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Coronavirus, agire subito: un prontuario per fermare la recessione

Le proiezioni economiche per il futuro, le misure da adottare per la ripresa, il ruolo dell’Europa nella partita decisiva del contrasto al coronavirus. Da “Il Messaggero”.

Bastano tre lettere per spiegare i timori per l’economia della diffusione del coronavirus. All’inizio del contagio in Cina, e sulla scorta di quanto avvenuto per altre epidemie in passato, si sperava che l’economia potesse comportarsi come una V: una rapida discesa seguita da una rapida risalita. Ora, con la diffusione internazionale, si comincia a temere la U: una forte discesa, seguita da un periodo di recessione prima della ripresa. Per alcune aree, per alcuni settori economici, c’è paura di una L: una discesa senza una risalita a breve. Vediamo perché, anche con l’ausilio di recentissimi contributi: l’Interim Report dell’Ocse del 2 marzo; il bel e-book realizzato dagli economisti del Cepr e reso disponibile su www.voxeu.org il 6 marzo. 
Crescono i timori perché durata e propagazione dell’epidemia restano ampiamente ignoti: ma anche perché sappiamo (specie noi Italiani) che non si diffonde solo per prossimità geografica, ma anche per “salti”, che determinano nuove reti di contagio.

E che ha già toccato (a differenze di molte epidemie più recenti), il cuore dell’economia contemporanea: i paesi del G7 e la Cina, cioè quasi i due terzi del PIL mondiale. L’Ocse avverte che le sue previsioni per la crescita mondiale per il 2020, già ridotte dal 3% al 2,4% potrebbero dimezzarsi. Per l’Italia è in vista una recessione. Non è difficile capire perché. Di fronte al virus usiamo metodi antichi, indispensabili: il contenimento, la riduzione degli incontri di persona. Ma questo, come ben sappiamo, impatta in modo fortissimo su una serie di attività economiche di servizio: i trasporti e i viaggi (solo parzialmente aiutati dal forte calo del prezzo del petrolio); tutto il turismo (si pensi all’effetto devastante che già si registra per il settore delle crociere), lo spettacolo e l’intrattenimento, lo sport visto e praticato. In molti di questi casi, come avvertono gli economisti del Cepr, c’è paura della L; si perdono consumi che potrebbero non essere più recuperati: le spese per le vacanze di Pasqua, o per vedere le partite a porte chiuse, non ci saranno. La riduzione dell’attività produttiva nell’industria, già sensibile in Cina, può mettere in crisi le catene mondiali di fornitura e determinare un effetto che si propaga in industrie come l’elettronica o l’automobile: più una U di una V, si teme. Non tutte le attività svolte dai lavoratori che sono costretti a restare a casa si possono svolgere a distanza: quelle che riguardano manifattura e logistica di beni tangibili, ben poco. 

Vi sono poi effetti sulla fiducia e quindi su consumi e investimenti: l’esperienza della crisi del 2008-09 mostra che essa ha determinato un forte calo di acquisti perché i consumatori li ritardano mentre le imprese pospongono precauzionalmente gli investimenti. Un calo che potrebbe essere, come allora, sincronizzato nelle maggiori economie mondiali, e per questo più incisivo. In casi come le epidemie gli effetti sulla fiducia possono essere assai importanti: gli economisti del Cepr riportano il parere di un esperto sanitario americano che avverte, ragionevolmente, che ciò che si fa prima che le epidemie si diffondano sembra sempre esagerato e ciò che si fa durante sembra sempre insufficiente. Con i conseguenti effetti psicologici.

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