Top menu

L’agricoltura dimenticata

Le politiche anticrisi dimenticano un settore fondamentale dell’economia, l’agricoltura, che produce ricchezza effettiva, beni e servizi e rimane il primo gestore del capitale naturale

I riferimenti martellanti che ci rimbalzano addosso in questi ultimi mesi sullo sviluppo, sulla crescita e su come misurarla con il Pil e con gli strumenti attuali della contabilità nazionale sono inutili. Su questo rimando all’abbondante letteratura esistente, conosciuta anche dal governo dei tecnici[1], o, per chi volesse un rapido compendio, all’articolo “Measuring What Matters: GDP, Ecosystems and the Environment” (aprile 2010) di John Talberth, che in particolare ci ricorda come “il Prodotto interno lordo non ci dica nulla sulla sostenibilità” né “sull’intrinseca insostenibilità di un’attività economica finanziata dal debito”.

Quel che è più rilevante mettere in evidenza è il fatto che, malgrado le misure – come i dati sul valore aggiunto appena resi pubblici dall’Istat – siano scarsamente capaci di catturare l’insieme del valore dell’agricoltura italiana (chi misura il valore dei servizi ecosistemici? E quelli del sequestro del carbonio?[2]) – l’agricoltura italiana continua a resistere ed esistere. L’agricoltura è dunque il primo vero e potente gestore del capitale naturale e potrebbe essere il più importante fornitore di servizi ecosistemici, oltre che di cibo e materie prime. Quella italiana non fa eccezione, quel che fa eccezione è la drammatica marginalità in cui il mercato delle politiche confina, sia a livello nazionale che regionale o locale, questo settore dell’economia.

Vediamo i dati

ATTIVITA’ ECONOMICHE

Valori ai prezzi correnti (milioni €)

2007

2008

2009

2010

2011

Coltivazioni erbacee

13.962

14.450

12.695

12.858

14.535

Coltivazioni legnose

10.399

11.123

9.908

10.137

9.900

Coltivazioni foraggere

1.663

1.809

1.656

1.737

1.800

Allevamenti zootecnici

14.890

15.853

14.955

14.804

16.294

Attività di supporto all’agricoltura (c)

5.246

5.481

5.671

5.853

6.145

ATTIVITA’ ECONOMICHE

Valori ai prezzi correnti (milioni €)

2007

2008

2009

2010

2011

Produzione della branca agricoltura

46.684

49.316

45.451

45.922

49.222

Consumi intermedi (compreso sifim)

20.108

22.257

21.069

21.515

23.309

Valore aggiunto per branca dell’agricoltura

26.576

27.059

24.382

24.407

25.913

La ripresa del valore della produzione nel 2011 (molti i fattori che vi hanno contribuito) viene erosa dal valore dei consumi intermedi che continuano a crescere in modo più che proporzionale rispetto al valore della produzione. Negli ultimi anni (2008-2011) gli occupati si mantengono intorno alle 900.000 unità, a cui va aggiunto una quota di lavoro non intercettata dalle statistiche o dalle indagini. A cui vanno sommati gli apporti della famiglia del conduttore/conduttrice.

L’agricoltura dunque ancora fornisce una massa di lavoro che non solo è tra le più importanti ma che, caratteristica assolutamente non marginale, produce ricchezza effettiva, beni e servizi. Già allo stato attuale, se una parte di questa ricchezza non fosse sequestrata dalla concentrazione del potere di mercato nelle mani di pochi attori della commercializzazione e della trasformazione, essa potrebbe tornare nei campi sotto forma di investimenti per la conversione sostenibile e lo sviluppo rurale. È bene ricordare che, in agricoltura, i primi e più importanti investitori sono proprio i “coltivatori diretti” che anno dopo anno, ad ogni annata agraria, “investono” il loro lavoro, quello di una parte della loro famiglia, una parte dei loro risparmi oltre che – dove possibile – una parte della stessa produzione aziendale. Disgraziatamente una parte di queste risorse finisce per pagare quei consumi intermedi il cui costo sfugge completamente al controllo dell’agricoltore.

Eppure, sia quando il governo è espressione dei partiti sia quando è espressione dei tecnici, la questione rimane la stessa: cosa ne è dell’agricoltura? Quale sviluppo perseguire? Forse i tecnici sono facilitati nella comprensione del settore, se non hanno davanti agli occhi la benda nera del liberismo e del modello agricolo minerario. Oggi comunque il dubbio che neanche il professor Monti riesca a vedere il settore agricolo di questo paese come una risorsa e non come un problema è più forte di quando questo governo di salvezza nazionale ha preso la responsabilità di guidare il paese oltre la catastrofe, senza mai dire una parola sulle responsabilità della catastrofe. [1] Vedi il progetto per misurare il benessere equo e sostenibile di CNEL e Istat e la pagina http://www.beyond-gdp.eu/news.html

[2]Proper valuation of natural capital and ecosystem services is essential to a rigorous metric.” John Talberth; aprile , 2010