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Con quelli di Wall Street, ma quelli giusti

La solidarietà della Fim-Cisl a “Occupy Wall Street”, il movimento di resistenza pacifica che sta dando vita alla “piazza Tahir della finanza”

L’Ufficio Internazionale della Fim-Cisl esprime solidarietà con il movimento ‘Occupy Wall Street’, i cui rappresentanti dal 17 settembre sono accampati a Zuccotti Park (ribattezzata Liberty Square), nel cuore del distretto finanziario di Manhattan.La loro protesta è esplosa sui social network contro l’alto tasso didisoccupazione e i pignoramenti delle case. ‘Occupy Wall Street’ si auto-definisce come un movimento di resistenza pacifica ispirato alla primavera araba e agli indignados spagnoli. Richiamandosi esplicitamente all’esperienza di piazza Tahrir i promotori, gruppi e individui di orientamento prevalentemente libertario, si sono si sono indirizzati da subito contro Wall Street, il luogo simbolo del dominio della finanza. Il luogo dove – come sostengono gli indignados americani – “sono scomparse le nostre pensioni, la nostra salute e si sono polverizzati i nostri risparmi”. La crisi, in realtà, non sta colpendo tutti allo stesso modo. Impoverisce i lavoratori e distruggel ’economia reale. Arricchisce i banchieri, i manager delle corporation e chi gioca in borsa.Il fatto che il movimento non sembri avere obiettivi precisi e che non presenti una leadership chiara è una scelta consapevole e ragionata. Come ha spiegato David Graeber, antropologo americano tra i primi organizzatori della protesta, “l’occupazione di New York ha trenta differenti gruppi di lavoro, che gestiscono qualsiasi cosa, dalla pulizia alle discussioni sui diritti dei lavoratori e sulle tasse. Stiamo cercando di organizzare le cose di modo che anche gente con interessi diversi possa unirsi al movimento”. L’obiettivo è sempre stato quello di mantenere la struttura organizzativa aperta,”creando spazi dove le persone possono incontrarsi e confrontarsi”.E, in effetti, se la protesta agli inizi era prevalentemente giovanile, ora insieme agli studenti, disoccupati e precari, marciano anche gli operai e impiegati organizzati nelle federazioni dei metalmeccanici (dagli steelworkers al sindacato dell’auto) e in quelle dei servizi (scuola, sanità e trasporti). Negli ultimi giorni il movimento ‘Occupy Wall Street’ si è esteso a macchia d’olio in altre importanti città americane: Boston, Chicago, Filadelfia, Los Angeles, Seattle,Washington ecc., guadagnando simpatie e il sostegno dei sindacati americani. Sin dal primo minuto l’Afl-Cio, la principale confederazione sindacale americana, ha appoggiato le proteste, mettendo a disposizione sul proprio sito uno spazio per donare fondi in solidarietà ai manifestanti in presidio permanente. Il suo presidente, Richard Trumka, in difesa degli indignados oggetto di violenze e arresti da parte della polizia, ha dichiarato: “Wall Street è fuori controllo e richiamare l’attenzione su questa situazione attraverso proteste pacifiche è legittimo; è una cosa che ho fatto io stesso, migliaia di volte e che continuerò a fare”. Dall’inizio della crisi finanziaria nel 2007 negli Stati Uniti si sono bruciati 7 milioni di posti di lavoro. Altri 2,9 milioni d’impieghi nell’industria manifatturiera sono stati persi negli ultimi dieci anni perché le imprese transnazionali sono state incentivate a delocalizzare la produzione per ottenere profitti da record. La disoccupazione fra gli afro americani è del 16,7%, fra gli ispanici del 11,3 e tra i giovani supera il 23%.In questa situazione è necessario trovare un equilibrio tra la scelta di “Occupy Wall Street” di tenersi lontana “dalla retorica delle rivendicazioni” e la necessità sindacale di darsi degli obiettivi tangibili e conseguire dei risultati.Noi come loro non possiamo più accettare che con i soldi dei contribuenti siano salvate le banche che hanno giocato d’azzardo e sia alimentata la speculazione finanziaria e si guadagni con gli hedge funds. Per poi tagliare con l’accetta le spese sociali, comprimere i salari e tentare di rimettere mano sulle nostre pensioni. Come se fossimo noi la causa dei debiti sovrani e non gli ingenti aiuti degli Stati al settore finanziario, insieme a sistemi fiscali iniqui che gravano sul lavoro e premiano i ricchi.Noi come loro vogliamo che le nostre vite non siano decise dalle agenzie di rating e dalle operazioni di borsa. Per questo si devono tassare le transazioni finanziarie. Sarebbero recuperate risorse destinabili all’occupazione e alla riconversione ecologica dell’economia. Si colpirebbero le attività di high frequency trading, limitando il gioco speculativo e la volatilità dei mercati. Noi come loro vogliamo spostare la pressione fiscale sulla ricchezza, tassando rendite e patrimoni. Ridurre le disuguaglianze e adottare politiche d’inclusione sociale, oltre che giusto, fa bene all’economia reale. Porre fine al potere dei mercati finanziari di dettare le politiche significa riconquistare la democrazia. Il 17 e 18 ottobre si terrà a Bruxelles la riunione del Consiglio Europeo chiamato a decidere anche sulla tassa alle transazioni finanziarie proposta dalla CE. Il 3 e 4 novembre a Cannes si riuniranno i leader del G20 che dovranno rispondere degli impegni assunti, di fronte alla crisi del 2008, di mettere sotto controllo il settore finanziario e di creare occupazione.Portiamo la voce dei lavoratori a Cannes, neutralizziamo in Italia i lobbisti di Piazza Affari!