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Il Covid non ha fatto male a tutti

L’equilibrio economico e finanziario nel mondo emerge dal Covid trasformato. Mentre l’asse industriale si sposta sempre più verso i paesi asiatici, un’indagine Mediobanca mette in luce l’enorme giro d’affari del settore “websoft”, dal quale l’Italia resta esclusa.

Non tutto il male viene per nuocere

I disastri, le calamità, le pestilenze non fanno mai male veramente a tutti, anche se di solito danneggiano la gran parte delle persone e delle attività economiche e sociali. C’è sempre qualcuno che riesce a uscirne rafforzato; tutta la storia è piena di esempi in tale senso. 

Il riscaldamento climatico, un potenziale grande sciagura per l’umanità e che già oggi provoca in giro parecchi guai, riesce ad esempio a creare molti nuovi vinicoltori nella Gran Bretagna meridionale, e trasforma la Siberia in una grande area agricola, tanto che la Russia è diventata in pochissimo tempo la principale produttrice ed esportatrice di grano del mondo, con rilevanti  vantaggi economici, almeno per il momento. Sino a quando il riscaldamento climatico non travolgerà, magari, tutto e tutti.  

Risultati molto positivi per qualche Stato e molte imprese, oltre a numerose persone, si stanno vedendo chiaramente e su larga scala dopo lo scoppio della pandemia. Il quadro in proposito appare ormai abbastanza definito nelle sue grandi linee e non siamo i primi a parlarne. Questo articolo non racconta grandi novità; si limita soltanto a cercare di mettere in forma organica una serie di cose che si leggono in proposito.   

Tralasciamo alcuni aspetti del quadro, quale quello rappresentato dal fatto che la criminalità organizzata riesce, grazie alle liquidità accumulate in anni di lavoro, ad impadronirsi a poco prezzo di attività economiche anche importanti. E tralasciamo anche le grandi società straniere in grado di offrirsi nel nostro paese,  in Spagna o in Grecia e altrove, per rilevare società promettenti, ad esempio nel settore turistico, senza grandi sforzi finanziari. 

I paesi vincitori

A livello di singoli paesi l’indiscutibile vincitrice del torneo è la Cina. Già la crisi del 2008 la aveva vista uscirne per molti aspetti rinvigorita, riuscendo a trascinare verso la ripresa con la sua spinta economica il mondo intero grazie anche ad un rilevante piano di rilancio. Ora la scena si ripete con la crisi del Covid. La Cina è l’unico paese di grandi dimensioni a mostrare un segno più per il Pil nel 2020 (+2,3%), mentre per il 2021 l’espansione della sua economia dovrebbe collocarsi intorno al 9,0-10,0% (nel primo trimestre la crescita è stata del 18,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). Intanto le esportazioni del paese asiatico sono da parecchi mesi in pieno boom, spinte dall’elettronica, dai beni di consumo, dagli articoli medicali, mentre i trasporti marittimi sono ingolfati perché non riescono a smaltire adeguatamente il grande traffico provocato delle produzioni cinesi che prendono la strada dell’Europa e degli Stati Uniti.

Spinti dalla situazione, in queste settimane gli ordinativi ai cantieri per nuove grandi navi e per nuovi container stanno raggiungendo nel mondo valori da primato, mentre la Cina e la Corea del Sud fanno a gara per accaparrarsi le commesse relative. 

Ma, a parte la Cina, escono bene dalla crisi anche altri paesi dell’area (una decina in tutto, dal Vietnam alla Corea del Sud, dal Bangladesh a Taiwan, a Singapore) che, come la prima, sono riusciti a battere presto la pandemia e che si affermano tendenzialmente come il nuovo centro del mondo industriale e, più in generale, di quello economico e tecnologico.  

Tra i beneficiati c’è sicuramente Taiwan, con la sua industria di componenti, oggi la più importante del mondo, con la TSMC, la più rilevante impresa del settore e forse l’impresa strategicamente più importante del mondo. Ancora nei primi mesi del 2021 gli ordini per le esportazioni dall’isola sono cresciuti del 49% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Quelle del Vietnam, paese che ha visto anch’esso il segno più nel Pil del 2020, sono nel frattempo aumentate del 6,5% (The Economist, 2021, a). 

Le riserve valutarie delle prime 10 economie asiatiche si sono incrementate di 410 miliardi di dollari nel 2020, il più grande aumento mai registrato.  

Le monete di Cina, Giappone, Corea del Sud si sono apprezzate di valore in media del 5% contro il dollaro dalla seconda metà del 2020 e sino a metà marzo 2021.

I settori fortunati

L’area studi di Mediobanca ha pubblicato di recente un’analisi dei bilanci 2020 delle più grandi multinazionali mondiali (Olivieri, 2021). Sono inserite nello studio 183 società con ricavi complessivi di oltre 8 mila miliardi di euro e circa 21 milioni di occupati. 

Nel 2020 il loro giro d’affari complessivo è complessivamente diminuito di circa il 3,0%, ma dal quadro emerge che, mentre da una parte una serie di settori hanno sofferto anche molto per la pandemia (produttori di mezzi di trasporto, moda, società petrolifere), con cali anche importanti di fatturato, profitti, livelli occupazionali, invece altri settori – quella che Mediobanca chiama il “Websoft” (+ 20%), ma anche la grande distribuzione (8,5%) e l’industria alimentare (7,9%) – hanno visto un miglioramento anche rilevante dei loro risultati.

