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La politica tedesca letta attraverso due libri

Gli sviluppi recenti del gigante europeo nel volume del politologi britannico Hans Kundnani e in quello del deputato Ue Jean Luc Mélenchon

Negli ultimi tempi abbiamo segnalato, in diversi articoli pubblicati in questo stesso sito, una decina di studi sulla Germania. E le librerie di tutta Europa si vanno riempiendo di ulteriori volumi sul soggetto, tanto la necessità di capire il paese sembra farsi pressante, in relazione al progressivo aumento del suo peso nei destini del nostro continente. Ora i recenti avvenimenti greci acuiscono ancora il desiderio di capire.

Oggi vogliamo aggiungere all’elenco due studi, uno francese e, per la prima volta, anche un testo scritto da uno studioso inglese. L’autore del primo libro è un ben noto politico della sinistra radicale transalpina, Jean Luc Mélenchon (Mélenchon, 2015); egli è stato ministro dal 2000 al 2002, è oggi deputato europeo, cofondatore nel 2008 del partito della sinistra; alle presidenziali del 2012 ha preso l’11% dei voti. Nel secondo caso si tratta invece di un politologo britannico, Hans Kundnani (Kundnani, 2014). Egli è direttore della ricerca presso il Consiglio Europeo per le Relazioni Estere, collabora con l’Università di Birmingham, scrive infine su alcuni noti giornali britannici. Il suo libro sta per essere pubblicato anche da noi.

Due caratteristiche che accumunano i volumi è da una parte il loro approccio fortemente politico, dall’altra le conclusioni sostanzialmente molto negative con cui essi guardano agli sviluppi recenti del paese. Ma molte cose li distinguono.

Il testo di Kundnani

Il libro di Kundnami, che sta suscitando un ampio dibattito nel mondo anglosassone e nella stessa Germania, è in sostanza una rassegna di 150 anni di politica economica tedesca, con l’attenzione comunque focalizzata sulle attuali strategie del paese.

Molti studiosi pensano che la Germania, dopo la catastrofe del 1945, abbia decisamente imboccato una strada totalmente nuova, abbracciando decisamente la democrazia e i valori occidentali, sposando in pieno il progetto europeo e contemporaneamente perseguendo una politica di stretta alleanza con gli Stati Uniti. Per tali studiosi “la questione tedesca”, lo spettro che si era aggirato per l’Europa così a lungo dopo la creazione dell’impero tedesco nel 1871 e la guerra franco-prussiana, è ormai stata seppellita.

Ma H. Kundnani non è dello stesso parere. Dopo la guerra, afferma l’autore, all’inizio la questione tedesca sembrava accantonata per la debolezza stessa del paese. La sua politica era vincolata dal suo passato nazista e dalla guerra fredda, fattori che spingevano al rispetto di tre principi di base, “mai di nuovo”, “mai da soli”, “la politica prima della forza”.

Ma la riunificazione e l’affermazione della piena sovranità del paese dopo la fine della guerra fredda hanno presto portato, per l’autore, a una riconsiderazione dell’identità nazionale e ad una rivisitazione delle opzioni politiche.

Così Kundnani pensa che almeno dal 1999 in poi, a partire dalla costituzione del governo rosso-verde di Schroeder, il paese abbia di nuovo cominciato a sviluppare delle preoccupanti tendenze nazionalistiche. D’altro canto, egli valuta anche che la Germania sta anche progressivamente allentando i legami con i paesi occidentali e con gli Stati Uniti.

Essa ha sempre più presente in particolare quanto le sue fortune economiche dipendano da una parte dell’importazione del gas russo, dall’altra dalle sue esportazioni verso la Cina, paese in particolare verso cui le attenzioni si fanno sempre più rilevanti.

I suoi atteggiamenti egoistici in materia economica hanno portato ad un nuovo e duro atteggiamento verso l’Europa, atteggiamento che minaccia ora di distruggere l’eurozona e l’intero progetto europeo. I politici tedeschi, ossessionati dalla questione del potere e della prosperità economica, sono in effetti concentrati in una visione di breve termine e non si curano del disastro verso il quale stanno portando il loro paese, l’Europa e forse l’intero occidente. In altri termini, la Germania è oggi un paese sempre più potente, ma nello stesso tempo esso appare incapace di guidare l’Europa; così, dopo la crisi, la situazione che emerge nel nostro continente non è tanto quella di un’egemonia tedesca, ma di caos. Il paese è diventato di nuovo come in passato una potente fonte di instabilità.

