L’analisi di Medicina Democratica nella controfinanziaria: i 2,4 miliardi aggiuntivi sulla sanità bastano a malapena a coprire gli (inadeguati) incrementi contrattuali, la coperta è sempre più corta. Ma ulteriori soldi per i privati vengono garantiti.
La coperta del governo sulla sanità pubblica è sempre più corta. E ci aspetta un futuro ancora peggiore, gli stanziamenti per le armi sono impellenti e sempre più pesanti, a scapito delle risorse per lo Stato sociale e i diritti sociali.
Lo stato dell’arte della proposta governativa
Partiamo da un presupposto riconosciuto : il Servizio sanitario nazionale, nato con la riforma del 1978, funziona, ha garantito un miglioramento delle condizioni di vita collettive (basti pensare alla aspettativa di vita alla nascita tra le più alte nei paesi industrializzati) con un costo inferiore ai sistemi basati sulla sanità privata (come negli USA).
I governi che si sono succeduti negli ultimi 15 anni, con accezioni diverse, non hanno proseguito su questa strada aggiornando le modalità d’azione della sanità per adeguarla alle nuove esigenze di salute, hanno solo tagliato (non adeguato alle condizioni economiche) le risorse per il SSN considerandolo un costo anziché un investimento, cercando invece di intervenire sugli sprechi e i malfunzionamenti dovuti anche ad autonomie regionali, in sanità da tempo “differenziate”.
Gli stanziamenti complessivi della legge di bilancio 2026 per la sanità e la relativa distribuzione delle risorse per il “Fabbisogno Sanitario Nazionale” (FSN) hanno provocato critiche da diverse istituzioni (incluso CNEL, Corte dei Conti, ISTAT), oltre che dalle parti sociali che hanno a cuore la salvaguardia e il rilancio del Servizio Sanitario Nazionale. La sanità privata invece ha espresso parere favorevole e in effetti crescono le prestazioni erogate tramite il privato accreditato, coinvolto anche per l’abbattimento delle liste d’attesa.
Il macrodato relativo agli stanziamenti complessivi è sinteticamente il seguente :
- incremento al 2026 pari a 6,6 miliardi (4,2 miliardi già previsti dalla precedente manovra e 2,4 miliardi ex novo), gran parte dell’incremento è destinato al personale sanitario pubblico per il contratto nazionale, tardivo e insufficiente.
- Un po’ di assunzioni “in deroga” (6.500 infermieri ma ne mancano 65.000; 800 medici ma ne mancano 5.500 per coprire i posti, poco interessanti, di medico di medicina generale), comunque niente sblocco delle assunzioni .
- L’incremento non copre le previsioni governative di spesa sanitaria (Documento Programmatico di Finanza Pubblica) e per gli anni successivi si “spegne” completamente riportando al ribasso il rapporto FSN/PIL, nel 2026 al 6,16 %, in decremento negli anni successivi, al 6,05 % (2027) e al 5,93 % (2028).
Cosa significano questi valori ? Che siamo tornati dentro le politiche di austerità in auge in Europa dopo lo shock della pandemia da Sars-Covid-2 ai quali si aggiunge ora la prospettiva (dal 2027) di un drenaggio di risorse dallo Stato sociale ad una economia di guerra.
Il tutto in un contesto in cui non siamo riusciti nemmeno, pur gli obiettivi parziali e limitati del PNRR, a mettere in pratica le “lezioni” della pandemia, partendo dal potenziamento della sanità territoriale.
Non è però solo una questione di sotto/de-finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale (stima GIMBE, “mancano” 17,5 miliardi), quello che deve essere all’attenzione è, per esempio, il fatto che nel 2025 quasi 6 milioni di persone hanno rinunciato alle cure, con un incremento di 2 milioni, un numero pari a quelle non “coperte” da mutue e assicurazioni nel periodo ante riforma sanitaria del 1978.
Il bilancio proposto risponde a questo problema? Assolutamente no, dopo aver coperto gli aumenti contrattuali per la sanità pubblica (in modo insoddisfacente e tardivo) si drenano ulteriori risorse (350 milioni, oltre alla conferma del miliardo dell’anno precedente) tramite l’aggiornamento delle tariffe sanitarie.
Con l’espansione del privato in ogni dove (prestazioni per acuti, riabilitazione e assistenza ambulatoriale) queste risorse finiranno direttamente almeno per la metà nella sanità privata senza che questa sia inserita in una pianificazione (nazionale e regionale) in cui il pubblico definisca obiettivi ed obblighi : il sistema dell’accreditamento non ha fatto altro che portare acqua al privato, libero di prendersi le prestazioni con maggiori quote di profitto. Anche l’aumento del tetto di spesa (123 milioni) per l’acquisto di prestazioni da soggetti privati e gli ulteriori stanziamenti per la “farmacia di servizi” favoriscono una ulteriore espansione dei privati (la gran parte delle farmacie sono private) in concorrenza con le strutture della sanità territoriale.
Non si mette in discussione la “libera professione” (intramoenia) per i medici della sanità pubblica. Questo strumento, in campo dal 1992, per accontentare chi ha un rapporto esclusivo con il pubblico e nel contempo mostrare che si cerca di mettere una pezza alle bibliche liste d’attesa si è talmente esteso che è diventato indistinguibile rispetto alle prestazioni come SSN, come pure fonte di diseguaglianze di accesso, per reddito. La Lombardia ha introdotto un nuovo sistema aggiuntivo, nella sanità pubblica, che obbliga quest’ultima a mettere davanti agli altri le persone che hanno sottoscritto forme di sanità integrativa (assicurazioni, mutue, fondi del “welfare aziendale”) riproponendo una situazione ante Riforma del 1978.
