O. Blanchard e J. Zettelmeyer, in un recente articolo nel valutare la Nadef 2018 ripropongono la logica della “austerità espansiva”, sostenendo che oggi nel nostro Paese si verificherebbe il suo reciproco, la “espansione fiscale restrittiva”. Una polemica vecchia e pericolosa per la stessa tenuta della Ue.
La manovra economica del governo (Nadef 2018) presenta delle criticità che ne pregiudicano l’efficacia e, nell’ insieme, difetta della visione di lungo respiro che sarebbe particolarmente appropriata all’inizio di una legislatura “di cambiamento”. Tuttavia, le critiche che essa merita non dovrebbero distogliere l’attenzione dalla maggiore pericolosità insita in altri ingiustificati rilievi che le vengono rivolti.
O. Blanchard (ex capo economista del Fmi) e J. Zettelmeyer (ex direttore generale per le politiche economiche del ministero tedesco dell’Economia), in un loro recente articolo, sostengono che la crescita del Pil perseguita dal governo con il deficit di bilancio al 2,4% non sarà raggiunta poiché il suo effetto espansivo sarà più che compensato da quello contrario derivante dall’aumento dei tassi d’interesse provocato dalla stessa manovra. I due autori (B&Z) riconoscono che le politiche del “rigore” attuate dal governo Monti nel 2012 e sostenute dall’Unione Europea, diversamente dalla pretesa che avrebbero avuto effetti positivi sulla crescita (la paradossale “austerità espansiva”) – rallentarono la produzione in Italia di quasi il 2%. B&Z, ammettono che “generalmente”, anche in un paese con elevato debito pubblico, le politiche fiscali espansive fanno aumentare la crescita e quelle restrittive la deprimono. Ciò nonostante, nel valutare la Nadef 2018, ripropongono la logica della “austerità espansiva”, sostenendo che oggi nel nostro paese si verificherebbe il suo reciproco, cioè la “espansione fiscale restrittiva”.
Come si mostra con maggior dettaglio in un saggio sulla rivista on-line Economia e Politica, la difformità tra l’esito positivo sulla crescita “generalmente” atteso da una politica fiscale espansiva e quello negativo attribuito specificamente alla Nadef da B&Z non è adeguatamente spiegata. Essi ripropongono assunzioni analitiche e valutazioni empiriche simili a quelle che nel recente passato hanno indotto erroneamente ad accreditare effetti espansivi alle misure restrittive di consolidamento fiscale, giustificando in tal modo politiche che là dove sono state seguite con maggior “rigore”, come nell’Ue, hanno anche generato performance economiche particolarmente insoddisfacenti e conseguenze socio-politiche preoccupanti.
C’è il rischio che l’avvicinarsi delle elezioni europee con aspettative preoccupanti per le forze politiche da tempo in maggioranza in molti Paesi europei favorisca un rafforzato accreditamento della “austerità espansiva”/“espansione restrittiva” da esse tradizionalmente sostenuto e che ciò stimoli nuovamente posizioni e contrapposizioni come quelle che si manifestarono in occasione della “questione greca” che già allora travalicavano i problemi di quel paese e il loro impatto sulla costruzione europea.
C’è da sperare (ma solo di speranza si tratta) che neanche i più fondamentalisti assertori della costruzione europea fondata sulla “austerità espansiva” e sul suo valore “etico-educativo” possano pensare a cuor leggero di replicare il comportamento avuto con la Grecia, applicandolo oggi all’Italia, le cui dimensioni economiche e i cui intrecci produttivi e finanziari con l’Europa sono di gran lunga più strutturali. Questa volta sarebbe molto più forte il rischio di porre fine all’Unione Europea, e ciò avverrebbe con modalità ed esiti imprevedibili.
Purtroppo, prospettive di questo tipo non possono essere escluse, ma sarebbe fuorviante collegarle più di tanto al disavanzo del bilancio pubblico del 2,4% programmato dal governo italiano per il 2019. Invece, queste prospettive devono far riflettere sullo stato di deterioramento del processo di costruzione europea e sulle sue contraddizioni; tra le quali c’è anche l’incapacità di emanciparsi dal deleterio connubio tra fondamentalismo di mercato e idiosincrasie nazionali elevate a principi etici che ha partorito anche ossimori concettuali come la “austerità espansiva” e la “espansione restrittiva”.
Nella politica del governo che si sostanzia nella Nadef 2018 si evidenziano diversi elementi di criticità. Essi sono sintetizzabili: nella limitata capacità espansiva dei progetti che specificamente la compongono; in una carente visione di lungo periodo necessaria ad affrontare i problemi strutturali del nostro sistema economico; nelle modalità provocatorie, ritenute elettoralmente fruttuose, seguite nelle trattative con l’Ue che, tuttavia, non aiutano a superare le sue regole controproducenti.
Ma se si critica la manovra economica del governo non tanto e non solo per i suoi limiti effettivi e si accetta di cavalcare strumentalmente o anche solo di sottovalutare la riproposizione della deleteria “austerità espansiva”/”espansione restrittiva”, si favoriscono esiti strutturalmente peggiori. Si pregiudicano ulteriormente non solo gli equilibri economico-sociali in Italia e nell’Ue, ma anche le possibilità di riavviare su percorsi più condivisi e realizzabili la costruzione europea che è resa sempre più necessaria dall’evoluzione degli equilibri geopolitici mondiali successivi alla globalizzazione dei mercati.