Il documento dell’Aia con 470 prescrizioni dà l’autorizzazione a produrre 6 milioni di tonnellate l’anno per 12 anni, ma la licenza è temporanea, gli enti locali sono contro, l’acquirente non c’è e lo stabilimento va in rovina. Serve un accordo per la riconversione. Da Peacelink.it
TARANTO – Un’autorizzazione amministrativa non basta a cambiare la realtà dello stabilimento siderurgico di Taranto. È quanto denuncia PeaceLink, attraverso le parole del presidente Alessandro Marescotti, che contesta con fermezza l’ottimismo espresso dal ministro Adolfo Urso al congresso della CISL, dove è stato annunciato con enfasi il rilascio della nuova Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) per l’ex Ilva.
“Le frasi trionfanti del ministro – secondo cui la siderurgia italiana sarebbe salva – ignorano completamente lo stato reale dell’impianto”, afferma Marescotti, che descrive un complesso industriale in rovina, privo di prospettive economiche e sempre più isolato.
Lo stabilimento, oggi sotto la gestione di Acciaierie d’Italia, presenta un quadro tecnico disastroso. Dei cinque altoforni, uno è spento da anni, uno è stato demolito, uno è stato colpito da un incendio, un altro ha il crogiolo danneggiato e l’ultimo funziona solo a intermittenza. L’intera area a caldo, evidenzia PeaceLink, rimane sotto sequestro per motivi di sicurezza e impatto ambientale.