Lo studio di Mediobanca non ricorda il settore del lusso, ma, come titola il quotidiano Liberation (Lefiliatre, 2021), mentre il mondo crolla, il lusso prospera: le grandi case francesi (e italiane) del settore stanno registrando risultati qualificati come “stratosferici”, in particolare con le loro vendite in Asia.  

Rispetto alle aree geografiche, nello studio Mediobanca si ribadisce nella sostanza quanto già visto nel paragrafo precedente: l’area Asia-Pacifico e quella delle Americhe riescono a cavarsela abbastanza bene. Da rilevare in particolare, come già ricordato, il caso cinese (+11,2%). Ne soffre invece l’Europa (-14,5%) e in particolare l’Italia (-29,0%), per la sostanziale assenza in questo ultimo caso di imprese operanti nel settore digitale.  

Da un’analisi fatta dall’Economist (The Economist, b, 2021) sui bilanci di 311 imprese dell’elenco delle prime 500 società comprese nell’elenco Standard & Poor’s, tra i maggiori perdenti dell’anno figurano la ExxonMobil, la Boeing, la Chevron e la Att. Mentre tra quelle che guadagnano di più, e sono parecchie, troviamo, tra l’altro, Apple, Alphabet-Google, Amazon.

Per altro verso la pandemia ha favorito, almeno per un aspetto, il sistema bancario di molti paesi, anche se complessivamente la situazione di quello europeo non appare brillantissima. Dallo scoppio della pandemia in poi, in nazioni come l’Italia e la Francia si è verificato un rilevante aumento dei depositi bancari precauzionali. Più in generale nei paesi dell’Eurozona i risparmi dei privati sono aumentati nel 2020 di circa 500 miliardi di euro. Intanto negli Stati Uniti le somme stanziate da Donald Trump e da Joe Biden a sostegno delle imprese e dei privati in difficoltà solo per il 25% sono andate ad alimentare i consumi, mentre il restante 75% è stato utilizzato per aumentare i risparmi, bancari e non, e per ripagare i debiti, anche in questo caso di frequente verso le banche.

Anche parte del settore assicurativo non se la è passata troppo male. Così, come ci racconta Il Sole 24 Ore (Pezzatti, 2021), con i veicoli fermi o con percorrenze limitate, gli incidenti o “sinistri” si sono molto ridotti, lo stesso è avvenuto per i furti e per gli infortuni. Nel nostro paese sembra che abbiano approfittato di questa congiuntura  società come Unipol e Cattolica.   

Viva i ricchi  

L’andamento delle borse mondiali nel periodo della crisi sanitaria ed economica è andato in controtendenza, in particolare in alcuni settori, in alcuni paesi, infine per alcune aziende.

Come riporta una rivista francese (Soula e altri, 2021) i 10 uomini più ricchi del pianeta hanno guadagnato, nel periodo marzo-dicembre 2020, circa 540 miliardi di dollari. Perché posseggono quote importanti di azioni che hanno prosperato durante la crisi, da Amazon a Google, a Facebook. E inoltre c’è da ricordare che l’immissione da parte delle banche centrali di un fiume di denaro nell’economia per sostenerla, finisce per gran parte sul mercato finanziario, alimentando così il corso delle azioni e delle attività immobiliari. 

La capitalizzazione di borsa dei giganti del Web è aumentata in misura spettacolare. Il valore di Zoom si è incrementato di 4-5 volte, quello di Tesla altrettanto, quello di Apple ha superato, e di molto, i 2000 miliardi, valore maggiore a quello delle imprese presenti nell’indice FTSE Mib italiano o nel CAC 40 francese.

Nella classifica di Forbes per il 2020 riguardante gli uomini più ricchi del pianeta (Dolan, 2021) risulta che nell’ultimo anno, in piena pandemia, sono nati 493 nuovi miliardari (in dollari), per la precisione uno ogni 17 ore, mai stati così tanti. La classifica conferma lo spostamento progressivo del centro della ricchezza dagli Stati Uniti alla Cina. Nel 2020 i nuovi miliardari cinesi sono stati 210, mentre quelli statunitensi “solo” 98. Inoltre Pechino è diventata la prima città al mondo come numero di miliardari, con 100 fortunati, contro 99 a New York.  Anche in questa classifica, l’Europa è risultata al traino.

Tra i tanti privilegi dei ricchi ce n’è uno minore, eppure rilevante: la molto maggiore possibilità di continuare a girare il mondo a piacimento, mentre ai comuni mortali non è permesso, se non tra mille difficoltà. E non sappiamo ancora fino a quando.

Testi citati nell’articolo

-Dolan K. A., Forbes’s 35th annual world’s billionaires lists: facts and figures 2021, Forbes, 6 aprile 2021

-Lefiliatre J., le monde s’effondre, le luxe prospère, Liberation, 16 aprile 2021

-Olivieri A., Petrolio, aerei, auto e moda: ecco le vittime del covid, www.il Sole 24 Ore.it, 31 marzo 2021

-Pezzatti F., Rc auto e danni, ecco i gruppi più favoriti dal lockdown, Il Sole 24 Ore, 17 aprile 2021

-Soula C. ed altri, Miliardaires, Gafam, Chine…Ce sont eux les grands gagnants du covid, www.nouvelobs.com, 14 febbraio 2021

The Economist, Harbingers of boom, 13 febbraio 2021, a

The Economist, Power in reserves, 27 marzo 2021, b