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La terra e la crisi, il clima dell’economia indiana

Più del crash mondiale colpisce la siccità. Le previsioni congiunturali sono buone, ma lo sviluppo resta legato al grande peso dell’agricoltura. E ai monsoni

“…la battaglia per la terra sta (in India) al cuore del dibattito sullo sviluppo…”

(Arundhati Roy)

“…l’India rimane un posto terrificante se si è poveri…” (The Guardian, 5 aprile 2006)

“…la siccità di questa estate…ha messo in rilievo il fatto ostinato che molte persone non sono per nulla toccate dal progresso del paese…” (J. Yardley)

Lo sviluppo indiano recente

Le vicende degli ultimi mesi hanno tra l’altro mostrato, per quanto riguarda l’India, da una parte che il paese sembra poter uscire dalla crisi quasi altrettanto bene che la Cina, dall’altra, peraltro, che, anche in relazione alla siccità dell’ultima stagione estiva, i problemi dell’agricoltura – settore che occupa ancora oggi circa il 60% della forza lavoro del paese, pur producendo soltanto il 18% del pil-, sono ben lungi dall’essere risolti.

Va, in generale, sottolineato che le difficoltà dell’economia e della finanza degli ultimi due anni hanno accentuato un certo complesso di inferiorità sia dell’India che dello stesso Giappone, i due rivali asiatici della Cina, nei confronti di quest’ultimo paese, che esce dalla crisi con un prestigio ed una credibilità largamente accresciuti nell’ambito internazionale. In particolare, l’immagine dell’India ha sofferto in qualche modo nel confronto recente con il grande vicino. Nel frattempo, sembrano farsi più flebili le voci – soprattutto indiane – che qualificavano quello XXI come il secolo indiano. Ancora peggiore, negli ultimi due anni, il risultato in termini di prestigio per il Giappone; ora, peraltro, il drammatico accentuarsi dei problemi interni del paese ha portato, per la prima volta dopo tanti decenni, ad un rovesciamento politico di prima grandezza.

In ogni caso, Cina ed India stanno mostrando una dinamica economica molto sostenuta. Lo sviluppo del pil cinese, pur con i tanti problemi economici e sociali del paese, sembra viaggiare in questo momento al ritmo dell’8-9% annuo ed anche più – la Goldman Sachs arriva a prevedere una crescita per quest’anno del 9,4% per la Cina e di circa il 6% per l’India. Così, per citare soltanto un dato, le ultime notizie sugli introiti fiscali di quest’ultimo paese appaiono incoraggianti e sembrano nel secondo trimestre del 2009 in aumento di circa il 13% (www.hindustan times.com, 2009 ) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, anche se gli stessi dati mostrano ancora delle aree specifiche di difficoltà.

I risultati ottenuti di recente dal paese dipendono probabilmente soprattutto dal fatto che la sua economia appare relativamente chiusa nei confronti del resto del mondo ed, in ogni caso, relativamente poco dipendente dalle esportazioni e dagli investimenti esteri; tali risultati sono inoltre collegabili al piano di intervento deciso dal governo, peraltro molto più modesto di quello cinese, in relazione anche alla carenza di risorse finanziarie.

Per quanto riguarda il 2010, le valutazioni per entrambi i paesi sono ancora più favorevoli. La Goldman Sachs, che peraltro, tra le diverse fonti disponibili, è quella che produce le stime più ottimistiche, prevede per tale anno una crescita del pil del 7,8% per l’India e dell’11,9% per la Cina.

Tutto questo non toglie che il sub-continente indiano si trovi di fronte ad alcuni problemi enormi da risolvere: l’inefficienza, l’elefantiasi, la corruzione della burocrazia statale, la carenza sostanziale di infrastrutture fisiche, il bassissimo livello degli investimenti nella scuola e nella sanità, cose che danneggiano enormemente le fasce sociali più povere del paese, più in generale le grandissime differenziazioni sociali – il forte sviluppo economico dell’ultimo periodo ha ridotto un poco la povertà, ma una parte molto consistente della popolazione resta ai margini dei livelli di sussistenza (Prasad, 2009) -, le carenze del settore finanziario, in particolare per quanto riguarda il sostegno alle piccole e medie imprese, l’alto livello di disoccupazione dei giovani, le discriminazioni contro interi strati sociali e contro le minorità etniche, infine le grandi debolezze del settore agricolo, che si incrociano peraltro con tutte le altre questioni sopra elencate. Alcuni di questi problemi alimentano da tempo, tra l’altro, un importante movimento di guerriglia, che, dal punto di vista territoriale, tocca circa un terzo del paese.

