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Europa-Italia: quando il gioco si fa duro

Le borse crollano, Bruxelles cerca rimedi, l’Italia si trova con un “governo tecnico sopranazionale” e un programma ultraliberista che nessuno ha discusso. Dov’è finita la democrazia?

Iniziamo da due (piccole) buone notizie. Una viene da Bruxelles: Olli Rehn, Commissario europeo all’economia, si è convinto che emettere eurobonds – titoli europei garantiti dal bilancio dell’Unione – sia una buona idea. Li vuole usare per stabilizzare il debito dei paesi fragili, mentre andrebbero destinati all’economia reale, a finanziare la riconversione dell’Europa a un’economia sostenibile; è comunque un passo avanti, resta da convincere la cancelliera tedesca Angela Merkel. L’altra notizia viene da Roma: il Pd di Bersani si dichiara contrario a inserire nella Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio. È una norma che azzererebbe le possibilità di politiche economiche proprio quando sono indispensabili, nel mezzo di crisi e depressione; un’imposizione tutta ideologica, venuta da Berlino e subito sostenuta, in un delirio quasi unanime sui media, da un arco che da destra arriva a Montezemolo e Veltroni.

In Europa c’è qualche apertura a contromisure che cambino alcune regole del gioco – aspettiamo ancora la tassa sulle transazioni finanziarie – e ieri gli acquisti della Bce di titoli di stato italiani e spagnoli hanno fatto scendere molto i tassi che dobbiamo pagare.

In Italia, invece, il gioco si fa duro. Il vertice del Pd prova a smarcarsi da un pressing che potrebbe stritolarlo, quello del “governo tecnico (sopranazionale) che c’è già”, annunciato dall’ex Commissario europeo Mario Monti sul Corriere della Sera. Il suo programma – ultraliberista – è stato scritto da Trichet e Draghi, l’attuale e il prossimo presidente della Banca centrale europea: liberalizzazioni, svendita delle proprietà e delle imprese pubbliche, meno protezioni sul mercato del lavoro e licenziamenti facili per tutti. È questo “passaggio di sovranità” il prezzo che si chiede all’Italia di pagare per “tranquillizzare i mercati” – e risparmiare (forse) 50 miliardi di euro in tre anni di costi aggiuntivi per gli interessi sul debito dovuti agli alti spread rispetto ai tassi pagati dalla Germania.

Sotto la pressione dell’Europa, il governo Berlusconi (quello che crede di esserci ancora) prepara tagli senza precedenti a spesa pubblica e pensioni per arrivare al pareggio di bilancio nel 2013. Le “parti sociali” – industriali, banchieri, sindacati – chiedono discontinuità politica, ma presentano un piano che per metà ricalca quello di Trichet e Draghi. Tutti dimenticano che in questi decenni le liberalizzazioni non hanno portato a crescita e occupazione, ma solo a disuguaglianze e precarietà. Tutti dimenticano che appena due mesi fa gli italiani hanno scelto in quattro referendum di rifiutare la privatizzazione dell’acqua, il nucleare e la giustizia “fai da te”; ora si parla di liquidare come saldi estivi beni e servizi pubblici. Dalla crisi l’Europa e l’Italia possono uscire in un altro modo, ridimensionando la finanza, rilanciando produzioni sostenibili, redistribuendo la ricchezza. L’opposizione in parlamento, il sindacato, i movimenti possono definire quest’agenda diversa, disegnare un futuro comune, dare questi contenuti allo scontro delle prossime elezioni.

In gioco ormai c’è molto di più di qualche taglio al bilancio. Governi annunciati a mezzo stampa, programmi in lettere riservate, Costituzione da cambiare subito, risultati di referendum ignorati. Sembra un golpe di agosto contro la democrazia. Quella – fragile – italiana, ma anche quella – possibile – europea. La discussione sulla “rotta d’Europa” aperta da Rossana Rossanda sul manifesto e sbilanciamoci.info è più urgente che mai.

Quest’articolo è stato pubblicato come editoriale su il manifesto del 9 agosto 2011