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I sussidi all’industria, un po’ di chiarezza

La torta dei soldi pubblici per l’industria è più piccola di come la si disegna. Le sorprese mostrate dai dati del Rapporto Giavazzi sui sussidi alle imprese in Italia

Nel campo delle politiche per le imprese, e in modo particolare per quella componente realizzata attraverso i cosiddetti aiuti di stato (contributi erogati alle imprese), non può essere accettabile una divisione radicale tra due sole categorie di soggetti: chi vuole eliminare le misure di sostegno alle imprese (cioè quasi tutti, a giudicare dagli editoriali sui principali quotidiani e dalle posizioni politiche espresse) e gli altri, classificati genericamente come i difensori dello status quo. Rivendico il diritto di sostenere che le politiche passate, con alcune lodevoli eccezioni, siano state sbagliate, pensate male, frutto di un modo di legiferare da cambiare radicalmente e gestite peggio. Allo stesso tempo vorrei anche affermare che in molti casi gli errori dovrebbero rappresentare un formidabile argomento per cambiare gli interventi e porre attenzione a una gestione competente e accurata.

Partiamo dai numeri. I colossali valori spesso citati negli articoli giornalistici – che riferiscono di stime oscillanti tra i 30 e i 50 miliardi di euro –, oltre ad alimentare i consueti ragionamenti sull’industria italiana sussidiata e sugli incentivi alle imprese meridionali, lascerebbero intravedere uno spazio enorme per ridurre in misura molto consistente la spesa pubblica e recuperare risorse da destinare all’abbattimento della pressione fiscale; senonché, essi riguardano solo in misura marginale i reali aiuti alle attività produttive private e in particolare alla vastissima platea delle piccole e medie imprese che competono sui mercati internazionali.

Lo sforzo di ricognizione compiuto nell’ambito della spending review consente di fare chiarezza [1], pur riferendosi a una fonte, quella del bilancio dello stato, che non rappresenta adeguatamente i benefici che raggiungono le imprese, ma solo una stima degli oneri a carico del bilancio stesso.

I trasferimenti alle imprese rilevati sono indicati nelle tabelle che seguono e sono divisi in due gruppi, quelli in conto corrente e quelli in conto capitale.

I trasferimenti alle imprese

trasferimenti correnti a imprese

(milioni di euro)

2009

2010

2011

trasferimenti a società di servizio pubblici

2475

3339

3771

Rai

2

143

25

Telecom

25

21

30

Ferrovia dello stato spa

1573

2113

2897

Poste

91

626

533

Poste agevolazione editoria

214

224

88

Enav

182

0

0

Gestione servizi navigazione lacuale

17

17

17

Società di servizi marittimi (Finmare)

357

181

181

Aziende di tras. in gest. diretta e in regime di concessione di competenza statale

0

0

0

Monopoli

14

14

0

trasferimenti ad altre imprese

1500

1522

1191

Crediti di imposta

33

81

32

Fondo settore marittimo

90

41

50

Contributi in conto interessi

203

188

175

Contributi alle imprese armatoriali per la riduzione di oneri finanziari

46

47

47

Fondo usura e antiracket

62

29

132

Scuole private, elementari e materne

460

398

258

Università e scuole non statali

93

89

78

Servizi ferroviari in concessione

93

93

93

Iged:mutui settore marittimo

0

0

0

Consob

18

1

0

Fondo finanziamento serv. Pubb. Viaggiatori e merci media e lunga percorrenza

18

0

0

Contributi emittenti locali

131

148

96

Altre imprese

253

407

230

Totale trasferimenti correnti

3975

4861

4962

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278

trasferimenti c/capitale a imprese

(milioni di euro)

2008

2009

2011

società di servizi pubblici

4865

2417

3940

Ferrovie dello Stato S.P.A.

