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Trump e la questione ambientale

Affermando con forza il suo pensiero anche su temi sconosciuti come l’energia e il risparmio di natura, il nuovo presidente degli Usa uno può fare veri disastri

fumo

All’inizio del XX secolo il maggior problema ambientale di Londra, la città più grande e moderna del mondo non era lo smog o il Tamigi torbido e maleodorante per gli scarichi dell’industria, ma era lo sterco lasciato in strada dai trecentomila cavalli presenti in città. La città d’altro canto funzionava per merito dei cavalli. Senza di essi la metropoli, con i suoi dieci milioni di abitanti non sarebbe nata. La notazione-cavalli è di The Economist che la pone in apertura della sezione The burning question Climate change in the Trump era,dal titolo A Special Report on the Oil Industry. Il senso del discorso è: da un paio di secoli l’intero mondo gira servendosi delle energie fossili – carbone, gas, petrolio soprattutto – e il disagio ambientale che esse provocano si sopporta in vista degli innumerevoli vantaggi. Ora il mondo sta cambiando di nuovo e quello che ieri era indispensabile diventa oggi, sempre più, causa di logoramento e di costo. Il mondo gira e rigira, senza badare ai nostri cambiamenti di umore. Con esso, girano i problemi ambientali che spesso si rovesciano nel loro contrario, come il giorno nella notte, mentre tutto intorno il sistema solare prosegue senza soste il suo corso, come se niente fosse; o quasi.

Nelle ere precedenti, quello stesso residuato equino londinese era molto ricercato dagli agricoltori come concime e naturalmente i giardinieri, di Londra e di mille città – ma questo The Economist non lo scrive anche se ne è certamente al corrente – ne facevano incetta. Tanto per dire che, a conferma di quanto il settimanale londinese afferma con convinzione, perfino i rifiuti dell’energia potrebbero venire utili: anche le scorie dunque hanno un’utilità e un mercato, proprio come la cacca dei cavalli; dapprima risorsa; poi fetido disastro ambientale, poi disturbo marginale e folcloristico; poi più niente; fino alla prossima svolta, con un uso a pagamento e un mercato.

Questo pensiero consolatorio ci ha accompagnato per decenni, anche se non ce ne eravamo accorti. Il nostro inconscio quieto vivere e la facile adesione alle regole del buon vivere ecologico – non buttare carte sulla spiaggia; fai la raccolta differenziata – è stato denunciato una volta per tutte (e per tutti) da Naomi Klein all’inizio del suo libro, chiamato in italiano “Una rivoluzione ci salverà”. Serve qualcosa d’altro, nei comportamenti individuali e collettivi, serve studiare, serve capire, serve agire per evitare, finché è possibile, il disastro. Nell’epoca dei Donald Trump tutto questo pasticcio sarebbe un bel pasticcio da solo, anche a mondo politico e geo-strategico immutato; per intenderci: se avesse vinto Hillary. Invece le novità sul petrolio e il risparmio energetico, sul disambiente e lo spreco, potrebbero causare incertezze e oscillazioni per l’azione di Donald Trump, presidente eletto degli Usa, anche se non sembra che Trump abbia remore a dire subito e a pensare poi la prima cosa che gli passa per la testa in temi che non sono direttamente quelli suoi: la finanza di corsa, il business dell’intrattenimento, la costruzione di grattacieli; altro non sa e se lo sa, fa di tutto per dimenticarlo; di conseguenza parla spesso di ciò che non conosce.

Affermando con forza il suo pensiero in temi sconosciuti come l’energia e il risparmio di natura, il nuovo numero uno può fare veri disastri. In primo luogo mette tutti i veri boss dell’energia: sette sorelle, emiri del petrolio, banchieri di Wall Street, fondi sovrani, autocrati russi, trapanatori americani, nel massimo imbarazzo e nella necessità di rifare rapidamente i conti, scegliere tattiche e strategie, alleanze e conflitti, con una pericolosa deriva, foriera di guai imprevedibili. Da semplice miliardario americano, prima di buttarsi in politica, aveva però una convinzione di fondo, quella che Naomi Klein nel suo libro del 2014/15, dunque prima di tutte le primarie, riassume così: Per “Donald Trump e quelli del Tea Party(…) il fatto stesso che l’inverno ci sia ancora prova che è tutta una bufala”.

Toccherà a sindacati e movimenti, a speculatori e buoni-padri-di-famiglia, a studiosi isolati o associati, e qui e là, di darsi da fare per evitare il peggio. Toccherà a noi tutti, costretti a immettere la variante Trump in una brodaglia già di per sé confusa e maleodorante, opaca e ribollente, di trovare la formula per capirci qualcosa, senza sbattere la testa e senza affondare nei misteri.