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Se la politica diventa sotterranea. Intervista a Mary Kaldor

Indignados e Occupy Wall street rappresentano l’emergere di una “politica sotterranea” che pone in forme nuove il problema della democrazia a livello nazionale e globale. L’Europa è lontana dall’orizzonte di queste proteste, ma è un terreno chiave per rinnovare la politica e democrazia

Mary Kaldor è professore di Global governance alla London School of Economics ed è tra i curatori dell’annuario “Global Civil Society Yearbook” (Palgrave). L’edizione 2012, appena pubblicata, è dedicata a “Dieci anni di riflessioni critiche” sull’azione della società civile a scala globale. Mary Kaldor è stata negli anni ’80 tra i leader del movimento per la pace in Europa e ha sviluppato il principio di “sicurezza umana” come paradigma alternativo agli interventi militari nei nuovi conflitti (“Human security: reflections on globalization and intervention”, Polity, 2007). Negli ultimi mesi Mary Kaldor ha guidato un gruppo di ricerca internazionale che ha analizzato l’evoluzione dei movimenti di protesta contro la crisi in Europa. Il lavoro che presenta i risultati ha come titolo “The ‘bubbling up’ of subterranean politics in Europe” (Il ‘ribollire’ della politica sotterranea in Europa; i materiali sono disponibili sul sito www.gcsknowledgebase.org.

Di fronte alla crisi economica e politica in Europa, come possiamo interpretare le proteste che hanno caratterizzato le piazze di Madrid, Francoforte e Atene? Quanto sono legate ai contesti nazionali e che cosa hanno in comune?

Siamo di fronte a uno di quei rari momenti in cui quella che noi abbiamo definito “politica sotterranea” – rappresentata ad esempio dagli Indignados in Spagna o dal movimento Occupy a Francoforte – raggiunge la superficie. La sfiducia verso i governi e la classe politica in generale è ampiamente condivisa in tutta Europa. Si è aperto un divario tra politica e cittadini e le dimostrazioni di piazza, le proteste e le occupazioni riscuotono sempre più appoggio in tutta la società. I movimenti della “politica sotterranea” non sono solo espressione del malcontento per la crisi economica o per le politiche di austerità imposte dai poteri europei, ma l’espressione di un rinnovato bisogno di espressione politica che va al di là delle normali forme di partecipazione democratica. La piazza assume un ruolo centrale nella pratica delle nuove forme democratiche, come ad Atene o Madrid. In Italia la campagna per il referendum dello scorso anno rappresenta un esempio di quelle pratiche democratiche dal basso che sono state sviluppate dalle iniiziative della “politica sotterranea”. Internet rappresenta inoltre uno strumento di organizzazione comune e molti attivisti sono preoccupati per la libertà della rete e per le norme anti-pirateria. Il rifiuto della politica tradizionale e la richiesta di democrazia è quello che hanno in comune le diverse proteste, poi i temi e i modi delle azioni sono legate ai contesti nazionali. L’idea di una “politica sotterranea” che sta emergendo mi sembra molto più efficace per capire gli sviluppi attuali della contrapposizione tra politica e “anti-politica”.

Qual è la percezione che questi movimenti hanno delle istituzioni europee?

L’Europa non ha alcun ruolo nel dibattito interno delle iniziative e organizzazioni che abbiamo analizzato. L’Unione europea è percepita come un’istituzione neoliberista che impone le sue regole dall’alto, senza alcun rapporto con i cittadini, e di cui molto spesso non si conosce il funzionamento. Anche se molti degli intervistati si sono definiti “europei”, soltanto una ristretta cerchia di critici ed esperti sembra interessata ad agire a livello europeo. Molte delle lotte condivise mantengono un orizzonte europeo, come la Tobin Tax, le politiche per la tutela dell’ambiente e la libertà della rete, ma non c’è interesse a sfidare le istituzioni europee in quanto tali. Inoltre, come per le istituzioni democratiche nazionali, c’è sfiducia anche nella democrazia europea. Quello che interessa ai movimenti è la possibilità di esperienze immediate di democrazia, e il livello che prevale è quello locale.

La “politica sotterranea” è una reazione temporanea o può evolversi in un nuovo modello di azione politica?

Finora hanno prevalso le reazioni immediate, ma c’è bisogno di raccogliere e incanalare queste nuove forze verso una nuova politica. Questo vale per il bisogno di una politica che restituisca ai cittadini forme di controllo sulle decisioni che si prendono a livello nazionale e sull’esigenza di ridimensionare il potere della finanza – un tema posto da Occupy a New York e alla City di Londra. E vale anche per l’Europa; nonostante la percezione negativa delle istituzioni europee, questi movimenti rappresentano l’opportunità di costruire una vera democrazia trans-europea sottraendo energie a quei populismi che premono per l’opposto. Il primo passo in questa direzione è riconoscere il ruolo della “politica sotterranea” nel dibattito pubblico, darle lo spazio perché si possa sviluppare. Non sarà possibile risolvere la crisi economica senza prima risolvere la crisi della democrazia; entrambe si presentano innanzi tutto con una dimensione europea. L’Europa deve diventare il nuovo spazio per re-immaginare la democrazia, e la “politica sotterranea” rappresenta un punto di partenza.