In assenza di un disegno strategico, la manovra 2022 presenta interventi in alcuni casi contraddittori, se non contrastanti, con l’obiettivo di decarbonizzazione. Eclatante, l’assenza di piano di progressivo superamento dei Sad. Risibili gli interventi per l’economia circolare. Mentre procede spedito il consumo di suolo.
La domanda che ci facciamo tutti/e analizzando la manovra 2022: si avverte nel primo disegno di bilancio quello slancio che sarebbe necessario per impostare e avviare politiche di un nuovo modello di sviluppo sostenibile, per dare respiro a quella rivoluzione verde che è stata annunciata nel Pnrr e che andrebbe sostenuta con misure e fondi nazionali adeguati?
La risposta è nella sostanza negativa, anche perché manca un quadro di riferimento. La Proposta di Piano per la Transizione Ecologica (PTE – Atto di Governo n. 297), elaborato dal CITE – Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica trasmessa ad agosto alle Camere è stata una falsa partenza, un bluff. Nella proposta di PTE si ricorda diligentemente che le tappe della decarbonizzazione sono scandite dagli impegni europei “net zero” al 2050 e riduzione del 55% al 2030 delle emissioni di CO2 (rispetto al 1990 (pacchetto di 13 proposte legislative sull’energia e il clima, varato nel luglio 2021). Ma non basta richiamare il quadro strategico europeo, l’Atto di Governo (AG) n. 297 non ha le caratteristiche richieste da un Piano: individuazione delle priorità corredata della allocazione delle risorse economico-finanziarie europee e nazionali e da un cronoprogramma che chiarisca quali siano gli step per realizzarle. Non è altro che un documento divulgativo che riassume quanto illustrato nel Pnrr, con tutti i limiti che il piano presentato all’Europa dal nostro Paese ha.
Si tratta, quindi, soltanto di enunciazioni teoriche che al momento – in assenza tra l’altro di una revisione e un aggiornamento del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima – PNIEC del 2019 – non sono inquadrate in una strategia di decarbonizzazione, in una roadmap con chiari obiettivi intermedi, settore per settore, su scala nazionale per orientare le scelte del governo, a partire da quelle inserite nel Pnrr (che dal 2021 al 2026 mette in campo 23,78 miliardi per energie rinnovabili, idrogeno e mobilità sostenibile). Non basta, per conseguire la neutralità climatica sarebbe necessario che il nostro Paese si dotasse al più presto di una Legge sul Clima nazionale che consenta di incardinare gli obiettivi climatici nella legislazione.
In assenza di un disegno strategico da attuare progressivamente, la manovra 2022 presenta interventi in alcuni casi contraddittori, se non addirittura contrastanti con l’obiettivo di decarbonizzazione, la cui efficacia è tutta da valutare. Degna di interesse è l’istituzione, presso il ministero dello Sviluppo Economico del Fondo per il sostegno alla transizione industriale (art. 153 del Disegno di legge – Ddl di Bilancio 2022) con una dotazione di 150 milioni di euro l’anno a decorrere dal 2022 che vengono destinati però, a quanto risulta, anche a finanziare il sequestro della CO2, scelta tecnologica sinora dimostratasi inefficace, economicamente catastrofica e più rischiosa che utile per procedere sulla strada della decarbonizzazione.
Nella manovra 2022 viene istituito anche un Fondo per la Mobilità Sostenibile (art. 131 del Ddl di Bilancio 2022), presso il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili – MIMS, che stanzia al momento 50 milioni di euro, ma solo a partire dal 2023 e sino al 2026 per poi aumentare progressivamente i fondi sino a raggiungere nel periodo dal 2031 al 2034 (solo allora!) i 250 milioni di euro l’anno, da destinare ai più vari interventi (rinnovo parco autobus TPL, acquisto treni a idrogeno, elettrificazione linee ferroviarie, ciclovie urbane, ecc.). Questo, quando sarebbe più necessario selezionare gli impieghi e dedicare più risorse, già in questa prima fase, a partire dal 2022 all’avvio della roadmap per l’elettrificazione del trasporto pubblico, tassello essenziale della transizione energetica e digitale.
Un discorso a parte merita, poi, il Superbonus del 110% riguardo al quale l’art. 9 del Ddl di Bilancio 2022 propone di ridurre, in maniera molto drastica, a partire dal 2022 la platea dei beneficiari (condomini, persone fisiche con valore ISEE non superiore ai 25mila euro l’anno e cooperative). Su questo strumento nella Missione 2 dello stesso Pnrr si è puntato molto (prevedendo di investire 13,95 miliardi del Piano Next Generation Italia) come anche nella “programmazione complementare” (che stanzia 8 miliardi di euro). Ma, per renderlo veramente efficace, oltre a contrastare le truffe, andrebbero meglio definiti i parametri per la concessione del bonus (e quindi anche i controlli) relativi all’efficientamento e al risparmio energetico, accentuando i requisiti ambientali: escludendo, per esempio, le caldaie a gas e mantenendo il Superbonus per il fotovoltaico anche per gli interventi effettuati dopo luglio 2022.
