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È ora di mettere in bilancio nuove idee

Bilanci aperti/ I progressi dell’Italia fotografati dall’Open Budget Survey 2017 sono apprezzabili, ma abbiamo bisogno di trovare e sperimentare nuove idee, nuove strade. A partire dall’esempio di altri paesi.

Il commento proposto dalla campagna Sbilanciamoci! ai risultati conseguiti dall’Italia nell’Open Budget Survey 2017 rappresenta una riflessione densa e puntuale sulle tre principali macro-aree (trasparenza, supervisione e controllo, e partecipazione) in cui gli indicatori usati in 115 paesi del mondo additano progressi e carenze delle istituzioni italiane in materia di budget.
Il testo fotografa bene come la riflessione sulle questioni di bilancio non possa essere letta che come un “ecosistema” che include le relazioni transcalari tra i differenti livelli amministrativi nei quali si organizza il nostro paese, così come le differenze, le risonanze e le complentarietà tra l’azione autonoma dei cittadini e delle loro organizzazioni (nel controllo dell’operato istituzionale e nella proposta di scenari di sviluppo e misure specifiche per modellarli), e le politiche istituzionali in materia di produzione, divulgazione e apertura dei dati, nonché di incentivo alla partecipazione civica nella produzione di politiche e progetti di interesse comune.

Quattro linee di rinnovamento

Questa visione “ecosistemica” rende difficile separare troppo i giudizi legati alla dimensione della trasparenza da quelli legati alla supervisione e al controllo, o alla partecipazione. Infatti, tutte e tre le macroaree dell’Open Budget Survey necessitano – per poter stimolare l’una il miglioramento e la crescita dell’altra – che la produzione dei dati sul bilancio sia capace di rinnovarsi contestualmente in quattro direzioni:

  1. L’aumento della comprensibilità dei documenti di bilancio, in una direzione che favorisca non tanto la mera “semplificazione” dei contenuti, ma la possibilità di esporli secondo una molteplicità di livelli di lettura e approfondimento, adeguati alle competenze tecniche e culturali di diverse tipologie di cittadini con formazione culturale, età ed interessi differenti.
  2. L’allineamento della produzione di documenti trasparenti per i differenti livelli istituzionali dello Stato, in modo da poter meglio leggere la complementarietà tra le politiche sussidiarie di circoscrizioni, comuni, organizzazioni intercomunali, province, regioni, governo centrale. E anche – forse – una sintesi che aiuti a comprendere alcuni campi dove le scelte europee risultano determinanti nella costruzione dei nostri bilanci italiani.
  3. La maggior attenzione alla creazione di documenti sintetici non solo nelle fasi di previsione finanziaria, ma anche nelle fasi di rendicontazione a posteriori. Del resto – come ha ben documentato già nel 2013 Matthew Andrews in The Limits of Institutional Reform in Development – in non pochi paesi i dati riferiti ai bilanci consolidati delle istituzioni politiche esprimono deficit di trasparenza enormemente superiori a quelli dei dati previsionali, dal momento che i primi includono la possibilità di identificare prassi di malversazione o incapacità gestionale, mentre i secondi – al massimo – informano sulle inadeguatezze o sulle incapacità programmatorie dei nostri governanti e dei loro apparati tecnico-burocratici.
  4. L’apertura di spazi di consultazione civica ampliata e di vera e propria progettazione partecipata che possano coadiuvare i diversi livelli di governo nell’approvazione e nel monitoraggio a posteriori dei bilanci (o quantomeno di alcune loro parti), e di spazi – tipo focus group, panels di cittadini, giurie civiche – che aiutino le pubbliche amministrazioni nella strutturazione informativa e anche nella scelta di restituzioni grafiche che meglio possano rendere comprensibili e attrattivi i dati economico-finanziari pubblicati annualmente.

Gli ostacoli alla trasparenza e alla partecipazione

In tale ottica, bisogna sottoscrivere l’enfasi posta dalla campagna Sbilanciamoci! nell’osservare la gravità dell’abitudine alla ritardata (o mancata) pubblicazione online delle Relazioni sul Conto Consolidato di Cassa delle diverse Amministrazioni Pubbliche e delle Relazioni sul Rendiconto Generale dello Stato della Corte dei Conti, e dell’assenza di sintesi online più efficaci e comprensibili – da divulgare in tempi rapidi – sulle stime dei costi economico-finanziari di decreti e proposte di legge in corso di discussione.

