Il prossimo autunno i cittadini romani saranno chiamati a eleggere il loro nuovo sindaco, in una situazione critica per la città. Un viaggio nella storia della capitale dal dopoguerra a oggi, per capire come e perché è cambiata (molto in peggio). E come siamo arrivati a questo punto. Dal sito “cheFare”.
A ridosso delle elezioni comunali del 9 novembre 1946, si svolse a Roma una conferenza organizzativa della federazione romana del Partito comunista italiano. Il clima politico in città era da tempo infuocato, in sintonia con il resto del paese.
Erano passati poco più di tre anni dall’ignominiosa fuga della famiglia reale, la notte dell’8 settembre 1943, mentre la mancata difesa militare della capitale aveva lasciato tramortiti i suoi cittadini. I tedeschi occuparono in poco tempo la città: una reazione fu comunque tentata dai granatieri, dai soldati, dai carabinieri e dai civili (tanti gli operai e i proletari) che alla Magliana, alla Montagnola, sulla via Laurentina, all’Ostiense, a Porta S. Paolo, su viale Aventino, combatterono disperatamente una battaglia persa in partenza. Ne ha lasciato un ricordo vivido Claudio Pavone nelle memorie sulla sua scelta resistenziale. Giungendo dal Colosseo e da via San Gregorio (un tempo via dei Trionfi), con alle spalle l’arco di Costantino, oggi tra i siti archeologici più visitati al mondo, Pavone si diresse verso il Circo Massimo: lì si trovò di fronte «due paracadutisti tedeschi e accanto a loro un cannoncino anticarro colpito da un proiettile italiano», poco più in là la vista di «un altro paracadutista» che «era andato a morire con le spalle appoggiate al muretto del Circo Massimo». Il racconto dello storico si conclude con la desolante descrizione della divisione Piave, in attesa di ordini mai giunti, «schierata in perfetto ordine a Villa Borghese». Di lì a breve la divisione sarebbe stata circondata e disarmata dai reparti tedeschi.
L’occupazione nazista durò poco meno di 9 mesi: tanto bastò per infliggere alla popolazione civile terrore, guerra interna, deportazioni, bombardamenti, rastrellamenti, rappresaglie, delazioni, paura e fame. Il 4 giugno 1944 gli anglo-americani entrarono, finalmente, a Roma, divenuta la “prima capitale dell’Asse” ad essere liberata. Segnata dalle distruzioni e dalla miseria dilagante, la città, a capo di una nazione ancora occupata da eserciti stranieri contrapposti e lacerata dalla guerra civile, divenne il palcoscenico della ricostruzione democratica. Sotto il controllo delle forze alleate di occupazione, infatti, si assistette ad una vivacissima ripresa delle attività politiche. Il 9 giugno si costituì la Confederazione generale italiana del lavoro, grazie all’accordo delle diverse componenti sindacali (comunista, cattolica e socialista). Pochi mesi più tardi, il 29 agosto, vennero fondate le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli), il 31 ottobre, invece, nacque la Confederazione nazionale dei coltivatori diretti.
Per quasi tutto il 1945, con la guerra ancora in corso, le principali forze politiche del paese tennero i loro congressi a Napoli o nel Meridione liberato, ma già in agosto il Pci organizzò a Roma la sua prima conferenza economica, mentre di lì a poco, il 29 dicembre, sempre nella capitale, si sarebbero svolti i lavori del suo V congresso.
Il 1946 vide susseguirsi innumerevoli iniziative democratiche, impossibili da sintetizzare in questa sede, senza contare le tante e decisive scadenze elettorali: tra il 10 marzo e il 7 aprile si svolse una prima tornata di elezioni amministrative, il 2 giugno fu la volta del referendum istituzionale e delle elezioni per la Costituente, tra il 9 e il 10 novembre, come abbiamo visto, si concluse il secondo turno delle amministrative. A Roma il confronto tra monarchia e repubblica vide una piccola ma significativa maggioranza di consensi nei confronti della monarchia, in particolar modo nei quartieri borghesi, mentre in quelli popolari dei quadranti sud-orientali prevalse la scelta repubblicana. Nelle elezioni per l’Assemblea costituente, invece, la Democrazia cristiana divenne il partito più votato in città. Pochi mesi dopo, tuttavia, nelle elezioni comunali del 10 novembre, il primo partito fu il Fronte dell’Uomo Qualunque con il 20,7% dei voti.