Il settore agricolo e i monsoni

E vediamo più da vicino il tema dell’agricoltura. Intanto, in questi mesi estivi il paese sta sperimentando i peggiori monsoni registrabili da molti anni a questa parte. Da giugno alla metà di agosto, le piogge sono state del 25-30% inferiori alla media (le stime variano secondo le diverse fonti). In uno stato come l’Uttar Pradesh, che comprende 185 milioni di abitanti, esse sono state persino inferiori del 60% al normale. Circa la metà dei distretti del paese sono stati colpiti in misura importante dal fenomeno e ne sono stati toccati specialmente gli stati più poveri e più popolosi. Le piogge dei monsoni tra i mesi di giugno e di settembre forniscono normalmente circa l’80% delle precipitazioni del paese per tutto l’anno e peraltro il 60% circa delle aree coltivate dell’India non sono irrigate ed hanno quindi assoluta necessità delle stesse piogge.

Bisogna sottolineare, a questo proposito, che i cattivi monsoni non danneggiano solo il settore agricolo; essi riducono anche la produzione di elettricità – le piogge estive sono alla base di una parte importante della produzione complessiva di elettricità del paese- e ovviamente anche i consumi delle masse contadine. Inoltre, si riduce l’approvvigionamento d’acqua nelle grandi città, mentre i consumi idrici vi sono in forte tendenziale aumento.

Per altro verso, va ricordato che l’impatto sull’economia del paese di piogge ridotte si va riducendo con il tempo; il peso del settore agricolo sul pil era ancora del 30% nel 1990 ed è ora, come già accennato, del 17-18%. I tempi delle carestie sono passati da molti anni; tra l’altro, il governo ha in magazzino degli stock enormi di prodotti alimentari. Si può alla fine stimare che, per l’anno in corso, l’economia, per effetto delle carenze indotte dai monsoni, si ridurrà intorno ad 1 punto percentuale o forse anche qualcosa di più.

Ma al di là delle cifre globali, che possono sembrare non spaventose a livello economico generale, restano le enormi sofferenze dei contadini. Per molti di essi, già caricati di debiti,una situazione di questo tipo può significare la rovina. E infatti stanno aumentando fortemente le vendite di bestiame, mentre i prezzi sono ad un livello molto basso nel settore ed anche il numero dei suicidi nelle campagne sta crescendo – ricordiamo, a questo proposito, che, secondo le cifre ufficiali, dal 2001 ad oggi sono novantamila i contadini che si sono suicidati, mentre stime più realistiche danno conto di una cifra pari anche al doppio. I media ci informano inoltre che in questo momento i contadini, per sopravvivere, stanno anche vendendo le loro mogli e le loro figlie agli usurai (Fontanella-Khan, Sood, 2009). Nel frattempo, nello stato dell’Uttar Pradesh, dove soprattutto avvengono tali vendite, è stata di recente eletta governatrice una intoccabile, che sta riempiendo la capitale dello stesso stato con un grande numero di statue, comprese diverse in onore della sua stessa persona; il conto relativo è di circa 425 milioni di dollari, in un’area tra le più povere del globo.

L’incidente delle scarse piogge estive, di cui pure la stampa internazionale si è quest’estate abbastanza occupata, va peraltro inserito nella situazione complessiva dell’agricoltura del paese. Anche se tale settore ha registrato negli ultimi decenni dei rilevanti miglioramenti, siamo ancora ad un livello largamente insoddisfacente. Ancora oggi, ad esempio, la produttività per ettaro delle terre del paese è pari a stento alla metà di quella delle campagne cinesi, per non fare poi riferimento alla situazione giapponese.

Va anche considerato che il peso del riscaldamento climatico ha probabilmente molto a che fare con le crescenti irregolarità dei monsoni estivi. Inoltre, il rapido scioglimento dei ghiacciai himalaiani in atto, anch’esso collegabile ai mutamenti del clima, minaccia di privare i grandi fiumi indiani della loro fonte principale di approvvigionamento estiva, mentre esso comporta contemporaneamente più violente piene nella stagione umida, ciò che provoca grandi problemi in particolare nell’area orientale del paese, facile alle inondazioni (The Economist, 2009).

