Il semestre italiano di presidenza dell’Ue volge al termine, e di quell’accelerazione che esso avrebbe dovuto imprimere ai negoziati dell’Accordo Transatlantico di Liberalizzazione commerciale (Ttip) non c’è traccia. Anzi: il ciclo negoziale previsto a Bruxelles per dicembre è stato prima rimandato a gennaio, per poi slittare successivamente alla prima settimana di febbraio, provocando non poco […]
Il semestre italiano di presidenza dell’Ue volge al termine, e di quell’accelerazione che esso avrebbe dovuto imprimere ai negoziati dell’Accordo Transatlantico di Liberalizzazione commerciale (Ttip) non c’è traccia. Anzi: il ciclo negoziale previsto a Bruxelles per dicembre è stato prima rimandato a gennaio, per poi slittare successivamente alla prima settimana di febbraio, provocando non poco nervosismo da parte statunitense. Il vice ministro al commercio italiano Carlo Calenda, intervenuto dieci giorni fa al seminario sulla (poca) coerenza italiana tra le politiche commerciali e di sviluppo – organizzato a Roma presso l’Ilo da Arcs in collaborazione con la Cgil nell’ambito delle attività delle ong italiane per il Semestre – ha rivendicato il tentativo italiano di spingere verso l’approvazione di un Ttip “alleggerito”. Un testo, insomma, che rispecchiasse gli interessi aggressivi italiani in materia di moda e agroalimentare da esportazione, servizi e appalti e concentrasse il Meccanismo di protezione degli interessi degli investitori contro gli Stati (o Isds, paraistituzione prevista dal Ttip) al suo core business, cioè contrasto della concorrenza sleale e degli espropri: praticamente l’intero ventaglio delle cause ad oggi intentate dalle grandi imprese contro le amministrazioni pubbliche. La proposta, sostenuta anche da altri Paesi in Ue, contava, infine, sul fatto che le questioni più spinose potessero essere risolte più tardi, in via riservata e tecnica, presso il Consiglio per l’armonizzazione dei regolamenti: l’altra para-istituzione creata dal TTIP che, secondo l’ipotesi attuale, potrebbe, su sollecitazione dei portatori d’interesse – essenzialmente imprese e organismi di regolazione, non Stati, né eletti – esaminare e archiviare come barriera al commercio tutte le regole di sicurezza, gli standard, le precauzioni ad oggi previste dalle normative nazionali nel loro complesso. Al Governo Renzi sarebbe stato possibile adornare la foto-ricordo del Semestre della cornice transatlantica, agognata fin dalla prima visita del presidente Obama a Roma, per poi rimandare al comodo cono d’ombra del calo dell’attenzione pubblica, tutte le questioni più spinose rimaste eventualmente aperte.
La Commissione Junker, tuttavia, sembra respingere vibratamente al mittente il tentativo. Anzi: quando di recente alcuni parlamentari europei della Commissione Commercio internazionale (Inta) ne hanno fatto cenno al capo negoziatore UE Ignacio Bercero, questi ha chiarito abbastanza seccamente che non c’è traccia nella posizione da loro sostenuta dell’ipotesi nostrana. E che la trattativa procederà indisturbata, senza tenerne ne’ conto ne’ memoria, con buona pace della diplomazia commerciale italiana che s’è data un gran daffare in questi mesi per pubblicizzarla tra Washington e le capitali europee. Ha già i suoi grattacapi Junker, che per dar tacitare le proteste contro la segretezza dei negoziati aveva proposto una consultazione pubblica online sull’opportunità o meno di prevedere nel Ttip la possibilità per le imprese di citare gli Stati in un apposito arbitrato, l’Isds, e che di fronte alle oltre 150mila risposte, in gran parte negative, ha rimandato dal settembre scorso fino ad oggi la presentazione dei risultati, sembra volerli far conoscere oggi ai soli eurodeputati. Oggi 19 dicembre a Bruxelles, per di più, contadini sui trattori, sindacati, studenti e movimenti, stringeranno con una catena umana e un corteo il Summit europeo, rivendicando la cancellazione del Ttip, ma anche l’accordo di liberalizzazione già raggiunto col Canada (Ceta) e il negoziato di liberalizzazione dei servizi (Tisa). In Italia incontri e volantinaggi da Ferrara, a Brescia, a Napoli, vedranno la Campagna Stop Ttip discuterne con sindacati e parlamentari, mentre in tutta Europa sarà twitter storm inserendo nel “cinguettio! il link alla campagna http://goo.gl/TmMgZk, gli hashtag #StopTTIP e #D19 e l’indirizzo @StopTTIP_Italia. Perché l’Austerity, protagonista del Summit, ha bisogno di mani più libere per agire indisturbata, e primo obiettivo di Ttip e dintorni, più che liberare il commercio, è limitare surrettiziamente la capacità legislativa e la sovranità nazionale ed europee. Ma qualcuno se n’è accorto, e la foto ricordo al momento risulta sfocata, tendente al mosso.