I finanziamenti per le misure di prevenzione, pur incrementando lo stanziamento (238 milioni), rimangono limitati alla prevenzione secondaria (screening, vaccini) senza spingere sulla prevenzione primaria legata ai determinanti che “producono” salute non solo tramite la sanità.Sul piano nazionale per la salute mentale, infine, non si vede come potranno risollevare dallo stato inadeguato dei servizi regionali gli importi previsti (tra 80 e 90 milioni/anno).
Un’altra sanità è possibile?
Il bilancio 2026 conferma un processo di lento smantellamento del servizio pubblico estendendo la “stampella” (orami pilastro) del privato per rispondere all’incremento della richiesta di prestazioni.
Compito delle realtà sociali tutte è invertire la tendenza ripristinando le priorità sulle quali è nato il SSN. Ad esempio l’inevitabile cambio demografico non deve essere considerato solo come un insostenibile incremento di prestazioni da erogare riducendo la salute, anche in questo contesto, a “quantità” di sanità disponibile e ai relativi costi.
Viceversa il cosiddetto “inverno demografico” deve sospingere una nuova e maggiore attenzione verso le azioni di prevenzione che riguardano i determinanti che garantiscono salute e allontanano la malattia (condizioni ambientali salubri, abitazioni idonee, sicurezza e igiene del lavoro, controllo delle filiere alimentari), aspetti che non riguardano solo la “sanità” ma sono trasversali.
Occorre un percorso di confronto e condivisione per andare oltre un semplice “tagliando” al SSN, riformandone l’azione mantenendo ben fermi i suoi principi di base: universalità, gratuità (finanziamento con la fiscalità generale) e partecipazione del territorio nonché gli obiettivi fondanti : prevenzione (primaria), cura e riabilitazione. I punti essenziali a nostro avviso, oltre all’incremento del Fondo Sanitario Nazionale, sono i seguenti:
- Riorganizzare e ridefinire il SSN sotto il controllo (pianificazione) pubblico.
- Ridefinire il rapporto con la sanità privata, integrativa e non sostitutiva della sanità pubblica, a partire dalla eliminazione degli attuali meccanismi di accreditamento e convenzione.
- Rilancio delle politiche di prevenzione, da quella primaria, in tutte le attività, nei territori e nei luoghi di lavoro, ambiente, reddito, lavoro, abitazione, istruzione e servizi.
- Potenziare la rete dei consultori e riconoscere l’importanza della medicina di genere, accesso senza discriminazioni di genere, età, fragilità, etnia, cultura, religione, classe, garantire il diritto all’interruzione di gravidanza, la promozione della contraccezione gratuita e l’educazione al sentimento e al rispetto.
- Piano straordinario di assunzioni di personale a tempo indeterminato, stabilizzazione dei precari e reinternalizzazioni del personale.
- Un Contratto Nazionale Unico per tutti: sanità pubblica, convenzionata e privata, uguali diritti e stipendi. Superare la “aziendalizzazione” della sanità pubblica oggi in mano a direttori generali senza contrappesi nei poteri e obiettivi diversi dalla quadratura dei bilanci.
- Facilitare e sostenere l’accesso universitario delle professioni sociali e sanitarie e delle specializzazioni; formazione universitaria del medico di medicina generale con adeguamento di strutture, borse di studio e programmi.
- Messa in discussione della sanità integrativa nei contratti collettivi di lavoro e delle detraibilità fiscali connesse.
- Tendenziale abolizione di tutti i ticket sanitari, della pratica dell’intramoenia e dell’extramoenia, esclusività del rapporto di lavoro nella sanità pubblica per i Medici di Medicina Generale; azzeramento delle scandalose liste d’attesa, introduzione nei LEA per l’odontoiatria, le patologie rare, orfane e invisibili.
- Superamento delle diseguaglianze regionali, cancellazione di ogni “autonomia differenziata”, ridefinire i rapporti tra Governo e Regioni.
- Rivedere il prontuario farmaceutico depurandolo di farmaci che non apportano benefici nella cura ma tendono ad essere oggetto di prescrizioni inutili, utilizzati in modo eccessivo e inappropriato, quindi anche dannoso, pesando sui rimborsi da parte del SSN. Dare la priorità ai farmaci generici ogni volta disponibili.
- A livello europeo continuare nell’azione in corso per arrivare a un ente pubblico europeo di ricerca e produzione dei farmaci essenziali economicamente disponibili per tutti/e per contenere il sistema dei brevetti e l’espansione incontrollata del consumo in luogo della cura.
Da questo circolo vizioso si esce non soltanto incrementando i finanziamenti alla sanità ma con una riforma alla radice che ridia preminenza alla sanità pubblica, all’obiettivo della prevenzione primaria, ad un numero di operatori adeguato con condizioni di lavoro decenti. La lista delle proposte è lunga ma indispensabile per evitare il graduale e definitivo smantellamento del servizio sanitario nazionale.
Nel 1978 la riforma sanitaria è stata voluta e ottenuta dai partiti riformisti e di sinistra, dai sindacati e dai movimenti sociali, è tempo di discutere, definire obiettivi condivisi chiari e rigorosi costruendo rinnovate alleanze.