Se i cittadini sentono di poter dare un contributo di idee al lavoro dei loro rappresentanti solo quando hanno informazioni indispensabili a sentirsi un minimo sicuri dell’appropriatezza di quanto propongono, va da sé l’importanza dei linguaggi in tali tipi di pubblicazioni, ma non va dimenticata la centralità del “tempismo” nella produzione di ogni supporto che aiuti cittadini e organizzazioni sociali e professionali a sentire che il loro sforzo propositivo e di critica è ancora “utile” nel quadro delle procedure decisionali.

Negli ultimi anni va certo apprezzata la crescita in trasparenza del nostro paese, tuttavia il tempo di produzione di molti dei materiali conoscitivi sui nostri bilanci è ancora proditoriamente usato come un “gatekeeper”. Ossia, i rallentamenti nella produzione di sintesi comprensibili e nella divulgazione di resoconti analitici “dovuti”, sono utilizzati per chiudere ai cittadini le porte di una più significativa partecipazione.

Siamo – spesso – ai limiti di quello che si potrebbe chiamare Openwashing, ossia una trasparenza e un’apertura dei dati che formalmente esistono, ma che non compiono tutti i loro doveri (come quelli legati alla tempistica delle pubblicazioni) e in tal modo diventano una sorta di “copertura” che giustifica l’impossibilità di una maggiore partecipazione dei cittadini e delle cittadine alla costruzione delle scelte di pubblico interesse.

Il tempo ha una dimensione soggettivo-percettiva, che si lega strettamente alla dimensione oggettiva del suo trascorrere inesorabile: se non troviamo – in tempi utili – tutte le informazioni che ci servono a fare proposte o controproposte significative e adeguate, abbiamo la netta impressione di essere presi in giro e – anche quando consultati – sentiamo che è troppo tardi per incidere in una macchina di produzione di decisioni che (per le scadenze interne che si dà annualmente) è già troppo avanzata nelle sue meccaniche concatenazioni di decisioni da parte di organismi diversi, perché le nostre idee abbiano una minima chance di essere incisive e di provocare modifiche nei documenti economico-finanziari.

D’altro canto, se la produzione di conoscenza è fondamentale per dare una reale significatività a momenti partecipativi e di dialogo sociale tra amministrazioni e cittadini, questi ultimi sono però fondamentali per retroagire su una maggiore adeguatezza dei tempi di produzione delle informazioni che supporti una intensificazione della democrazia delle decisioni. Gli ecosistemi funzionano così: la modifica di un fattore influisce sugli altri, determinando l’apertura di circoli virtuosi (o viziosi).

La forza dell’esempio

Per capirlo, ci basterebbe guardare ad altri paesi, dove la graduale apertura di spazi partecipativi – che agiscono in maniera frattale a scale amministrative diverse – hanno rettificato gradualmente le tempistiche e le modalità di produzione delle informazioni sui bilanci.

È il caso del Portogallo, che da vari anni ha previsto (in vari settori della spesa) dei percorsi-pilota di Bilancio Partecipativo, riservando delle fette della spesa pubblica a decisioni prese insieme ai cittadini sulla base di un percorso di proposta e decisione condivisa di natura “ibrida”, che mescola spazi online e offline di dibattito pubblico. Il percorso è nato prima a scala municipale (giungendo a coprire quasi il 40% dei comuni portoghesi e a molte circoscrizioni inframunicipali) e dal 2017 si è espanso anche ad alcuni ministeri nazionali, per decisione coesa del governo e del parlamento.

La creazione di tali spazi (che include due percorsi di alto valore pedagogico dedicati ai giovani: sugli investimenti nelle scuole e per le politiche giovanili e dello sport) non solo permette di incanalare nei bilanci dello Stato idee che vengono da cittadini e cittadine, ma sta anche gradualmente trasformando modi, tempi e persino i supporti divulgativi della produzione dei dati aperti in materia economico-finanziaria.

Ad esempio, dal 2016 il Primo Ministro realizza una serie di videomessaggi sulle proposte di bilancio nella fase di negoziazione sulle proposte da inserire nella annualità successiva, con un’attenzione ammirevole alla comprensibilità del linguaggio usato.