Passando alle Tabelle della manovra 2022, sono sicuramente degni di nota gli oltre 2,063 miliardi di euro (nella Tabella 9. Stato di previsione del MiTE) destinati ad iniziative per la decarbonizzazione, l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili e i quasi 626 milioni di euro assegnati nel 2022 allo sviluppo della mobilità sostenibile (Tabella 10 – Stato di previsione del MiMS).
Eclatante è, invece, l’assenza di qualsiasi proposta di progressivo superamento dei Sussidi Ambientalmente Dannosi, attesa dal 2019 quando fu istituita un’apposita Commissione, a cui è subentrato nel marzo scorso (con il decreto legge n. 22/2021, convertito dalla legge n. 55/2021) il Comitato tecnico di supporto al CITE che ha il compito di elaborare, con cadenza annuale, proposte per la progressiva eliminazione dei Sad. Ricordiamo che il G7 del giugno scorso ha sancito l’impegno dei Paesi che ne fanno parte a eliminare i sussidi ai combustibili fossili entro il 2025, ed è quindi chiaro che dovremmo cominciare da subito. Invece, nella manovra del prossimo anno non solo non si dice nulla su come cominciare ad intaccare quei 19,8 miliardi di Sad (di cui 17,7 miliardi di euro destinati ai combustibili fossili) ancora esistenti in Italia, ma, come ogni anno, si continua a finanziare l’Autotrasporto con 1,509 miliardi di euro previsti a sostegno del settore (Tabella 2 – Stato di previsione del ministero dell’Economia e delle Finanze) e con gli oltre 283,4 milioni di euro per interventi nel settore (Tabella 10 – Stato di previsione del MiMS), senza peraltro avviare la trasformazione del comparto.
Sviluppo sostenibile
Come ricordato nell’AG n. 297, il nostro Paese è in attesa di dotarsi nel 2022 della nuova “Strategia nazionale per l’economia circolare”, che dovrebbe essere incentrata su ecopogettazione ed ecoefficienza. Strategia tanto più urgente e necessaria, nel momento in cui in Italia si registra un alto livello di spreco ma anche una forte dipendenza della nostra economia da risorse importate. Infatti, secondo l’ISTAT, l’Italia nel 2019 ha importato oltre 337 milioni di tonnellate (più della metà delle risorse utilizzate nello stesso anno; circa 637 Mt), il consumo interno è stato di 484 Mt e il resto esportato. I rifiuti prodotti complessivamente durante il 2018 sono stati oltre 173 Mt: in altri termini, su 3 kg di materiale utilizzato, 1 diviene rifiuto.
Bisogna ricordare che nel Pnrr si dedica all’economia circolare, decisiva per costruire lo sviluppo sostenibile del futuro, solo 2,1 miliardi di euro dal 2021 al 2026, pari a poco più dell’1% delle risorse (destinate per la maggior parte alla realizzazione di impianti per la gestione del ciclo dei rifiuti) complessivamente messe in campo dal Piano (191, 5 miliardi di euro).
Se si passa poi ai contenuti specifici della manovra 2022 si scopre che le risorse destinate a questo scopo sono scarse, se non risibili. Nella Tabella 9 a Interventi per la promozione dell’economia circolare e politiche per la gestione dei rifiuti sono assegnati nel 2022 poco più di 114 milioni di euro, mentre, sempre nella stessa Tabella sono previsti nel 2022 10,357 milioni di euro genericamente destinati a interventi per la promozione dello sviluppo sostenibile.
Sempre in chiave di sostenibilità, infine, appare censurabile – per le sue ricadute negative sull’ambiente e sulla salute – la scelta, fatta con l’art. 3 del Ddl di bilancio 2022 di far slittare ancora di un anno (dal primo gennaio 2022 al primo gennaio 2023) la decorrenza dell’efficacia dei tributi delle cosiddette plastic tax e sugar tax.
