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Finanza, l’Europa batte un colpo

Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio, è stata approvata la Mifid, la Direttiva europea che dovrebbe regolamentare il mercato finanziario. Per il Financial Times si tratta della più grande riforma dei mercati dall’inizio della crisi. Un bicchiere mezzo pieno, anche se molto rimane da fare

Secondo il Financial Times, “l’Europa ha approvato la più grande riforma dei mercati finanziari dalla crisi nel 2008”. Dopo due anni di negoziati, nella notte tra il 14 e il 15 gennaio i Paesi membri e il Parlamento europeo hanno trovato un accordo sulla nuova versione della Mifid o Markets in Financial Instruments Directive, la Direttiva che dovrebbe regolamentare diverse attività finanziarie, e in particolare molte di quelle considerate più rischiose.

Tra queste ricordiamo la questione degli scambi ad alta velocità o high frequency trading, le operazioni direttamente gestite da computer e algoritmi sempre più complessi, che rappresentano ormai la maggioranza delle transazioni finanziarie e che creano enorme instabilità e volatilità sui mercati. Ancora, la Mifid era chiamata a intervenire per una maggiore trasparenza delle dark pools. Lo stesso nome “pozze oscure” rende l’idea dell’assoluta mancanza di trasparenza di queste piattaforme alternative alle Borse valori ufficiali che permettono a chi è in posizione di forza sui mercati di acquistare e vendere titoli al di fuori degli sguardi degli altri partecipanti al mercato.

Un altro ambito in cui la trasparenza va drasticamente aumentata e servono regole vincolanti è quello dei derivati non regolamentati o over the counter, che rappresentano oggi ben oltre il 90 per cento del totale e sono probabilmente gli strumenti più usati per attività speculative e con i maggiori impatti sulle attività economiche e produttive. Tra questi, alcuni derivati consentono di speculare persino sul cibo e sulle materie prime, andando di fatto a scommettere sulla fame dei più poveri. Una pratica che negli ultimi anni ha fruttato profitti miliardari alle grandi banche d’affari ma ha causato disastri tanto per i piccoli produttori quanto per i consumatori. Proprio su questo punto è stato raggiunto uno dei risultati più interessanti: l’accordo prevede dei limiti (cosiddetti position limits) alla quantità di titoli che il singolo ente finanziario può negoziare, in modo da limitare la possibilità di manovrare e spesso manipolare il mercato di una determinata materia prima.

Anche sul high frequency trading la Direttiva sembra fissare un quadro normativo efficiente, così come sono stati fatti dei passi avanti sulla struttura del mercato e degli scambi per quanto riguarda azioni. Secondo le prime analisi, il risultato è più deludente per quanto riguarda i derivati over the counter, che potrebbero continuare a sfuggire a un controllo e a una regolamentazione efficienti. Analogamente, sul piano della protezione dei consumatori, si poteva fare molto di più per evitare comportamenti fraudolenti da parte degli intermediari finanziari e conseguenti rischi per gli investitori meno esperti.

Degli alti e bassi, quindi, nella nuova Direttiva europea, in attesa di capire quali modifiche e integrazioni verranno apportate dalla Commissione europea e dall’Esma (European Securities and Markets Authority, l’ente creato per la supervisione europea sui mercati finanziari), a cui passa ora la palla. Il risultato finale dovrà poi essere recepito dai 28 Paesi membri dell’Ue nelle rispettive legislazioni nazionali. Questo ultimo passaggio è molto delicato, considerata la possibilità per i singoli Stati di sfruttare margini di interpretazione per “ammorbidire” la Direttiva in modo da attrarre gli operatori finanziari e i loro capitali sul proprio territorio. Già in sede di discussione, la Gran Bretagna in particolare ha provato a bloccare alcune delle decisioni più stringenti. Per questo è necessario che la versione definitiva della Direttiva sia il più chiara possibile, e riesca a limitare le possibilità di interpretazione normativa nei 28 Paesi dell’Ue.

Molto rimane ancora da fare, quindi, sia per assicurarsi che nei diversi passaggi le lobby finanziarie non si inseriscano per “diluire” o indebolire i passi in avanti che sembrano emergere da questo primo accordo, sia al contrario per rafforzare i diversi punti su cui la Direttiva appare ancora debole.

Rimane il fatto che, a sei anni dallo scoppio della crisi, l’Ue sembra finalmente dare un segnale forte di volere controllare, e non unicamente compiacere, i mercati finanziari. I limiti alla speculazione sul cibo sono forse il risultato più evidente delle pressioni delle reti e organizzazioni della società civile, e mostrano come campagne di pressione e di informazione possono influenzare positivamente i decisori europei e bilanciare lo strapotere delle lobby finanziarie. Da domani occorrerà non solo non abbassare la guardia ma rafforzare ulteriormente tali pressioni, per giungere una volta per tutte alla chiusura del casinò finanziario che ci ha trascinato nella crisi. Per oggi, guardiamo il bicchiere mezzo pieno e salutiamo, finalmente, un passo dell’Europa nella giusta direzione.

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