Le pagine della crisi/A new narrative for Europe, l’iniziativa lanciata da Barroso per costruire un nuovo racconto d’Europa svela che il re non è mai stato tanto nudo come oggi
Mentre le politiche di austerità raccomandate dalla Commissione europea devastano ogni giorno di più le periferie geografiche e sociali dell’Europa, il Presidente della stessa Commissione, il conservatore portoghese José Manuel Barroso, si diletta con la narrativa. Il 1˚ marzo, alla compiaciuta presenza della cancelliera Angela Merkel, si è infatti concluso a Berlino l’iter dell’iniziativa A new narrative for Europe, lanciata dallo stesso Barroso nella primavera del 2013.
«Se li vuoi persuadere, racconta loro una storia», recitano da almeno trent’anni tutti i principali manuali di marketing in circolazione. In assenza di qualsivoglia risultato concreto spendibile presso un’opinione pubblica sempre più euroscettica, l’enfasi posta da Barroso negli ultimi dodici mesi sulla ricerca di un «nuovo racconto per l’Europa» è del tutto comprensibile: come egli stesso dichiarò a Milano nel dicembre dello scorso anno, all’Europa di oggi serve una storia che «la renda attraente per gli europei come Europa fu per Zeus». L’allusione al mito greco, che in definitiva parla del rapimento e dello stupro di una fanciulla da parte del re degli dei, meriterebbe di essere analizzata in quanto tale. Come, del resto, meriterebbero una riflessione approfondita anche le scuse non richieste della commissaria alla Cultura Androulla Vassiliou che, presentando A New Narrative, ha affermato che solo la cultura può permettere di «creare un’Europa dal volto umano».
Scivolate lugubri a parte, tuttavia, è l’operazione in quanto tale a meritare di essere indagata. Essa è stata infatti presentata come un grande concorso di idee, aperto a intellettuali, artisti e cittadini, sotto la supervisione di un comitato culturale ricco di scrittori, direttori di istituzioni scientifiche e visual artists di vario genere. E privo di storici di professione, si potrebbe aggiungere, se la cosa non fosse scontata per un’iniziativa il cui l’obiettivo dichiarato non era comprendere il passato, ma raccontarne uno in grado di ispirare fiducia nel futuro (il George Orwell di 1984 non avrebbe saputo dirlo meglio).
Il documento conclusivo dice ciò che la vulgata ripete a ciclo continuo: attraverso i secoli l’Europa ha sempre saputo trovare la luce anche nelle ore più buie e non ha mai smesso di illuminare il mondo con i propri principi di pace, libertà, democrazia e legalità (con la costruzione dell’Unione europea a rappresentare la migliore garanzia per la tutela e l’espansione di questi ideali negli ultimi cinquant’anni). Stiano tranquilli, insomma, i giovani (e non più giovani) senza reddito, gli anziani senza una pensione decente e anche i genitori di quei bambini che, nelle scuole greche, svengono per la fame: questo brutto momento passerà, purché non si metta in discussione l’idea che l’Europa esistente è l’unica Europa possibile. Come ci ha spiegato lo storico britannico Benedict Anderson ormai trent’anni fa, la costruzione degli stati nazionali ha sempre richiesto politiche mirate, dall’alto verso il basso, indirizzate alla creazione del senso di appartenenza alla “comunità immaginata” della nazione: scolarizzazione e sviluppo di una lingua comune, costruzione dei monumenti al milite ignoto, promozione del ricordo di determinati eventi (e rimozione di altri).
Sotto il manto post-moderno dei racconti e del concorso di idee Barroso non ha cercato di fare niente di nuovo, sia pure con la complicazione di muoversi su un terreno sovranazionale. Tuttavia, proprio il fatto che il Presidente della Commissione abbia ritenuto necessario far sembrare che il proprio racconto dell’Europa scaturisse da una consultazione aperta è forse anche il segnale che il potere esita nel proporre, tanto più nell’imporre, la propria visione del continente. Forse, senza volere, Barroso ci ha detto che il re non è mai stato nudo quanto oggi.