Non che l’acqua non abbondi in India, al contrario che in Cina, ma essa è soprattutto presente in aree lontane da dove sarebbe più utile e sino ad oggi i lavori per conservare tali fonti, nonché per incanalarle verso le aree più interessate e per poi usarle in modo efficiente, sono largamente insufficienti. Così, nel paese sono immagazzinati circa 200 litri d’acqua per persona, contro i 1000 della Cina. Inoltre, i corrotti ed inefficienti dipartimenti per l’irrigazione a livello dei singoli stati si curano poco della manutenzione degli impianti di immagazzinamento e di canalizzazione (The Economist, 2009), ciò che succede peraltro anche nella grandi città, dove l’acqua che si perde per la cattiva gestione raggiunge livelli che fanno certamente impallidire quelli dell’Italia Meridionale. La pessima programmazione, causata anche dalle forti rivalità tra i vari stati dell’Unione per impadronirsi delle risorse idriche, contribuisce al disordine (The Economist, 2009). Crescono poi nelle campagne le proteste per il fatto che parti consistenti delle risorse idriche sono incamminate lontano dalle campagne e verso i centri industriali, fenomeno che potrebbe crescere nei prossimi anni, vista l’espansione di quest’ultimo settore; da notare che sono anche in atto da tempo, come peraltro in Cina, più in generale, forti proteste contro l’espropriazione di grandi estensioni di terre agricole sempre per scopi industriali. D’altro canto, spesso i contadini poveri non possono, per mancanza di risorse finanziarie, cercare di sfruttare le falde freatiche, che sono monopolio degli strati più ricchi della popolazione delle campagne; ne soffrono tra l’altro le minoranze etniche, che contribuiscono così ad alimentare i ranghi della guerriglia maoista. Il sovrasfruttamento selvaggio di tali risorse e il loro conseguente e rapido esaurimento tendenziale è una delle tante gravi minacce che pesano sul futuro del paese.

In particolare, in un suo scritto, Arhundaty Roy (Roy, 2009) ricorda come diverse imprese multinazionali stiano saccheggiando foreste, montagne e risorse idriche, distruggendo, in particolare nell’India Orientale, interi ecosistemi a favore dello sfruttamento minerario del territorio e trasformando in molti casi della terra fertile in deserto.

Le debolezze dell’intervento pubblico

Il partito del Congresso ha probabilmente vinto le recenti elezioni, almeno per una parte rilevante, per l’interesse accresciuto che sembra aver manifestato negli ultimi anni verso il mondo contadino, almeno dopo le elezioni del 2004. La vittoria va anche attribuita alle promesse, fatte in periodo elettorale, di affrontare i problemi delle grandi disuguaglianze che affliggono la società e in particolare il settore agricolo del paese, ma il governo, almeno sino ad oggi, non ha ancora annunciato nessun importante programma a questo proposito (Yardley, 2009), mentre è in ogni caso sotto la pressione delle lobbies industriali e finanziarie, nazionali ed internazionali, perché compia una svolta in senso liberista nella sua politica economica.

La spesa per il settore agricolo è comunque più che raddoppiata dal 2005 ad oggi. Tra l’altro, molti contadini possono partecipare ad un programma che garantisce loro 100 giornate di lavoro all’anno per circa 2 dollari al giorno. Prima delle elezioni il governo ha varato un piano che cancella la restituzione di certi prestiti concessi in passato al settore agricolo, mentre esso sostiene anche i prezzi di alcuni prodotti agricoli. Adesso si stanno concedendo sussidi per l’acquisto di sementi e di carburante per aiutare i contadini a superare il problema della siccità, mentre si avviano dei nuovi provvedimenti per ridurre il peso delle rate e degli interessi sui prestiti agricoli. Peraltro, va considerato che una gran parte degli stanziamenti saranno monopolizzati dagli strati più ricchi del mondo contadino, mentre comunque, anche in questo caso, la risposta del governo ai problemi del settore comporta più in generale espedienti di breve termine, mentre gli investimenti per il settore languono (Yardley, 2009).

Appare necessaria una nuova politica per l’acqua, che migliori in generale il sistema dell’irrigazione, che renda gli agricoltori meno soggetti alle variazioni nei livelli dei monsoni, compreso un uso più efficace dell’acqua presente nel terreno, con il varo di piani di sicurezza agricola a livello di villaggio, con l’ incoraggiamento alla conservazione e al riciclo nelle città (Thottam, 2009), con l’aumento comunque della produzione. A livello più generale, è richiesto un migliore accesso a finanziamenti a basso tasso di interesse, che permetta ai contadini di liberasi del peso degli usurai, mentre un sistema scolastico molto migliore permetterebbe un più facile accesso di una parte degli attuali lavoratori ag icoli agli impieghi nell’industria e nei servizi, mentre aiuterebbe comunque all’aumento della produttività del settore agricolo. Sullo sfondo, poi, naturalmente, la questione della proprietà della terra e della configurazione dell’impresa contadina.

Testi citati nell’articolo

– Fontanella-Khan J., Sood V., Indian farmers sell wives to survive, www.ft.com, 8 settembre 2009

– Hindustan Times, Economic upswing: advance tax mop up move into positive growth, www.hindustantimes.com, 22 settembre 2009

– Prasad E., Singh’s big chance to unchain the Indian economy, www.ft.com, 9 agosto 2009

– Roy Arundhati, Into the inferno, The New Statesman, 16 luglio 2009

The Economist, When the rain fall, 10 settembre 2009

– Thottam J., In drought, India’s economy is feeling the heat, www.time.com, 23 agosto 2009

– Yardley J., Drought puts focus on a side of India left out of progress, The New York Times, 5 settembre 2009