Non è l’unico caso al mondo: già da vari anni, il sindaco di Dakar realizza video simili per dialogare anche con gli emigrati del suo paese, avendo tra gli obiettivi anche quello di discutere (attraverso alcune chat online) di come reindirizzare verso la spesa pubblica locale una parte delle “rimesse” che gli emigrati inviano al paese d’origine.

Quest’ultimo esempio ci richiama un altro aspetto importante che emerge tra le linee del commento di Sbilanciamoci! all’Open Budget Survey 2017, ossia l’area grigia in tema di partecipazione riguardo alla discussione e al monitoraggio delle “entrate”.

Di certo, se la costruzione dei nostri bilanci prevedesse un grado di partecipazione civica maggiore (e più sostanziale dei formalismi ritualistici delle attuali audizioni parlamentari o di governo) e se strumenti quali i “panels di cittadini” o i “gruppi di monitoraggio” – utilizzati in alcuni paesi nordici per accompagnare la costruzione dele politiche pubbliche sia locali che nazionali – fossero maggiormente usati anche in Italia, probabilmente anche il lato del prelievo fiscale ne gioverebbe. E soprattutto le politiche contro l’evasione potrebbero avvantaggiarsi di maggiore creatività ed efficacia, come succede in altri paesi.

Il coraggio di innovare

Sintetizzando, per concludere, la nostra auto-soddisfazione per i progressi compiuti dall’Italia negli ultimi anni – che l’Open Budget Survey 2017 ben fotografa – è meritata, ma non può bastare, e non deve essere un impedimento alla crescita futura.

Di certo, siamo su una buona strada, e la recente approvazione del Regolamento sui Dibattiti Pubblici (previsto dall’articolo 22 del Decreto 50 del 2016, e firmato dal Presidente del Consiglio solo nel marzo del 2018) aggiunge un tassello importante alle istituzioni in materia di partecipazione civica, potendo influire molto sulla trasparenza e il controllo degli appalti e anche – nel medio termine – sulla programmazione delle grandi opere.

Abbiamo però ancora bisogno di trovare nuove idee, e guardare negli specchi deformanti di altri paesi – cogliendo qua e là idee creative da altri ormai perfezionate e divenute routine politico-amministrative – è di grande utilità.

Il modello di rappresentazione del bilancio statale proposto negli Stati Uniti anni fa dalle infografiche Death & Taxes. A Visual Guide To Where Your Federal Tax Dollars Go può essere un buon esempio per sapere da dove cominciare a ripensare i modi di portare le informazioni sui bilanci al pubblico in maniera comprensibile e attrattiva.

Mentre il sistema informatico brasiliano istruito dal Ministero della Trasparenza e intitolato Painel Municipios (dove confluiscono in forma comparabile e semplificata i dati di bilancio di tutti gli enti locali) ci aiuta a pensare a come strutturare un sistema integrato dove sia possibile capire cosa accade alla spesa pubblica nei diversi livelli dello Stato.

Ma anche il nostro territorio nazionale – dove ormai abbondano i Bilanci Partecipativi di scala municipale (anche in grandi città come Milano, Torino, Bologna o Pavia) – può essere una miniera per imparare a ripensare insieme la trasparenza e la partecipazione.

Anche ripescando interessanti idee sperimentate a livello locale nel decennio precedente, come i concorsi nelle scuole elementari organizzati dal Comune di Pomigliano d’Arco per stabilire come spiegare, rappresentare e pubblicare il bilancio municipale (legando questo tema a quello dell’alfabetizzazione finanziaria e in tema di bilancio); o il percorso teatrale A spasso nel tempo con le signore tasse promosso dall’Agenzia delle Entrate dell’Emilia Romagna; o i focus group fatti dal Comune di Arezzo per testare con i cittadini – prima della pubblicazione – la qualità e la attrattività delle infografiche sui dati di bilancio nell’ambito del suo processo comunale di Bilancio Partecipativo.

Credo fermamente che, se prendiamo in mano queste idee – illuminandole con una volontà politica di aprire maggiormente il bilancio ai cittadini –, non solo l’Italia potrà scalare rapidamente le posizioni dell’Open Budget Survey dei prossimi anni, ma troverà un appoggio solido per la crescita di efficienza ed efficacia della gestione della spesa pubblica, e una maggiore capacità di risposta alle inquietudini e alle speranze dei suoi cittadini.

* Membro dell’Autorità per la Garanzia e la Promozione della Partecipazione della Regione Toscana, Ricercatore del Centro di Studi Sociali dell’Università di Coimbra