Tutela del territorio
E’ l’AG n. 297 che ancora una volta ci ricorda che su una superficie nazionale di più di 300 mila kmq il 16,85% del nostro territorio risulti essere mappato nelle classi di maggior rischio per frane (8,45) e alluvioni (8,4%). Il 91% dei Comuni italiani è esposto a forme più o meno marcate di rischio idrogeologico e le Regioni più in pericolo risultano essere l’Emilia Romagna, la Toscana, la Campania, la Lombardia, il Veneto e la Liguria. Ma il consumo di suolo, che dovrebbe essere azzerato entro il 2030, continua a procedere ad un tasso di ulteriore edificazione di 2 metri quadrati al secondo e che oggi circa l’8% del territorio italiano è già impermeabilizzato e che c’è una porzione molto più ampia interessata da degrado naturale e dalla frammentazione degli habitat naturali.
Pur nella consapevolezza di questa situazione, però, il Pnrr destina dal 2021 al 2026 alla gestione del rischio alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico solo 2,49 miliardi di euro in 6 anni, che equivalgono all’1,3% delle risorse complessivamente assegnate all’Italia dall’Europa con lo strumento Next Generation EU, mentre per la messa in sicurezza del nostro territorio ISPRA – l’istituto di ricerca e agenzia dei controlli alle dipendenze funzionali del ministero della Transizione Ecologica – calcola che oggi ci sarebbe bisogno di almeno 26 miliardi di euro.
Se si passa, poi, all’esame il Ddl di bilancio 2022 si rileva che alla protezione e difesa del suolo e alla tutela dell’assetto idrogeologico si destinano in Tabella 9 nel prossimo anno 445,659 milioni di euro, cifra ragguardevole, ma che risulta essere non adeguato a quanto sarebbe necessario investire ogni anno per la manutenzione del territorio per prevenire i danni a cose e persone. E’, invece, sulla gestione dell’emergenza che l’Italia continua ad investire in maggior misura, destinando quasi 513 milioni di euro complessivamente al coordinamento del Sistema di Protezione Civile (stanziando in Tabella 2: 124.528.894 euro) e alla Protezione Civile di Primo Intervento (stanziando in Tabella 2: 388.232.919 euro).
Da salutare positivamente è, invece, l’aumento, previsto dall’articolo 141 del Ddl di bilancio, da 170 a 320 milioni di euro per l’anno 2022, da 200 a 350 milioni di euro per l’anno 2023, confermando poi il finanziamento di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2031 dei fondi assegnati agli enti locali dalla Legge di Bilancio 2020 per la progettazione definitiva ed esecutiva degli interventi destinati, tra l’altro, alla messa in sicurezza del territorio a rischio idrogeologico.
Per completare il quadro delle risorse che possono essere impiegate per migliorare lo stato di salute del nostro territorio, bisogna ricordare, anche, gli oltre 51,5 milioni di euro destinati nella Tabella 9 nel 2022 a interventi di risanamento ambientale e alle bonifiche.
Scelte infrastrutturali
Si deve ricordare, in primis, che il Pnrr nella Missione 3 destina 15 miliardi di euro circa alle linee ad Alta velocità/Alta capacità con l’obiettivo principale di completare entro il 2026 la rete ad AV/AC in tutta Italia in particolare intervenendo sull’asse Nord-Sud (da Napoli-Salerno-Reggio Calabria, nelle relazioni con Bari e in Sicilia) e le connessioni diagonali tra Adriatico-Ionio e Tirreno (Roma-Pescara; Orte-Falconara; Taranto-Battipaglia) e la proiezione della rete dal Nord Italia all’Europa (nelle relazioni Liguria-Alpi e Verona Brennero).
Ma si nota che si continua a procedere a individuare progetti infrastrutturali senza verificare quale sia il calcolo costi-benefici dal punto di vista economico, sociale e ambientale e se questi siano supportati da piani economico-finanziari credibili che giustifichino l’investimento pubblico.
Come Legambiente e WWF hanno segnalato in occasione delle Osservazioni sull’articolo 4 del decreto legge n. 59/2021 (convertito dalla legge n. 101/2021), il Fondo complementare al Pnrr ha stanziato 9,4 miliardi di euro per la realizzazione dei primi lotti della linea ad AV/AC Salerno-Reggio Calabria – dal costo complessivo stimato di ben 30 miliardi di euro – come questa scelta sia stata fatta senza che siano considerati gli interventi già in atto per la velocizzazione della linea e che esistesse alcun approfondimento progettuale, ma solo sulla base di un documento preliminare relativo alle possibili alternative, con stime parametriche di costo estremamente generiche ed elevatissime (un km della nuova linea avrebbe costi di 3 alle 5 volte superiori a quelli delle linee ad AV francesi o spagnole).
