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Le donne non hanno sempre Regione

Lo stato del benessere femminile nelle regioni italiane. A pochi giorni dal voto per il rinnovo dei consigli regionali, una lettura degli indicatori del Quars permette di stilare una classifica basata su alcune variabili-chiave: partecipazione alla vita politica, lavoro, servizi

Di uguaglianza e pari opportunità si parla troppo spesso prescindendo dai dati di fatto. E gli obiettivi di maggiore autonomia e libertà delle donne restano sulla carta, lontani dalla concreta attuazione. Un indicatore immediato di quanto la questione venga costantemente sottovalutata è la mancanza di dati rilevanti per l’analisi, in particolare regionali (il divario nella retribuzione media tra uomo e donna, ma anche la differenza nelle modalità contrattuali che caratterizzano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro). Preso atto di ciò, una delle sette variabili che compongono il QUARS è proprio quella delle Pari Opportunità: la piena realizzazione del principio delle pari opportunità fra uomini e donne è infatti secondo Sbilanciamoci! un requisito inalienabile per il benessere di qualità di ogni territorio.

Il confronto sul conseguimento concreto delle pari opportunità tra le regioni italiane è stato declinato a partire da quattro dimensioni, afferenti alla partecipazione politica ed economica e al sostegno delle istituzioni all’emancipazione economica e sociale. La partecipazione delle donne all’attività politica è misurata attraverso la quota di donne presenti nei consigli regionali, mentre la partecipazione alla vita economica è valutata dalla differenza tra il tasso di attività femminile e quello maschile. Dal punto di vista del sostegno alle pari opportunità e all’autodeterminazione della donna da parte dello Stato sono prese in considerazione la disponibilità di asili nido comunali – un servizio assolutamente necessario a garantire il percorso professionale delle donne – e la diffusione di consultori familiari sul territorio nazionale.

Scorrendo gli indicatori che compongono la classifica finale emerge come, dal punto di vista della partecipazione alla vita politica, il dato sulle donne presenti nei Consigli regionali veda la Toscana in testa con il miglior risultato, con oltre un quarto dei consiglieri donne. Molto più in basso il dato di Marche e Trentino-Alto Adige, con oltre il 17% del totale; più in generale possiamo affermare che le regioni del Centro-Nord ottengono risultati migliori rispetto a quelle del Mezzogiorno, collocandosi sopra il 10%, ad eccezione di Liguria e Friuli (7,5% e 5,1% rispettivamente). Fanalino di coda la Puglia, con solo 2,9% di donne presenti nel Consiglio regionale. La partecipazione al mercato del lavoro può essere intesa come una proxy del livello di partecipazione alla vita economica del paese: la differenza fra il tasso di attività maschile e femminile a livello regionale mostra un’elevata variabilità, collocandosi su livelli che oscillano dal 15,1% della Valle d’Aosta al 34,4% della Puglia. Dai dati emerge netta la divisione fra il Nord e il Mezzogiorno del Paese, con divari molto elevati nelle regioni meridionali e attenuati nel Centro Nord: le regioni più virtuose sono Valle d’Aosta, Emilia-Romagna, Umbria e Piemonte, dove le differenze in termini percentuali non superano il 15,5% mentre le performance peggiori le troviamo in Puglia, Sicilia e Campania, con percentuali sopra il 30%.

Nel nostro Paese esiste un forte attrito tra la decisione di lavorare e le responsabilità familiari, problema aggravato dal fatto che le donne in Italia possono difficilmente contare sulle strutture pubbliche per affrontare questo conflitto. Infatti, analizzando i dati relativi ai posti in asilo nido emerge come la Toscana, al primo posto con 30 posti per 100 bambini in età 0-2 anni, sia la regione più vicina a tagliare il traguardo dell’obiettivo previsto nella Strategia di Lisbona, che individua una copertura di 33 posti per 100 bambini in età 0-2 entro il 2010. Seguono l’Emilia-Romagna a quota 27 posti, la Valle d’Aosta con 25,5, Umbria e Piemonte rispettivamente con 21,8 e 20,2 posti. Escluse queste 5 regioni, le rimanenti si collocano tutte al di sotto dei 20 posti per 100 bambini, con un divario Nord-Sud anche stavolta impressionante. Le regioni in coda sono infatti tutte del Mezzogiorno, con Calabria, Molise e Puglia sotto i 5 posti, e soprattutto la Campania, tristemente in coda con solo 2 posti in asilo nido per 100 bambini.

Infine, un altro servizio fondamentale a sostegno delle donne e della loro autodeterminazione è il servizio di consultorio familiare offerto della ASL o da singole organizzazioni, nato nel 1975. Da quando sono stati formalmente istituiti i consultori hanno avuto una diffusione sul territorio nazionale a macchia di leopardo: in alcune regioni sono diventati servizi territoriali diffusi, in altre non hanno mai raggiunto quel rapporto di una struttura ogni 20 mila abitanti prevista dalla Legge 34 del 1996. Guardando i dati infatti ci si accorge che solo 6 regioni, Valle d’Aosta, Abruzzo, Basilicata, Liguria, Emilia-Romagna e Piemonte, hanno raggiunto il numero desiderato mentre nelle restanti regioni il numero di consultori è ancora troppo basso. Questo è particolarmente vero per le regioni in coda alla classifica, come la Lombardia, il Molise e il Trentino-Alto Adige, ferme a quota 0,5, e il Friuli, con 0,4 consultori ogni 20.000 abitanti.

Tutti questi elementi concorrono a comporre la classifica finale delle Pari opportunità riportata di seguito.

Regione

PARI OPPORTUNITA’

Valle d’Aosta

1.614

Toscana

1.300

Emilia-Romagna

0.720

Marche

0.632

Umbria

0.532

Piemonte

0.522

Trentino-Alto Adige

0.256

Lombardia

0.253

Liguria

0.167

Veneto

0.026

Lazio

-0.010

Friuli-Venezia Giulia

-0.131

Abruzzo

-0.165

Sardegna

-0.313

Basilicata

-0.441

Molise

-0.733

Calabria

-0.892

Sicilia

-0.991

Campania

-1.159

Puglia

-1.187

Complessivamente la classifica descrive una situazione ancora una volta abbastanza caratterizzata territorialmente: buoni i risultati – sempre se raffrontati con quelli delle altre regioni – delle regioni centrali, superiori alla media al Nord e del tutto insufficienti al Sud. In testa alla classifica si colloca la Valle d’Aosta, che si segnala per il dato elevatissimo sui consultori, seguita dalla Toscana. Molto staccate dalla vetta della classifica Emilia-Romagna, Marche, Umbria e Piemonte, che ottengono buone performance in tutti gli indicatori. Seguono con risultati sopra la media Trentino-Alto Adige, Lombardia, Liguria e Veneto: in particolare quest’ultimo è di poco sopra la media seguito dal Lazio, che al contrario è leggermente al di sotto della media. Seguono Friuli-Venezia Giulia, Abruzzo, Sardegna e Basilicata con risultati mediocri in tutti gli indicatori considerati. Il gruppo di coda vede Molise, Calabria e Sicilia precedere nettamente le due maglie nere che chiudono la classifica 2010: Campania e Puglia.

Come si vede, c’è ancora molto da fare – soldi da investire, servizi da creare, politiche da realizzare – per realizzare un’effettiva eguaglianza tra i sessi, portare l’Italia al livello di altri paesi europei, promuovere una situazione di effettive pari opportunità che permettano lo sviluppo dei diritti di cittadinanza per tutti e tutte.

Per scaricare il rapporto completo: Note Rapide Numero I, Marzo 2010 www.sbilanciamoci.org