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Gli affari di Renzi in Argentina

La rinnovata intesa tra Italia e Argentina il settore ferroviario poggia sui futuri investimenti italiani nel settore infrastrutturale, agroalimentare e della difesa

 

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È stata una visita breve, ma importante, quella di Renzi in Argentina. Gran parte del discorso pubblico del premier italiano è stato centrato sulla propaganda di questi due anni di governo. L’insistenza sulle magnifiche e progressive sorti del Jobs Act nostrano (smentite di recente dalla Banca d’Italia e dall’Istat) sembrano anche finalizzate a costruire una sintonia “culturale” con il liberismo del nuovo presidente Macri in materia di facilitazioni normative alla possibilità di licenziamento e di riduzione di diritti e di tutele. Tanta retorica ed orgoglio delle radici e delle tradizioni comuni avrebbero, peraltro, meritato qualcosina in più di una sconcertante citazione sull’amicizia, attribuita falsamente a Jorge Luis Borges. Anche ad una lettura superficiale quelle frasi banali sarebbero dovute risultare a Renzi più consone ad una telenovela che al grande scrittore sudamericano.

Sono passati diciotto anni da quando un presidente italiano ha messo piede in Argentina. I nuovi rapporti di Macri con la finanza e con la grande impresa fanno da cornice all’incremento di relazioni commerciali. “Il mio paese deve diventare il supermercato del mondo”, ama, infatti, ripetere il neo premier. E i rapporti con l’Italia sono divenuti più distesi dopo l’accordo sui “Tango bond” che hanno fatto fruttare agli investitori che non avevano mai accettato la ristrutturazione del debito un incremento del capitale del 150%. Accordo che però deve essere ancora votato dal Parlamento. E le forze che sostengono questo governo non hanno una maggioranza autosufficiente tanto che il presidente sta ricorrendo ad un uso spregiudicato e permanente dell’istituto del decreto legislativo.

Renzi, a conclusione degli incontri, ha annunciato che entro giugno ci sarà una missione di 300 piccole e medie imprese italiane in Argentina e che Macri ricambierà presto la visita in Italia. Le partite più rilevanti interessano l’Enel già presente in loco con Endesa ed interessata alla costruzione di una nuova centrale in concorrenza con i francesi, il settore ferroviario, infrastrutturale e quello agroalimentare. Ma la visita serve anche a rinvigorire gli interessi ed i profitti di grandi imprese italiane (Fiat, Pirelli, Trevi, Techint…) che in questi anni hanno dovuto relazionarsi con le politiche perequative dei governi Kirchner. La detassazione fiscale delle grandi imprese, operanti anche nel mercato finanziario, voluta da Macri, aiuta ovviamente questo processo.

Un grande protagonismo è segnalato anche da Finmeccanica e Fincantieri. Si parla di un intervento italiano significativo nell’ammodernamento del settore degli armamenti e della difesa. Per l’Argentina è, forse, quest’ultimo, il segnale rilevatore più importante del tentativo di diventare attore protagonista dell’area latinoamericana rovesciando lo schema cooperativo del Mercosur e proiettandosi nell’orbita nordamericana. In fondo sembra essere lo stesso obiettivo del governo italiano che punta a far diventare l’Argentina la piattaforma operativa di un potenziale ingresso in tutta la regione proponendosi come anello di congiunzione con l’economia Usa e, provando, a dare una dimensione materiale alle ultime polemiche con la Unione Europea.

Le stesse forme di collaborazione nel settore agroalimentare puntano ad aggirare il “protezionismo” francese sulle grandi esportazioni argentine di soia, mais, grano e a costruire un canale preferenziale sulle produzioni italiane di qualità nel settore. Nuova geopolitica e valorizzazione d’interessi forti s’intrecciano sullo sfondo di questa visita. A volte, per il neo governo argentino, si intrecciano in forme eccessivamente stringenti. La visita di Renzi ai lavoratori del gruppo Ghella impegnati, insieme ad altri, nel ricco appalto del sotterramento delle ferrovie Sarmiento è salutato con benevola condiscendenza da Maurizio Macri visto che tra i vincitori dell’appalto, insieme all’importante impresa italiana, c’è anche la autoctona impresa Lecsa il cui titolare, Angelo Calcaterra, è “casualmente” cugino del presidente.

Sembrano, dunque, tutte “rose e fiori” le nuove relazioni italo-argentine. Il liberismo pare essere la lingua comune. Ma, come si dice, a volte “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi”. A rischiare di incrinare questo scambio di amorevoli sensi sono le amicizie di Renzi. Quella notissima con Carrai che è partner nella società aeroportuale di Firenze con il magnate argentino di origini armene Eduardo Eurnekian che sta investendo tanto in nuovi scali italiani, a cominciare da quello di Pisa. Il ricco imprenditore che ha molti insediamenti produttivi e tantissime società aeroportuali in Argentina, è grande amico dell’avversario di Macri alle ultime elezioni, il peronista Daniel Scioli. I rapporti tra il presidente sudamericano ed Eurnekian sono pessimi. In Italia, al contrario, quelli tra il governo e l’imprenditore sono ottimi. Ma, si sa, gli interessi vanno ben oltre questi relativi conflitti. In fondo “è il mercato, bellezza!”.