Sin qui l’analisi di Kundnani.

Le questioni trattate dall’autore appaiono certamente cruciali e a chi scrive le tesi esposte appaiono nella sostanza condivisibili. In particolare, l’ipotesi che le attuali politiche tedesche portino al possibile disastro nel nostro continente appare largamente accettabile e testimoniata da tanti recenti episodi. Il problema cruciale ci sembra quello che per portare avanti il progetto di un’unione politica ed economica europea ci vorrebbe una forte capacità di spinta e di guida che oggi solo la Germania potrebbe fornire; ma tale paese non è oggi in grado di farlo e quando peraltro riesce ad imporre le sue tesi esse vanno nella direzione sbagliata.

Su di un altro fronte, ci sembra invece non pienamente condivisibile la critica al fatto che il paese voglia sviluppare quanto più possibile gli affari, oltre che con la Russia, con la Cina. In realtà ci stanno provando quasi tutti, solo che la Germania ci riesce meglio per una certa complementarietà esistente tra le due economie. Che da questo possa poi nascere un allentamento dei legami con l’occidente è ipotesi forse plausibile, ma certamente soggetta a qualche dubbio; comunque il problema se lo deve essere posto anche Obama se, come sembra, egli ha portato avanti la questione Ucraina anche per tentare di bloccare a una nuova politica verso l’est del paese teutonico.

Un libro comunque da leggere.

Il libro di Mélenchon

Quanto il testo di Kundnani appare rigoroso e approfondito, tanto quello di Mélenchon è invece sostanzialmente sommario ed affrettato, quasi fosse stato preparato per qualche occasionale scadenza politica interna. In sintesi il volumetto si configura come un pamphlet violentemente antitedesco; esso appare condizionato dal vecchio demone antigermanico così presente ancora oggi in Francia. Le sue tesi sono anche presentate con un tono molto aspro.

Le riassumiamo sommariamente.

L’autore afferma nell’introduzione di essersi deciso a scrivere il libro dopo aver visto come la nomenclatura tedesca abbia trattato il nuovo governo greco e il popolo a nome del quale esso parla.

Mélenchon mette subito l’accento sull’affermazione che oltre Reno è nato un mostro, sottolineando l’idea che la Germania è diventata un pericolo per i suoi vicini e i suoi partner. Essa manifesta, per il politico transalpino, una crescente arroganza ed essa cerca di imporre il suo modello soltanto a suo profitto. Una nuove e crudele stagione della storia comincia in Europa, continente tedesco. L’imperialismo tedesco è di ritorno. L’abito europeo è la sua nuova uniforme, l’ordoliberismo il suo credo.

Il testo affronta molti temi specifici, da quelli economici a quelli sociali, a quelli politici. Così, sul fronte sociale il libro ricorda come il 20% dei lavoratori tedeschi siano oggi poveri, come 7 milioni di persone guadagnino meno di 450 euro al mese, come ormai ci siano ormai nel paese due volte di più contratti precari che in Francia. Al netto dell’inflazione un salariato medio guadagnava nel 2013 meno che nel 1999.

L’autore sottolinea anche come il made in Germany oggi sia in gran parte dovuto ai lavoratori polacchi, cechi, ungheresi, slovacchi, con i loro paesi praticamente annessi alla Germania in un ruolo ampiamente subordinato. I piromani tedeschi hanno in effetti per Mélenchon guidato a loro vantaggio la spinta militare dell’occidente verso est, a partire dal Kossovo e dalla Serbia, per trarne poi ampi vantaggi economici.

Oggi quindi per l’autore cambiare il nostro modello sociale e cambiare la Germania sono diventati una sola cosa. Nella conclusione del testo Mélenchon, dopo aver distinto nettamente, con toni quasi razzisti, i due mondi che si collocano rispettivamente di qua e di la del Reno, incita la Francia a rompere l’accerchiamento dell’ordoliberismo, ad avviare un confronto franco e duro con la Germania e a cercare di avviare un progetto alternativo, mettendosi alla testa di una rifondazione dell’Europa dei popoli.

Alla fine, il libro di Melenchon ci sembra troppo affrettato, caratterizzato da un tono molto dogmatico, basato su dati molto parziali, fatto più di slogan che di analisi approfondite, anche se alcune della sue conclusioni, ma certamente non tutte, appaiono condivisibili.

 

Testi citati nell’articolo

-Kundnani H., The paradox of german power, Hurst, Londra, 2015

-Mélenchon J.-L., Le hareng de Bismark (le poison allemand), Plon, Parigi, 2015