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Napolitano, le larghe intese e la “buona politica” che servirebbe

Rossana Rossanda ha avuto ragione. La corsa al Quirinale è stata segnata da un’improvvisazione che – con la caduta di Prodi – porta al disfacimento del PD, e dagli sgambetti di D’Alema alla rielezione di Napolitano. La candidatura di Rodotà sarebbe stata l’antidoto a queste sabbie mobili, la strada per ricostruire una “buona politica”

Nel suo commento di venerdì su www.sbilanciamoci.info Rossana Rossanda – che si riferiva alla caduta della candidatura di Marini – ha azzeccato almeno tre giudizi che valgono anche oggi, sabato, dopo la fine candidatura di Prodi: a) l’improvvisazione dei vertici delle forze politiche, in particolare del PD, per il quale ora si può parlare di qualcosa di ben più grave: pochezza, sciatteria o giù di lì; b) lo sgradimento di una parte consistente del PD – lei diceva – verso Prodi e si può dire in senso lato verso un governo del cambiamento; c) l’abile corsa nascosta di D’Alema (che dopo aver azzoppato Marini ha sgambettato Prodi) verso le larghe intese. A proposito di confusione e di improvvisazione, il PD è passato in modo schizofrenico in poche ore da una soluzione che prefigurava le “larghe intese” (Marini) ad un’altra che le escludeva (Prodi): grande è il disordine mentale e politico in quel partito.

La candidatura di Prodi – e la temporanea convergenza dei voti della sinistra – verso l’ex premier si basavano proprio sulla giusta idea che l’elezione di Prodi avrebbe sbarrato la strada al governissimo e a qualunque idea di “larghe intese” e avrebbe potuto ricostruire un terreno di dialogo con i Cinque Stelle sull’idea di un governo del cambiamento. Una scelta che avrebbe dolorosamente e temporaneamente sacrificato – al fine di sbarrare le porte al governissimo – la candidatura di Rodotà, a quel momento priva di chance, ma la migliore in campo, la più giusta, la più coerente con l’idea di cambiamento e con tutto quello per cui movimenti, associazioni e campagne si sono battuti in questi anni.

Purtroppo la direzione che il PD – insieme al PDL, la Lega e Scelta Civica ha preso – è stata un’altra: quella del Napolitano bis e delle “larghe intese”. È una scelta che va nella direzione opposta al cambiamento. Dopo Monti ci sarà una fotocopia di Monti. Le politiche economiche non cambieranno. Questa scelta mette fine alla speranza di un governo del cambiamento che il terremoto elettorale del24 febbraio scorso ci ha consegnato. Durante questi giorni il PD non ha mai risposto alla domanda: perché Rodotà non va bene? perché non si è mai pronunciato esplicitamente al riguardo? lo può spiegare all’opinione pubblica che gli chiede ragioni di questa sua ostilità? Per questa candidatura è valsa la pena in questi giorni mobilitarsi dentro e fuori il palazzo: è indispensabile ora ricostruire un patto con la società civile, il sindacato, i movimenti che, con le loro mobilitazioni, sono al centro di questa richiesta di cambiamento. Sarebbe un passo verso il ritorno a una “buona politica”. Senza cadere nelle trappole delle manovre politiciste, che sono le sabbie mobili della politica. Che va invece salvata dai tatticismi e dalle sirene del “realismo politico” che abbiamo conosciuto così bene in questi anni. E che ci hanno portato così spesso alla sconfitta.