Non solo Gkn, Whirlpool, Embraco. La fuga delle multinazionali dai siti italiani mostra il nostro declino produttivo. Va fermata usando gli strumenti pubblici, senza affidarsi solo a logiche di profitto immediato. Da Il Fatto.
L’annunciata chiusura dello stabilimento Gkn di Campi Bisenzio (Firenze) potrebbe evocare l’inizio di quell’era di “distruzione creativa” che il premier aveva preconizzato nel suo discorso di insediamento alle Camere. Eppure, vicende come questa non fanno presagire una trasformazione della struttura economica nel senso descritto da Schumpeter in “Capitalismo, socialismo e democrazia” nel 1942.
Fondato come fornitore di componentistica Fiat lo stabilimento venne acquisito negli anni ’90 dalla multinazionale britannica Gkn che in Italia possedeva un altro sito produttivo a Brunico (Bolzano). Nonostante le commesse per il sistema Stellantis in Italia non siano carenti, Gkn ha deciso di chiudere lo stabilimento italiano con il minor rendimento con più insicure prospettive, legate a un mercato dell’automobile in crisi di sovracapacità e in transizione verso l’elettrico.