Si è fatto questo richiamo sulla superficialità delle scelte nell’individuare le infrastrutture prioritarie perché analogo ragionamento può essere fatto nel caso dei 5 miliardi di euro che l’art. 133 del Ddl di Bilancio 2022 destina, dal prossimo anno e sino al 2035, ad opere per l’AV/AC sulla linea adriatica ferroviaria. Direttrice su cui ci sono già interventi di velocizzazione molto efficaci dell’ammontare di circa 1 miliardo di euro, nell’ambito della “rete snella”, voluta dall’allora ministro ai Trasporti e alle Infrastrutture Graziano Delrio che consentono di abbattere di un’ora la percorrenza tra Bologna e Lecce e che si aggiungono a quelli sinora effettuati su una linea che è stata già attrezzata per la circolazione dei treni merci secondo gli standard europei sino a Taranto e Gioia Tauro. In assenza di progetti definiti e valutabili, non si capisce perché si parli di promozione dell’Alta Velocità e non di semplice velocizzazione in sede, considerato anche che esiste ancora l’ipotesi, non condivisibile, di realizzare una linea totalmente nuova a monte delle aree urbane.
Inoltre, appare paradossale e contestabile, anche perché in aperto contrasto con gli obiettivi di decarbonizzazione, che, come previsto all’art. 138 del Ddl di Bilancio 2022, lo Stato decida addirittura di intervenire, con un contributo statale di 200 milioni di euro dal 2022-2027 (in fase iniziale 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023), in soccorso alla Regione Emilia-Romagna per la realizzazione dell’autostrada regionale Cispadana.
Sempre in materia autostradale si segnala anche l’art. 137 del DDl di Bilancio 2022 che destina 40 milioni di euro di contributo pubblico per ciascuno degli anni dal 2022 al 2026 per assicurare il riequilibrio delle condizioni economico-finanziarie della concessione SAT SpA al fine di chiudere definitivamente il contenzioso con la stessa SAT sulla revisione del rapporto concessorio, a seguito della pronuncia della Corte di Giustizia Europea del 2019 e della Procedura d’infrazione del 2014. Anche in questo caso bisognerebbe capire quali siano stati i reali investimenti operati da SAT che portano lo Stato a intervenire con 200 milioni di euro in 5 anni e soprattutto quando finalmente saranno date risorse ad ANAS per mettere in sicurezza la SS1 Aurelia tra Tarquinia e S. Pietro in Palazzi.
Tutela della biodiversità
E’ bene richiamare anche in questa occasione che nelle Strategie europee per la Biodiversità e per la Filiera agroalimentare (Farm to Fork), elaborate nel maggio 2020 dalla Commissione europea in coerenza con la roadmap per lo European Green Deal, vengono dichiarati gli impegni, con orizzonte al 2030, finalizzati a: proteggere almeno il 30% della aree terrestri e marine della Ue; prevedere un regime di protezione integrale per almeno 1/3 delle aree protette della Ue (10% del territorio dell’Unione); avere al 2030 almeno il 25% dei terreni agricoli gestiti con agricoltura biologica e ridurre il rischio e l’uso di pesticidi chimici del 50%.
L’Unione europea intende perseguire questi ambiziosi obiettivi mettendo anche in campo in ogni Paese membro dei Restoration Plans, ovvero piani nazionali di riqualificazione diffusa degli ecosistemi che favoriscano la connessione e la continuità delle reti ecologiche. Ma nel Ddl di Bilancio 2022 non c’è alcuna traccia di un disegno di questo respiro, pur se si ammette che le aree marine e terrestri tutelate per legge in Italia sono il 10,5% del territorio del nostro Paese (sempre come riportato nell’AG n. 297). Nella Manovra non c’è alcun sostanziale passo in avanti e la tutela della biodiversità ammonta ad un desolante stanziamento complessivo di 356 milioni di euro (sommando quanto previsto nella Tabella 9 per la tutela del mare, per le aree protette, per il controllo delle specie in via di estinzione e per i controlli ambientali fatti da ISPRA), pari all’1% dell’ammontare dell’intera manovra. Anche nel Pnrr la priorità dell’intervento sul nostro capitale naturale non è percepita, visto che si rendono disponibili a questo titolo dal 2021 al 2026 1,19 miliardi di euro, pari allo 0,5% dell’ammontare complessivo dei fondi assegnati all’Italia con lo Strumento Next Generation EU.
Infine, nella manovra 2022, non c’è alcuna nuova disposizione di sostegno all’agricoltura biologica o che disincentivi o limiti l’uso dei pesticidi, mentre, analogamente, nel Pnrr si decide di investire 2,1 miliardi di euro nella logistica, nell’Agrisolare o in strumenti tecnologici e macchinari, ma non si cita mai l’agroecologia e la priorità dello sviluppo delle filiere del biologico “Made in Italy” per promuovere una vera transizione ecologica dell’agricoltura e della zootecnia.