4288

2047

3556

Poste

211

167

155

Finmare e servizi navigazione lacuale

3

3

5

contributi agli investimenti alle imprese

7334

9005

5854

Interventi Sistema autostrade (anas)

240

192

192

Industria navalmeccanica e armatoriale

195

173

153

Settore agricolo

143

86

97

Programma fremm (navi militari)

361

265

498

Fondo occupazione quota

52

58

40

Mutui settore trasporti

47

47

13

Sistemi ferroviari passanti

144

106

79

Fus (att. cinematografiche e circensi)

74

74

84

Salvaguardia Venezia

133

131

131

Agevolazioni imprese industriali

1665

1842

1903

di cui aeronautico

295

388

421

Fondo Competitività e Sviluppo

1705

456

607

Contributo trasporto merci

62

36

38

Fondo Agevolazioni Ricerca

207

321

Contributo tassi mutui agevolati

13

15

32

Rete nazionale interporti

28

39

36

Mose

59

11

1

Sicurezza stradale

20

20

20

Incentivi assicurativi (agricoltura)

191

234

157

Crediti di imposta investimenti/occupazione

347

549

318

Crediti di imposta

914

1098

414

Crediti di imposta rottamazione

61

1500

150

Reintegro anticipazioni Alitalia

0

300

0

Bonus occupazionale

0

271

50

Fondo finanza di impresa

0

390

270

Altri contributi alle imprese

673

793

294

Totale C/CAPITALE

12199

11424

9795

Totale senza trasporti e agricoltura, conto capitale e correnti

6420

8237

5060

Fonte: Analisi e Raccomandazioni sui Contributi Pubblici alle Imprese, Giavazzi ed altri Luglio 2012, Documento tratto da DEF 2012 (Tabelle V.6-18, V.6-29).

La tabella, cui curiosamente non è stato dato adeguato spazio dai commentatori, offre un quadro di grande interesse.

In primo luogo il totale: dal bilancio dello stato, i trasferimenti in conto corrente e quelli in conto capitale, globalmente, sono quantificati nel cd “Rapporto Giavazzi” in 15 miliardi (cifra molto lontana sia dai 50 che dai 30 miliardi spesso citati). Va anche detto – proprio perché è sempre utile mantenere un alto livello di “confusione informativa” – che lo stesso documento propone anche diversi valori tratti da aggregati del Conto consolidato di cassa della pubblica amministrazione, con valori che ritornano ai circa 36 miliardi ma per i quali mancano dettagli adeguati per comprenderne natura e destinatari; così pure vi sono stime su interventi quali quelli degli aiuti alla produzione di energia da fonti rinnovabili per i quali non si ha notizia di fonti e metodologie seguite. L’unica tabella comprensibile è, appunto, quella che riporta il livello di interventi, analitici, e che ammonta ai 15 miliardi di cui sopra.

In secondo luogo i beneficiari, laddove identificabili, mostrano con chiarezza che la gran parte delle risorse non è destinata al sistema produttivo privato. Se si detrae ciò che palesemente non ha nulla a che vedere con esso, il totale appare molto ridimensionato.

Per esempio, si devono detrarre le somme riferite alla Rai, alle Ferrovie dello Stato, all’Anas, alla realizzazione di Mose e interporti e a molte altre voci segnalate in grigio nella tabella (abbiamo escluso anche l’agricoltura, che rappresenta un’area a sé stante).

Il valore così ottenuto crolla a circa 5 miliardi di euro nel 2011, cifra che ancora contiene numerosi aggregati non direttamente riferibili ad aziende private (si pensi, solo per fare un esempio tra i moltissimi possibili, alle tante “Agenzie” pubbliche operanti). Va anche considerato che alcuni flussi, che pure abbiamo contabilizzato, sono annoverabili con difficoltà tra gli aiuti alle imprese (si pensi ai contributi legati a calamità naturali o a quelli che hanno come beneficiari gli occupati).

Pur riferendosi a un aggregato molto vasto e indistinto che include l’intera industria, i servizi, il turismo e il commercio; pur considerando i valori iscritti a bilancio (che, per esempio, considerano in molti casi le dotazioni per l’intervento e non ciò che realmente giunge a costituire un beneficio per le imprese) e pur valutando le spese a valore nominale, e non, come sarebbe corretto fare, in termini di valore attuale (Equivalente Sovvenzione [2]), si perviene a valori relativamente prossimi a quello da noi stimato per la sola industria in 2,7 miliardi di euro in ESL per il 2010 (www.met-economia.it) e simili anche alle somme indicate dalla Direzione generale Concorrenza della Ue. Va anche considerato che il quadro per il 2011 sarà sicuramente soggetto a una revisione al ribasso di questi valori in molti settori.

