politica industriale e politiche contro le diseguaglianze sociali.
Il nodo aperto, però, è che la sola dimensione «pubblica» non basta certo a qualificare in termini politici la riconversione. Gli interventi di Chiara Giorgi e di Francesco Taroni chiariscono bene la posta in gioco: non si tratta solo di lottare per il welfare, ma nel welfare. Giorgi lo ricorda ricorrendo a una precisa genealogia del sistema sanitario italiano. Dalla medicina democratica alla psichiatria di Basaglia, il welfare tradizionale, incentrato su modelli disciplinari e paternalistici, e su una concezione meramente erogatoria dei servizi, è stato letteralmente rovesciato dalla forza dei movimenti sociali, attraverso pratiche che hanno investito l’intero assetto sociale e imposto la centralità delle soggettività collettive: soprattutto, fu determinante, sottolinea Giorgi, la profonda consapevolezza innescata dal movimento femminista. Lungo questa linea di ragionamento, Taroni ricorda come la trasformazione neoliberale del «rischio salute», puntato su stili e condotte individuali, ha prodotto l’oblio degli strumenti di tutela collettiva della salute che provenivano direttamente dalle lotte operaie contro la nocività in fabbrica.