Top menu

Bell Hooks, come educare alla speranza

Nera, insegnante, femminista, Bell Hooks può essere una vera guida per chi cerchi di educare e ri-educare i ragazzi alla curiosità del mondo senza stringerli dentro criteri di una società classica, sessista e razzista. Ciò che serve per evitare l’invadenza del negativo e costruire un mondo migliore.

Bell Hooks, morta a settant’anni quattro anni fa, è uno dei personaggi imprescindibili per la cultura e la società del nostro tempo. Nera, insegnante e femminista, ha ragionato sul genere, sulle classi, sulla formazione dei nuovi nati senza dimenticare, si può dire, di farlo in America, l’America del Nord, e però con discorsi che valgono dovunque, e tra i quali i più belli, per me che ho studiato da maestro elementare, sono a carattere pedagogico, che discutono una pedagogia che crea invece che uomini liberi e solidali cittadini avari e spaventati dalle differenze… diciamo pure dall’avventura che è la vita, dallo spirito di apertura con cui va affrontata e con il quale si aiutano “i nuovi arrivati”, i nuovi nati, ad affrontarla. Non si tratta soltanto – come diceva il grande pedagogo polacco Janusz Korczack, come hanno detto i grandi pedagogisti del secolo scorso, di “rispetto per l’infanzia”, per la sua diversità e ogni volta, per ogni creatura, per la sua novità; si tratta concretamente di assisterlo nella sua curiosità per il mondo, di non stringerlo dentro i criteri di una società classista e sessista e razzista, ma di aprila al rapporto con la vita, la natura e la storia e con quanto una società può offrire se si sa prenderne il buono e scartarne il nefasto, e non da soli inventarlo, il nuovo, anche a partire da valori antichi rivitalizzati dal confronto con l’idea (il sogno) di un mondo migliore e, si potrebbe dire, dalla pratica dell’utopia, dall’azione concreta di amore per la vita, per la natura, per quella parte, la migliore anche se così spesso avvilita, di una società che tuttavia sa resistere all’invadenza del negativo, del male. 

La trilogia pedagogica di Bell Hooks è, per molti, già un classico della storia della pedagogia, che ha dato negli Stati Uniti il grande magistero di John Dewey del quale tanti si sono nutriti.  Penso, per le donne, a una coraggiosa maestra degli anni Trenta, Caroline Pratt, autrice di un piccolo libro esemplare, Imparo dai ragazzi, tradotto a suo tempo nella gloriosa collana di “Pedagogisti antichi e moderni” editi da La nuova Italia di Firenze nei lontani anni Cinquanta. Quella di Bell Hooks è una pedagogia diversamente pionieristica, ma basata su simili ideali di una società più giusta, di cittadini migliori. 

L’infanzia e l’adolescenza sono state il fulcro di tante novità, sul piano pedagogico e sociale, e non solo su quello della formazione, ma anche su quello della ri-educazione di una gioventù traviata dal cattivo esempio di un società classista, violenta, maschilista.

La trilogia pedagogica di Bell Hooks è diventata rapidamente di riferimento per la minoranza più attiva degli insegnanti, anche se pensata soprattutto alle insegnanti. Se questo è avvenuto è per l’intreccio nello stesso pensiero, nella stessa proposta, di riferimenti storici e pedagogici legati alla lotta delle donne, e in particolare delle nere. I titoli: Insegnare a trasgredire, Insegnare il pensiero critico, Insegnare comunità; in Italia ne è editore Meltemi (www.meltemieditore.it).

Ma può bastare uno solo di questi titoli per entrare nel vivo di una storia e di una proposta, perché “insegnare”, ha detto Bell e ripete nella sua prefazione Rahma Nur, una insegnante italiana di origine somala, è “condividere la crescita intellettuale e spirituale degli studenti” – una condivisione, appunto, e non una imposizione… 

Il primo capitolo di Insegnare a trasgredire comincia con una citazione di Paulo Freire, il grande attivista e insegnante latino-americano: “E’ imperativo tener viva la speranza, anche quando la durezza della realtà suggerisce il contrario”. In definitiva, insegnare è sempre un atto di condivisione tra chi insegna e chi impara, chi è sollecitato dal maestro-mediatore a, come dicevano le avanguardie degli anni trenta – vivere nell’azione per cambiare la vita e insieme, nello stesso tempo, per cambiare il mondo… Leggere Bell Hooks può essere per tutti respirare un’aria nuova e antica allo stesso tempo: il sentimento di una partecipazione libera e attiva alla formazione e alla vita di una comunità. Dovrebbe essere questo, in definitiva, il progetto pedagogico di chi pensa di avere qualcosa da dire (da insegnare) a qualcun altro. Condividendo le stesse ripulse e le stesse aspirazioni, lo stesso sogno e lo stesso progetto.