Per completare il quadro, va sottolineato che le numerose norme abrogate con la legge 134/2012 del 7 agosto (che includono in modo pressoché integrale il suggerimento del documento di Giavazzi citato nell’unica sua parte operativa) corrispondono a un valore di erogazioni pari a circa 700 milioni per il 2010 e a somme significativamente inferiori per il 2011.

Non vorrei che si pensasse ad un accanito confronto tra contabili in cui ciascuno cerca di affermare le proprie ragioni. Dietro ai numeri si nasconde un percorso interpretativo con profonde conseguenze di politica economica.

1) Se in passato l’industria italiana può aver avuto un forte supporto diretto (incentivi finanziari) e indiretto (svalutazioni competitive della lira) per operare sui mercati, il livello attuale di aiuti di stato all’industria è talmente ridotto in valore assoluto e in percentuale da rendere palesemente falsa l’idea di un’industria italiana sussidiata.

2) Persino per le regioni meridionali, nelle quali il taglio delle risorse è stato più vistoso che altrove e ove, nell’industria in senso stretto, si è giunti al di sotto del miliardo di euro l’anno di risorse erogate, la componente di sussidio è diventata trascurabile. L’idea di imprenditori industriali più attenti al contributo pubblico che alla ricerca di spazi di mercato appare datata e fuorviante.

3) Importi relativamente modesti non possono esimere dal rispettare alcune raccomandazioni generali quali quelle della massima trasparenza e della valutazione dei risultati, ma aggiungerei che gli interventi devono essere anche disegnati in modo adeguato agli obiettivi, dimensionati correttamente in relazione ai risultati attesi e gestiti attentamente.

4) Ritenere che dalle risorse attualmente erogate alle imprese private si possano ricavare somme tali da consentire efficaci e significative riduzioni del cuneo fiscale a livello nazionale (come proposte nel documento citato Giavazzi ed altri) non sembra coerente con i valori esposti. A fronte di un drastico taglio che escluda solo gli interventi per la Ricerca e quelli cofinanziati da Fondi Comunitari, a malapena si potrebbe giungere a reperire più di 2 miliardi di euro. Si ricorda che il governo Prodi nel 2007 ha introdotto una riduzione del cuneo fiscale per una cifra stimata in circa 8 miliardi di euro.

Al di là delle posizioni strettamente ideologiche, promosse quasi esclusivamente sul piano teorico, non praticabili e fondate su evidenze empiriche molto fragili, in nessun paese i governi possono rinunciare (e nei fatti non rinunciano) a influenzare o intervenire direttamente sul proprio sistema produttivo. Si può decidere se farlo in modo passivo, per esempio aspettando le varie situazioni di crisi e cercando di tamponare emergenze sociali prima ancora che economiche, o di costruire percorsi attivi in grado di sostenere le attività che sono alla base della competizione in qualsiasi settore produttivo.

L’aspetto essenziale, specialmente in fasi di crisi acuta e di stringenti vincoli sul bilancio dello Stato, è quello di ragionare su risorse e interventi reali (che, nel caso italiano, hanno la necessità di formidabili aggiustamenti e di buona gestione); paradossalmente le ipotesi di cancellazione radicale di ogni intervento pubblico, oltre ad essere riferite a entità finanziarie non così eccezionali, paiono più funzionali al mantenimento delle (disperanti) condizioni attuali della politica industriale che a un reale cambiamento.

[1] Analisi e Raccomandazioni sui Contributi Pubblici alle Imprese, Rapporto al Presidente del Consiglio e Ministro dell’Economia e delle finanze e al Ministro dello Sviluppo, delle infrastrutture e dei trasporti redatto su incarico del Consiglio dei ministri del 30 aprile 2012, F. Giavazzi, M. D’Alberti, A. Moliterni, A. Polo, F. Schivardi

[2] Si tratta di offrire delle valutazioni, finanziariamente equivalenti, che consentano di confrontare erogazioni in conto capitale con altre erogazioni che, per esempio, possono avvenite erogando mutui a tasso agevolato che, quindi, devono essere restituiti in rate appropriate.