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Lavoro povero e salari da fame in Italia

Il volume a cura di Rinaldo Evangelista e Lia Pacelli ricostruisce le dinamiche del mercato del lavoro italiano in Italia che ha portato a una estrema fragilità occupazionale e a una compressione salariale inseguendo una fallace strategia competitiva.

Il tema del mercato del lavoro, negli ultimi mesi, è tornato d’attualità nel dibattito pubblico. A più riprese, il governo ha sbandierato orgogliosamente la costante crescita del numero degli occupati dall’inizio della legislatura. A squarciare il velo di Maya e a fornire un quadro esaustivo del reale andamento del mercato del lavoro in Italia sono stati i recenti rapporti rilasciati dall’Istat e dall’Ilo. Il quadro che emerge è che l’aumento dell’occupazione è trainato dai lavoratori over-50, mentre i giovani lavoratori, under-35, continuano a essere caratterizzati da contratti atipici e basse retribuzioni. Spostandoci sui dati delle retribuzioni fornite dall’Ilo la situazione non migliora: l’Italia, dal 2008, risulta essere il Paese del G20 che ha registrato la maggiore contrazione, dell’8,7%, dei salari reali, posizionandosi all’ultimo posto, in termini di crescita salariale. 

Queste dinamiche non costituiscono una novità per il mercato del lavoro italiano, ma sono piuttosto l’esito di un deterioramento strutturale accumulatosi nel corso di decenni. In questa ottica, risulta essere necessario comprendere le cause che hanno contribuito a peggiorare le condizioni di lavoro e i contratti in Italia.

Il volume “Lavoro e salari in Italia”, a cura di Rinaldo Evangelista (Università di Camerino) e Lia Pacelli (Università di Torino), edito da Carocci editore (2025), e presentato durante il convegno “Lavoro (povero) e (bassi) salari in Italia. Quali cause? Quali politiche?”, presso l’Università La Sapienza, offre una disamina di lungo periodo con l’obiettivo di fornire un quadro sui diversi elementi di fragilità della struttura occupazionale e delle condizioni del lavoro in Italia. 

Entrando nel dettaglio, il libro si divide in tre sezioni:

  • Nella prima sezione viene fornita una lettura “strutturale” delle determinanti dei bassi salari in Italia. In questa sezione i bassi salari vengono messi in relazione con la fragilità della struttura occupazionale, al modello di specializzazione produttiva e con la compressione salariale come strategia competitiva;
  • Nella seconda sezione il tema centrale è il lavoro povero in Italia, con un’analisi delle determinanti e delle caratteristiche qualitative e quantitative dello stesso. 
  • Nella terza sezione viene preso in esame il ruolo delle politiche e dell’assetto istituzionale e in che modo queste hanno influenzato la dinamica dei salari e del lavoro in Italia.

Il tema che accomuna tutti i capitoli del libro è il crollo della produttività in Italia, che a sua volta genera un’occupazione sempre meno di qualità e con basse retribuzioni. Le determinanti di tale declino vanno individuate nel ridimensionamento del settore manifatturiero e nel processo di terziarizzazione, povera, dell’economia italiana. L’aumento dell’occupazione nei servizi a basso valore aggiunto e a bassa specializzazione, come nei settori della ristorazione o del turismo, dove la strategia competitiva è basata sul contenimento dei costi, determina una domanda di lavoro precaria e con basse retribuzioni. È in questo contesto che si sviluppa il lavoro povero.

In questi anni la politica ha perso, in più occasioni, la possibilità di invertire, o quantomeno contenere, la spirale negativa che ha colpito l’economia italiana, e, in particolar modo, l’occupazione in Italia. Gli interventi legislativi apportati negli anni al mercato del lavoro hanno solamente contribuito a rendere il lavoro più flessibile e meno tutelato. Dal “Pacchetto Treu” (legge n. 196/1997), e passando per il Decreto Legislativo n. 368/2001, la “Legge Biagi” (legge n. 30/2003) e il Jobs Act (legge n. 183/2014) si è assistito a una crescete deregolamentazione e flessibilizzazione del mercato del lavoro, indebolendo le tutele del lavoro a tempo indeterminato e favorendo la diffusione di contratti precari e part time. 

L’obiettivo di tali riforme era quello di ridurre la disoccupazione e aumentare la competitività delle imprese, ma alla fine sono riuscite solo ad attivare un circolo vizioso di lavoro precario, bassi salari, bassa produttività e bassa crescita. I più colpiti da questa spirale negativa sono stati i giovani, le donne e i lavoratori stranieri, costretti a vivere con contratti saltuari e sotto retribuiti.

Considerando il contesto descritto dal volume a cura di Rinaldo Evangelista e Lia Pacelli, il referendum dell’8 e 9 giungo proposto dalla CGIL assume tutt’altra valenza. Questo rappresenta un’occasione per invertire la tendenza di precarizzazione, flessibilizzazione e deregolamentazione cominciata trent’anni fa e ridare valore al lavoro. Il futuro del mercato del lavoro passa da questo referendum e soprattutto dalle politiche che successivamente verranno adottate.